GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – Il viaggio alla ricerca del connubio “Arte & Calcio” si dirige quest’oggi verso il Tavoliere delle Puglie. La nostra attenzione si è posata sull’intraprendenza di un giovane attore ventunenne che ha voluto portare in scena la vita di “Garrincha”. L’opera, scritta diretta e interpretata dal foggiano Umberto J. Contini, è un monologo dedicato alla storia di un uomo davvero singolare e di un calciatore divenuto leggendario nonostante alcune particolarità fisiche che non sembravano davvero agevolarlo nella pratica sportiva. Affetto da un leggero strabismo aveva una gamba più corta dell’altra di sei centimetri, la spina dorsale curva, un ginocchio sofferente perché colpito da valgismo e l’altro affetto da varismo. Queste difficoltà fisiche non gli hanno impedito di scrivere la Storia con la “S” maiuscola. Un uomo diventato calciatore e soprannominato l’alegria do Povo (la gioia del popolo), divenuto Campione del Mondo per ben due volte con il suo Brasile: nel 1958 in Svezia e nel 1962 in Cile.
Contini, il giovane artista da noi raggiunto per l’occasione, ci confessa che il calcio è abbastanza lontano dal suo stile di vita, e ci racconta come questo personaggio sia invece entrato dentro di lui… “Tutto nasce qualche mese fa”, ci dice l’artista, “quando il libraio con il quale collaboro mi ha sottoposto una “Graphic novel” dal titolo GARRINCHA – L`ANGELO DALLE GAMBE STORTE. Mi ha chiesto poi se me la sentivo di fare uno spettacolo su di lui. Credetemi, io non sapevo nemmeno chi fosse Garrincha. Ho effettuato allora delle ricerche, degli studi, per approfondire la sua vita. Mi sono documentato molto e la ricerca più proseguiva più diventava interessante. Non è una storia banale, ma riguarda un uomo che nasce in una zona povera del Brasile, a Pau Grande, colpito da poliomielite, che ha una gamba più corta dell’altra che si ritrova ad essere la più grande ala destra dell’epoca e forse di tutti i tempi. Una storia affascinante che narra di un “passerotto”, detto appunto “Garrincha”, nome con cui in Brasile si indica un piccolo uccello, che vola così in alto dove nessuno era arrivato prima. Una storia rovinata e distrutta dai vizi: alcool, fumo e donne. Vizi che lo riportano al punto di partenza, alla miseria e all’indigenza cui non era più abituato. La sua storia contiene comunque un messaggio di speranza: se Manoel Francisco dos Santos, meglio noto come Garrincha, con quelle difficoltà fisiche è arrivato sul tetto del mondo, chiunque può raggiungere qualsiasi traguardo.”
Umberto è molto coinvolto dalla storia che porta in scena; la sua voce e il suo tono sono incalzanti e piacevolmente coinvolgenti,” La rappresentazione si svolge nella stanza d’ospedale di Garrincha, dove fu ricoverato gli ultimi giorni della sua vita”, prosegue l’attore, “Giorni, quest’ultimi, vissuti ormai in condizioni assurde, praticamente ubriaco in “viaggio” da un bar all’altro, tanto da dover essere ricoverato. In questa stanza assistiamo ad una sorta di conferenza stampa immaginaria: l’ultima. Una rappresentazione interattiva, dove i presenti tra il pubblico “interpretano” i giornalisti che porgono domande. Un’intervista che avrebbe forse voluto fare davvero e che nella narrazione costituisce quel classico momento prima della morte in cui tutta la vita passa davanti agli occhi. Nel rispondere alle domande “Garrincha” si lascia andare ai ricordi, alla sua storia. Un viaggio che parte dall’infanzia e arriva sino al momento in cui diviene un calciatore. Attraversa le stagioni al Botafogo e celebra i successi sportivi. Poi arriva la parte triste della vita. Il suo rapporto con le tante donne e i tanti figli sparsi per il mondo. Il suo rapporto con Elza Soares terminato con la violenza. L’incidente d’auto dove perse la vita la suocera e i tanti eccessi di una vita sul filo del rasoio. L’arrivo infine della depressione e il tentato suicidio. I problemi con l’alcool e i dolori perenni… quei tremendi dolori alle gambe su un fisico ormai stanco. Durante tutta la rappresentazione una candela accesa in una gabbia per uccellini accompagna la narrazione. Una candela che rappresenta il protagonista, e che si spegne come si spegne la sua vita”.
Una storia importante da raccontare, dai risvolti molto duri. Una modalità, quella del monologo, di solito appannaggio di artisti “consumati”: molta curiosità quindi nella scelta artistica di questo giovane attore.
La rappresentazione, che “toccherà” altre piazze, andrà in scena al Lazy Cat di Foggia il prossimo 1° novembre. Allora affrettatevi a prenotare “che il posto quello è”.