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Aston Villa 1982: Villans in Paradise

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Il successo dell’Aston Villa nel 1982

Nel calcio le strade che portano al successo sono spesso imperscrutabili, sentieri apparentemente tracciati prendono, talora, deviazioni improvvise portando a soluzioni impreviste e imprevedibili.

Sono le grandi competizioni internazionali che il più delle volte si prestano a questo tipo di situazioni, anche perché strutturate con le gare a eliminazione diretta, perché nella gara cosiddetta “secca” tutto può succedere, e non è detto che sia sempre il più forte a vincere.

 

È la classica situazione di Davide contro Golia, per fare un richiamo “alto” che più volte abbiamo fatto su queste pagine.

La storia del calcio ne ha fornito, e ne fornirà ancora, di esempi inequivocabili.

Chi, ai mondiali del 1950, avrebbe mai pensato che la nazionale degli Stati Uniti, composta per lo più da dilettanti, avrebbe prevalso sull’Inghilterra? Quanti, nella medesima competizione, avrebbero scommesso sulla vittoria finale dell’Uruguay sul Brasile padrone di casa? E chi si aspettava la Danimarca sul tetto d’Europa nel 1992, quando già i giocatori erano in vacanza perché non qualificati e poi ripescati al posto della Jugoslavia? E che dire del Leicester campione dì Inghilterra, re degli “impronosticati”? O della nazionale italiana che, nel 1982, andò a vincere il suo quarto mondiale, dopo aver iniziato il torneo tra lo scetticismo generale, soprattutto interno?

Proprio il 1982 sarà l’anno in cui si svolgerà la storia che andiamo a raccontare, non meno sorprendente, nel suo esito finale, di quelle che abbiamo sopra citate.

Il torneo che finisce ora sotto la nostra lente è la Coppa dei Campioni, che in quegli anni viene costruendo quella fama e quel prestigio che l’ha portato ad essere, ai giorni nostri, il più importante del mondo con il nome di Champions League.

Una competizione totalmente differente nella sua strutturazione: le partecipanti erano solo trentadue in rappresentanza delle varie nazioni di un’Europa diversa da oggi, su cui svettava l’Unione Sovietica che, oltre alla Russia, riuniva sotto il suo potere tanti stati che poi sono ritornati autonomi dopo la perestrojka di Michail Gorbačëv e la caduta del muro di Berlino, così come la Jugoslavia formava un’altra sorta di agglomerato poi tragicamente sfaldatosi nel 1991.

Oltre a ciò, le squadre partecipanti erano solo quelle che avevano vinto il loro campionato nazionale, il che rendeva il torneo certo più esclusivo, ma anche un tantino più “facile”: se per l’Italia c’era la Juventus, come in quell’edizione del 1982, sicuro mancavano Inter o Milan; la Spagna era rappresentata dalla Real Sociedad, mancavano due classiche come Barcellona e Real Madrid.

La sola Inghilterra vantava due partecipanti: una era il Liverpool che aveva vinto l’edizione precedente della Coppa dei Campioni, l’altra era l’Aston Villa.

La massima competizione continentale per club, dopo il dominio spagnolo del Real delle prime edizioni e del calcio latino in genere, da quasi un decennio aveva visto imporsi il calcio atletico del Nord Europa, con vittorie in serie di squadre olandesi e tedesche, prima dello strapotere inglese  che a partire dal 1977 dominava, con tre vittorie dei Reds e due del Nottingham Forest di Brian Clough.

Con questa successione di vittorie, anche per l’edizione del 1982 i favori del pronostico erano per un’inglese, il Liverpool, appunto, con i tedeschi del Bayern Monaco e i belgi dell’Anderlecht favoriti a fare da guastafeste, ma nulla più, con i Reds reduci dalla vittoria contro il Real Madrid e destinati a fare il bis.

Come abbiamo scritto, sentieri tracciati verso la vittoria, che però presero curve imperscrutabili che cambiarono il finale.

L’Aston Villa non era uno dei club di punta della First Division di quegli anni, ma era tra i più antichi, nato nel 1874, e tra i fondatori della Football Association nel 1988, in ogni caso con un palmares di tutto rispetto, avendo vinto, prima di quella stagione, sei massimi campionati e sette FA Cup, anche se tutti titoli risalenti a massimo poco dopo la fine della Prima guerra mondiale, con il più recente, la Coppa d’Inghilterra, vinto nel 1957.

Una storia brillante all’inizio ma grigia in seguito, con qualche discesa anche negli inferi delle serie inferiori, e un vivacchiare abbastanza anonimo, fin quando nel 1974 approdò sulla panchina dei Claret and Blue Ron Saunders.

Ex attaccante di buona prolificità, soprattutto nel Portsmouth, Saunders riportò quasi subito la squadra di Birmingham in First Division e, dopo alcuni anni di assestamento nella massima serie inglese, durante i quali vinse due Coppe di Lega, ebbe il suo periodo d’oro che sarebbe durato un biennio, nella stagione 1980/1981 e la seguente.

Saunders aveva costruito una rosa composta da elementi esperti e da giovani dal futuro roseo, come il centrocampista Gordon Cowans, che avrebbe militato anche tre stagioni nel Bari; come Gary Shaw, attaccante molto promettente che però, anche a causa di un infortunio, non riuscì a mantenere le promesse negli anni a venire, tra l’altro unico nativo di Birmingham di quella squadra.

In quella stagione l’Aston Villa si trovò a lottare per il primato con Liverpool e Ipswich Town, poi solo con i secondi fino alla fine, riuscendo a superarli a quattro giornate dal termine e a vincere il titolo di campione d’Inghilterra dopo ben settantuno anni, riportandolo nelle Midlands Occidentali vent’anni dopo l’ultimo del Wolverhampton.

 

La stagione successiva, pur aprendosi con la vittoria dello Charity Shield, in campionato non mantenne il percorso brillante della precedente, mentre invece la stagione internazionale in Coppa dei Campioni, pur non vedendo i Villans tra i favoriti, iniziò con buoni risultati: ai sedicesimi gli islandesi del Valur si dimostrarono avversari più che morbidi, eliminati con un sette a zero complessivo, più arduo l’ostacolo degli ottavi, la Dinamo Berlino, superata solo grazie alla regola del gol fuori casa, avendo vinto gli inglesi a Berlino per due a uno e perso in casa uno a zero.

Nonostante questo buon viatico, il cammino incerto in campionato, con la squadra in difficoltà, portò Saunders, a sorpresa, a rassegnare le dimissioni nel febbraio del 1982, con la squadra affidata al suo assistente, Tony Barton.

Questi, di carattere più riflessivo e pacato rispetto a Saunders, ebbe il merito, essendone stato partecipe, di non rivoluzionare quanto fatto dal predecessore, ma di continuare sulla stessa via, fornendo nuove motivazioni ai suoi giocatori.

Con la nuova guida tecnica l’Aston Villa nei quarti trovò avversari gli ucraini, ma allora sovietici, della Dinamo Kiev, qui dopo il pareggio a reti inviolate a Kiev in casa venne una vittoria netta per due a zero, che significava semifinale.

Ormai la squadra era lanciata tra loro e la finale c’era da superare ancora solo l’Anderlecht, campione del Belgio, squadra allora vincente anche in Europa, contro cui bastò la rete di Tony Morley in Inghilterra, e la difesa del nulla di fatto in Belgio, per vedere i Claret and Blue raggiungere la finale.

Qui ad attenderli c’erano i tedeschi del Bayern Monaco, che già vantavano tre Coppe in bacheca e partivano con i favori del pronostico dopo aver condotto un percorso dominante, eliminando via via Östers, Benfica, Universitatea Craiova e il CSKA di Sofia in semifinale, squadra quest’ultima che aveva a sorpresa eliminato il Liverpool ai quarti.

La sera del 26 maggio 1982 fu lo “Stadion Feijenoord” di Rotterdam ad ospitare le due squadre per l’atto finale della competizione, ma le certezze sulla vittoria tedesca della vigilia iniziarono a sgretolarsi dopo il fischio d’inizio dell’arbitro francese Georges Konrath.

Dopo dieci minuti i fatti sembravano volgersi a favore della squadra allenata dall’ungherese Pal Csernai, perché Barton fu costretto a cambiare il portiere Jimmy Rimmer con la sua riserva, Nigel Spink.

È a quel punto che il destino decise di riscrivere la storia, ergendo proprio Spink a eroe per caso, contro cui si infransero tutti i tentativi di Wolfgang Dremmler, Klaus Augenthaler, Paul Breitner, Dieter Hoeness, Karl-Heinz Rummenigge, e nel secondo tempo eroe per una notte diventò il centravanti Peter Withe, che finalizzò un contropiede orchestrato da Morley.

Vani furono i tentativi di pareggio tedeschi, alla fine a trionfare un’altra volta, per il sesto anno consecutivo, fu una squadra inglese, anche se la meno quotata.

Poi, quella sorta di miracolo per i Villans non si sarebbe più ripetuto, ma la storia, indelebile, fu scritta quella sera, una vittoria che portò i “Villans in Paradise”.

 

26 maggio 1982 Rotterdam Stadion Feijenoord:            Aston Villa – Bayern Monaco          1 – 0

Aston Villa: Rimmer (9′ Spink); Swain, Evans, McNaught, Williams; Mortimer, Cowans, Bremner; Shaw, Withe, Morley. All.: Tony Barton

Bayern Monaco: Muller; Dremmler, Weiner, Augenthaler, Horsmann; Mathy (51’ Guettler), Kraus (77′ Niedermeyer), Breitner, Durnberger; D. Honess, Rummenigge. All.: Pal Csernai

Arbitro: Georges Konrath (Fra)

Ammoniti: Williams (AV)

Marcatori: 67’ Withe (AV)

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

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