[…] “Ero titolare del Brescia in Serie B quando, grazie a un amico, visitai per la prima volta un centro per disabili. Fu un’emozione fortissima, un pugno nello stomaco”.
[…] “Ero uno di quelli che si definiscono ‘professionisti esemplari’. Eppure, spesso, non bastava”
[…] Nel 1983 Liedholm lo chiamò alla Roma come vice Tancredi, l’anno dopo la vittoria dello scudetto. “Furono due stagioni splendide. La società mi è sempre venuta incontro: portavo i bambini disabili a Trigoria per la rieducazione, usavo la palestra della squadra dopo l’allenamento. Il calciatore Malgioglio aveva il piacere di giocare con Falcao e Cerezo, l’uomo Astutillo aveva l’onore di aiutare i bambini”.
[…] Roma però portò con sé anche l’amarezza più grande. Dopo due anni in giallorosso passò alla Lazio, in Serie B. Fu una stagione tormentata. La squadra stentava, la società era assente, i tifosi non lo lasciavano in pace criticando il suo impegno fuori dal campo. “Mi sono sempre chiesto il perché di tanta ostilità; non ho mai preteso applausi, solo un po’ di rispetto”. In una partita persa in casa, fischi a ogni suo intervento, fino a quando comparve uno striscione in curva: “Tornatene dai tuoi mostri”. Anche un uomo mite ha un punto di rottura: alla fine della partita si sfilò la maglia, la calpestò, ci sputò sopra e la tirò ai tifosi. “Mi fa male tornare su questo episodio. Non rifarei quel gesto. Solo io e la mia famiglia sappiamo la sofferenza provata. Quello che mi ferì di più, non furono le cattiverie nei miei confronti ma la mancanza di rispetto, di solidarietà, di umanità per quei bambini sfortunati che non c’entravano niente. Il giorno dopo a Piacenza rividi i genitori di quei bimbi. Incrociando i loro occhi, non sapevo cosa dire. Molti di quei bambini non sono riusciti a diventare adulti”.
[…] Aveva deciso di smettere quando arrivò la telefonata di Trapattoni che scelse l’uomo prima del calciatore:
“Firmai in bianco e restai all’Inter cinque anni, vincendo uno scudetto in nerazzurro. Con gli ingaggi rinnovai la palestra con attrezzature all’avanguardia. Venivano da tutta Italia per fare rieducazione nel mio centro. Quando andò via il Trap dall’Inter, si chiuse anche il mio percorso”.
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(LAGAZZETTADELLOSPORT.IT di Andrea Di Caro)