La tessera di Attilio Carbone
Da quell’autentico “pozzo di San Patrizio” di carte e documenti datati riferiti alla storia di Genova ma non solo, impilati ed accatastati in ogni angolo anche recondito dello studio dell’architetto Vittorio Laura, sito nella storica torre “dei Morchi”, sotto la guida dell’appassionato ricercatore emergono via via autentici tesori cartacei che scacciano l’immagine, per prima affacciatasi, dell’accumulatore seriale per lasciare in breve posto all’ ammirazione e allo stupore per la pazienza e la tenacia impiegate nella ricerca, conservazione e catalogazione di tanto “conoscere”.
Tra i cimeli di natura sportiva, forse meno appariscente di altri ma assolutamente rimarchevole, ecco la tessera di riconoscimento n. 101 “valevole pel 1911”, rilasciata dalla Gazzetta dello Sport al Signor Carbone Attilio, “corrispondente da Genova”, a firma dell’allora Direttore Eugenio Camillo Costamagna.
Attilio Carbone (che di Vittorio Laura era prozio), è stato pioniere del giornalismo sportivo genovese, come recita l’epitaffio sulla sua stele cimiteriale. Fu tra i fondatori dell’Associazione della Stampa Sportiva Italiana (A.S.S.I.), del Sindacato genovese dei Corrispondenti e poi del Sindacato Interprovinciale dei Giornalisti Liguri. Dopo aver iniziato giovanissimo la carriera presso “Il Caffaro”, passò poi al “Corriere Mercantile”. Per oltre trentacinque anni fu corrispondente della Gazzetta dello Sport, dove trattava vari argomenti con capacità tecnica essendo non solo appassionato ma anche profondo conoscitore di vari sport e praticante di alcuni, come il ciclismo.
Ricollegandomi non solo idealmente a quanto apparso poche settimane or sono su “Gli eroi del calcio” a firma Massimo Prati, “Ancora sul Boca Juniors: la storia lascia sempre traccia di sé”, tra gli scritti apparsi sull’opuscolo fatto stampare dal Genova 1893 . Circolo del calcio (denominazione assunta dalla Società rossoblù per imposizione politica) in occasione del quarantennale della fondazione, ve n’è uno anche di Attilio Carbone che in tal senso appare significativo.
“Mi raccontava un amico d’aver incontrato, diversi anni or sono, in una di quelle tante strade di Buenos Ayres che vanno a sboccare nelle immense calate dal mastodontico porto, un genovese: caso non certo difficile, in quanto è notorio come in tutta l’Argentina la lingua di Martin Piaggio sia quasi un secondo idioma nazionale. Era un giovane dallo sguardo diritto e sincero, vestito con gli umili panni dell’oscuro lavoratore. Fermò questo mio amico e s’iniziò tra essi una conversazione amicalissima che, a poco a poco – volgendo dall’uno all’altro campo – finì col giungere al capitolo sport. L’italiano di Buenos Ayres si infiammava parlando del “Genoa” e citava nomi e date con una precisazione ammirevole, lasciando comprendere quanto attenta e precisa fosse la sua cura nel seguire, partita per partita, attraverso i giornali che gli giungevano dall’Italia, le sorti dei rosso bleu. La conversazione saliva di tono, si faceva vieppiù calda e vibrante: il giovane parlava di Catto, il felino Catto, del promettente Levratto, delle colonne della mediana, citando di ogni giocatore i pregi tecnici e le speciali abilità così come avrebbe potuto farlo il più tenace dei seguaci genoani. E quando il mio amico gli chiese se mancava da poco dall’Italia, l’altro sorrise e rispose: “Non vi sono mai stato, sino ad oggi. Ma vi andrò bene, un giorno. Son nato qui, io”.
Meraviglia del suo interlocutore, che domandò ancora: “Ma allora avete visto il Genova quando venne qui in Argentina…”
“Nemmeno. Mi trovavo nell’entro terra, a quell’epoca.
Ho soltanto letto ed ascoltato qualcuno di noi che ha avuto la fortuna di potersi recare in Patria e che ha portato notizie al suo ritorno”.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Pierpaolo Viaggi)