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Bernd Hölzenbein …

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Il ricordo di Bernd Hölzenbein

Molto spesso, nel rispetto del classico “nomen omen” dei latini, nel nostro nome ritroviamo scritte caratteristiche che poi contraddistingueranno la nostra vita. Non è il caso di quanto accaduto a Bernd Hölzenbein, attaccante che ha fatto parte della nazionale tedesca che si issò per la seconda volta nella sua storia in cima al mondo, nel mondiale casalingo del 1974, nella squadra guidata in campo da Franz Beckenbauer. Il nome, infatti, con una leggera modifica in “holzbein”, in tedesco significa “gamba di legno”, non esattamente appropriato per un calciatore, soprattutto se attaccante, e non ha rispecchiato le caratteristiche del Nostro. Il buon Bernd, infatti, dimostrò una buona prolificità nella sua lunga carriera, in pratica tutta svolta nell’Eintracht di Francoforte, con condivisione iniziale con il ping pong, sport allora in auge, capace anche di favorire i rapporti tra Stati Uniti e Cina, nel 1971.

Gli ultimi anni della sua carriera li spese proprio nel paese a Stelle e Strisce, giocando a Indoor Soccer, uno sport affine al calcio a cinque. Quattrocentoventi sarebbero state le sue presenze con la maglia delle Aquile rossonere, arricchite da centosessanta reti, numeri anche importanti che però non valsero la conquista del campionato, mai vinto da Hölzenbein, che poté prendersi le sue soddisfazioni concrete con la maglia del club nelle coppe, vincendo tre Coppe di Germania ma, soprattutto, la Coppa Uefa nella stagione 1979/1980, superando nella doppia finale il Borussia Mönchengladbach, in una edizione tutta tedesca (Bayern Monaco e Stoccarda le altre due finaliste). Una evidente vocazione internazionale quella di Hölzenbein, perché l’unica altra soddisfazione vincente l’avrebbe raccolta con la maglia bianca della Nazionale, vincendo da protagonista il mondiale casalingo.

In un’edizione dominata dalla squadra di Beckenbauer allenata da Helmut Schön, l’avversario più quotato e forse anche favorito alla vigilia era l’Olanda del calcio totale di Johan Crujiff e Rinus Michels, con gli Orange ancora più favoriti dopo essere passati repentinamente in vantaggio grazie al primo rigore nella storia assegnato in una finale di Coppa del Mondo, trasformato da Johan Neeskens. Dato uno, si poteva dare anche il secondo, e fu proprio Bernd Hölzenbein il protagonista: raccolto un lancio, defilato sulla sinistra, di Wolfgang Overath, saltò in percussione diversi avversari, entrò in area finché Wim Jansen non lo atterrò a pochi passi dal portiere Jan Jongbloed.

Il rigore, poi trasformato da Paul Bretiner, sembrò netto, anche se lo stesso Hölzenbein, anni dopo, dirà di avere accentuato la caduta, l’intervento di Jansen era comunque maldestro e, in quel momento, tarpò le ali alla “rondine”, come era soprannominato l’attaccante tedesco. Una rondine che ora è volata via per sempre.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

 

 

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