GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
“Costacurta era l’unico che entrava in sede e firmava in bianco il contratto”
Bandiera di un calcio scomparso, genuino, sincero, in cui l’appartenenza veniva vissuta come un modo di essere, un tratto della personalità.
Il meno osannato dei difensori rossoneri, ma uno dei più legati ai colori di quella squadra che cercava di ritornare grande dopo i fasti del ventennio ’60.
Raccontare Billy Costacurta significa mettere in evidenza la carriera di un campione assoluto, spesso silenzioso, sicuramente signorile. Il perfetto compagno di reparto per il mito Baresi, il numero 5 che studiava da grande alla scuola dell’ingegnoso Sacchi.
Tutta la carriera nel Milan, dalle giovanili fino al 2007, con un intervallo d’assenza datato soltanto 1986/87, la stagione passata alla corte del Monza.
Quando arrivò il mago di Fusignano, quel biondino originario della provincia di Varese non pensava che avrebbe fatto parte di una squadra assolutamente unica. Gli schemi da assimilare erano tanti e la differenza con la tradizione italiana netta. Lo strapotere che partiva da una difesa impenetrabile, oleata a dovere sui binari di una zona innovativa. Movimenti dettati e ripetuti fino alla nausea, con il fuorigioco assoluto protagonista e chiave di volta.
Baresi, Costacurta, Maldini e Tassotti: bastava questo per partire in vantaggio.
Anche la Nazionale avrebbe finito per rappresentare il suo rifugio speciale; due Mondiali e una delle più grandi delusioni della sua vita. In quel 1994, l’ingiustizia dei cartellini gli negò prima la finale contro l’altezzoso Barcellona e, poi, la più importante partita della carriera: Italia – Brasile.
Nemmeno le lusinghe dei MetroStars (nel 2002) e l’arrivo del fortissimo Nesta, riusciranno a portarlo via dalla sua Milano. Concluderà il suo ventennio rossonero nel 2007 con, manco a dirlo, l’ennesima Coppa dei Campioni in bacheca.