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Bruno Pizzul ed il mestiere del telecronista

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Bruno Pizzul ed il mestiere del telecronista

Spulciando tra gli archivi infiniti proposti dalla fornitissima RaiPlay, ho trovato  un’intera “serie” di filmati dedicati al grande Bruno Pizzul. Dalla moviola del 1972, con tanto di intervista indagatrice al mitico arbitro Lo Bello, “colpevole”  di non aver concesso un rigore piuttosto netto al Milan, passando per la triste telecronaca del 1985. Quella della tragedia dell’Heysel.

Il programma dedicato a questo mestiere

Tra queste perle di televisione, la mia attenzione è però caduta su un programma del 1990, trasmesso subito prima dei Mondiali casalinghi. In uno studio dalle scenografie molto semplici, con al centro tre microfoni forniti dal Museo Rai di Torino, il padrone di casa Gianpaolo Ormezzano si faceva raccontare, dall’amico Pizzul, il mestiere del telecronista calcistico.
Una breve chiacchierata, di nemmeno dieci minuti, in cui però si poteva vedere tutto il mestiere e l’assoluta professionalità del giornalista friulano.
Ormezzano chiedeva: “Come definisci un telecronista?”
Pizzul rispondeva: “La definizione ideale sarebbe quella di supporto alle immagini!”.
In realtà, la visione che aveva lo stesso, di un mestiere così bello e particolare, ne valutava pregi e difetti. Sottolineando la tendenza del telecronista ad utilizzare spesso un frasario pomposo, per esaltare la vanità personale, Pizzul capiva l’importanza di essere se stessi, senza rincorrere il desiderio di copiare altri commentatori.
L’alta tecnologia, sempre più efficiente già nel 1990, permetteva di confezionare un prodotto televisivo eccellente, che spesso cozzava con la scarsa qualità tecnica di una partita. In un contesto del genere, il telecronista doveva essere in grado di mantenere una sorta di onestà intellettuale.
Sul finire dell’intervento, poi, il giornalista torinese cercava di farsi confessare quale doveva essere l’atteggiamento del buon telecronista sulla questione tifo (naturalmente extra Italia). Doveva essere freddo? Oppure doveva lasciar trapelare una sorta di trasporto emotivo?
Mantenendo la sua solita eleganza, Pizzul rispose: “Rientra nello spirito del gioco quello della partecipazione emotiva, anche se non bisogna mai essere eccessivi, sia in un senso che nell’altro”.
Una lezione di giornalismo sportivo.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)

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