La recensione di Massimo Prati del libro” C’era una porta”
Massimo Prati, sul suo profilo facebook, ha fatto una recensione del libro “C’era una porta”, di Andrea Massone. Questo il suo pensiero:
“Penso sia giusto precisare che si tratta del libro di un caro amico: Andrea Massone. Il suo è un testo in cui si narrano vicende di portieri mischiando ricostruzione storica e spunti fantasiosi, il tutto con uno stile suggestivo e accattivante, che spesso si basa su due o più intrecci narrativi e su un consistente ventaglio di eccentrici personaggi.
“Sedici racconti (più uno). Ognuno dedicato a un portiere. Ma non sempre, sebbene sia il protagonista, il portiere è l’unico personaggio di cui si parla”.
Quelle che ho appena citato sono le prime parole dell’autore che si possono leggere aprendo il suo libro.
E così, andando “in ordine di apparizione” facciamo conoscenza di Bert Trautmann, ex prigioniero di guerra in Inghilterra e leggendario portiere tedesco del Manchester City nel secondo dopoguerra.
Il secondo racconto rende omaggio a una nobile figura del calcio italiano: Astutillo Malgioglio, il portiere dal cuore d’oro che para per i più deboli.
La terza storia narra le gesta di Harry Gregg, il portiere nordirlandese del Manchester United anni Cinquanta e Sessanta, protagonista di una serie di eroici salvataggi in occasione di un disastro aereo a Monaco che vide coinvolta la sua squadra.
Con la quarta storia torniamo in Italia. Il protagonista è Gigi Buffon, quando era ancora un bambino e andava a vedere il Genoa a bordo della 600 beige dello zio. Continuando nella lettura arriva poi il turno di Oliver Kahn, l’irascibile portiere del Bayern di Monaco e della “Mannschaft”.
Il sesto racconto propone la coraggiosa figura di una iniziatrice del calcio femminile: la galiziana Irene Gonzales, morta giovanissima alla fine degli anni Venti.
La settima storia è per Francesco Toldo di cui, tra le altre cose, si rievoca una sua esperienza in azzurro (semifinale europea del 2000) dai curiosi risvolti astrologici.
Seguendo il filo narrante dell’autore incappiamo in uno dei più bei racconti del libro, quello dedicato a Gordon Banks, con gli inevitabili riferimenti ai Mondiali del 1966 e del 1970 (anno della parata del secolo) ma anche con emozionanti dettagli intimistici.
Abbiamo ormai superato la metà del libro e ci ritroviamo di fronte alla figura di Moacir Barbosa Nascimiento, numero uno del Vasco de Gama, negli anni Quaranta e Cinquanta e tristemente celebre per essere stato “il portiere maledetto del Maracanazo”.
Il racconto successivo ci presenta le vicende di Peter e Kasper Schmeichel. La figura del padre è introdotta grazie ad un gradevole artificio letterario che porta il lettore ad assistere a un’intervista durante le vacanze estive in Sardegna del numero uno della nazionale danese.
L’undicesimo racconto ci parla di Jan Jongbloed portiere della “arancia meccanica” in due finali mondiali (’74 e ’78) e segnato dalla tragica perdita del proprio figlio. L’autore restituisce la figura di questo portiere sotto diverse sfaccettature grazie ad un coinvolgente intreccio narrativo in cui la musica e un musicista svolgono un ruolo importante.
Il capitolo dedicato ai portieri di riserva non poteva che essere il numero dodici. La citazione d’obbligo è per Gastone Ballarini, primo portiere di riserva ad entrare in campo nella storia del calcio italiano. Tra gli altri menzionati, un nome su tutti mi riporta all’infanzia, quello di Massimo Piloni, eterno secondo nella Juventus di Dino Zoff (anche se poi, nel Pescara, fu titolare).
Con il racconto numero tredici, facciamo un salto indietro nel tempo fino all’inizio del Novecento, per conoscere Leigh Richmond Roose, portiere gallese del Sunderland con “l’attitudine alla bella vita di Georges Best, l”irascibilità di Eric Cantona e il Glamour di David Beckham”.
Ormai siamo agli ultimi capitoli. La storia numero 14 ci narra di Antoni Ramallets, quello che forse è considerato il più forte portiere del Barça di tutti i tempi, nonché numero uno della nazionale spagnola. Una leggendaria figura del calcio iberico, dunque. Ma, sorprendentemente, ci viene presentato dalla fantasia dell’autore partendo da Danzica.
Il quindicesimo racconto è per Robert Mensah, leggendario portiere ghanese, vincitore della Coppa dei Campioni d’Africa. La sua è una storia in cui si passa dal paradiso all’inferno: da un mitico rigore parato nello Zaire del dittatore Mobutu alla morte per una rissa in un bar di una (per me) sconosciuta città dell’Africa occidentale.
Con il penultimo racconto si torna a casa. E per l’autore genoano di questa recensione si torna a casa davvero. Andrea Massone (genoano anche lui) ci parla di Simone Braglia, l’eroe dell’Anfield Stadium. Ma prima di entrare nella rievocazione di quella partita, tra Genoa e Liverpool, l’autore ci offre qualche scorcio di Genova: l’elegante Galleria Mazzini nel cuore della città, la zona portuale di Sampierdarena con i “camalli” della Compagnia Unica, i “caruggi” del centro storico.
Ormai siamo al “sedicesimo capitolo più uno”. Il libro si chiude con il leggendario Lev Yashin… …ça va sans dire: non sarebbe potuto essere altrimenti. In queste ultime pagine si ripercorrono, in una agile carrellata, le tappe di una storica carriera: dagli esordi alla leggendaria partita di addio, davanti ai 103.000 spettatori dello Stadio Lenin di Mosca. Era il 27 maggio del 1971 e si giocò Dinamo All Time contro il Resto del Mondo”.
Libro: “C’era una porta” di Andrea Massone. Urbone Publishing, 322 pagine, 16 euro.
Un libro consigliato agli appassionati di calcio e, in particolare, a chi è affascinato dalle storie dei numeri uno.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati)