Le circostanze che hanno reso famoso nel mondo Cesáreo Onzari, ovverosia il l’autore del famigerato ‘gol olimpico’, il primo segnato direttamente da calcio d’angolo, tendono a ridurre la sua figura a un solo istante che, per quanto sia ancora celebrato da circa un secolo, rischia di semplificare o ridurre l’importanza di un giocatore che con quel gol improvviso, nel 1924 ha indirettamente causato prima un incidente diplomatico, con l’intervento del Ministro della guerra, poi la prima morte di un tifos per una partita di calcio in America Latina.
La squadra d’oro
Mentre la stampa in America Latina celebra l’oro olimpico dell’Uruguay (ottenuto a Parigi in finale contro la Svizzera) come una vittoria decisiva per tutto il continente, gli argentini masticano amaro per la grande occasione perduta. In Francia l’Albiceleste non ha potuto mostrare al mondo intero quello che, da Buenos Aires a Rosario, tutti considerano il vero fútbol rioplatense.
Il motivo è che in Argentina, in quel momento, erano presenti due federazioni: una riconosciuta ufficialmente da Fifa e Conmebol, e l’altra, l’AAmF, l’Associazione dilettantistica, non riconosciuta. Le vicendevoli minacce di boicottaggio e delegittimazione hanno avuto, di fatto, il risultato di escludere gli argentini dalla partecipazione ai Giochi Olimpici.
Come se non bastasse, da Parigi Jules Rimet ha rincarato la dose, elogiando gli odiati vicini uruguagi e sostenendo che una squadra vittoriosa è «la migliore propaganda per qualsiasi Paese, specialmente per i nuovi Paesi, poco conosciuti in Europa».
Il quotidiano argentino «La Nación» gli dà ragione e pubblica in prima pagina un editoriale a firma del suo caporedattore in cui sostiene che, mentre in terra di Francia gli uruguagi battevano le squadre europee, anche i cuori argentini palpitavano all’unisono per le vittorie della Celeste.
Il modo migliore per concludere queste inaspettate esternazioni amichevoli, volte a ridurre la storica rivalità tra i due Paesi confinanti, è ovviamente una bella partita di calcio. Anzi, due. Una da giocare a Buenos Aires, l’altra a Montevideo. Una sorta di passerella per i freschi campioni olimpici, e anche un modo per valutare a che punto si trovi il calcio argentino.
La battaglia sul Rìo de la Plata
Malgrado il presidente dell’Uruguay José Serrato abbia salutato questo doppio impegno, esaltando lo spirito olimpico che ha contagiato tutti, gli hincha dell’Albiceleste hanno una sola idea in testa: il doppio scontro determinerà, una volta per tutte, chi è che comanda sul Río de la Plata.
Anche gli uruguagi, sordi rispetto all’armistizio proposto dalla stampa nazionale, dopo la prima partita terminata in pareggio se ne tornano a casa delusi, perché per avere un vincitore bisogna aspettare ancora una settimana.
L’attesa cresce e sette giorni dopo, a Buenos Aires, si presentano in cinquantamila. Lo stadio Barracas potrebbe ospitare solo quarantamila persone, ma in un modo o nell’altro entrano tutti. E se non c’è spazio sugli spalti, gli spettatori scendono in campo ai bordi del terreno di gioco.
Il cordone che la polizia improvvisa per contenere l’entusiasmo dei tifosi non è però sufficiente per consentire di portare a termine la partita. Il match viene dunque sospeso e rinviato alla settimana successiva.
Nel frattempo gli argentini costruiscono un fossato tra le tribune e il campo da gioco per evitare una seconda invasione di campo. Si gioca, e stavolta la partita rimarrà nella storia grazie a un giocatore argentino di nome Cesáreo Onzari.
È un’ala eccezionale che nell’Huracán si distingue sulla fascia per la sua velocità e la sua immensa visione di gioco. A un certo punto dell’incontro, si presenta nei pressi della bandierina per battere un calcio d’angolo. Anziché crossare, però, tira direttamente in porta, e in quel momento la palla prende uno strano effetto a rientrare. Nasazzi, il grande capitano dell’Uruguay, nel tentativo di intercettare la sfera, si scontra con il portiere Andrés Mazali, e la palla finisce indisturbata in porta.
L’arbitro Villarino fischia e indica il centro del campo, ma gli uruguagi protestano, anche perché la palla non è stata toccata da nessuno, e da regolamento il gol andrebbe annullato. Il direttore di gara, però, informa gli ignari vincitori dei Giochi, che proprio alcuni mesi prima, l’International Football Association Board ha modificato il regolamento. I gol segnati direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo adesso sono validi.
La richiesta di modificare il regolamento era giunta dalla Federcalcio scozzese, la quale durante una partita di seconda divisione si era ritrovata davanti al medesimo problema per un gol siglato dalla mezzaluna del corner.
Gli Uruguagi sono costretti ad accettare la decisione di Villarino, ma masticano amaro. Così, da quel momento in poi, la partita s’incattivisce. I nuovi campioni olimpici non ci stanno a perdere, specialmente con un gol così. E quindi, più che a calcio ora si gioca a calci, e a farne le spese per tutti è l’argentino Adolfo Celli, che si frattura una tibia.
L’atmosfera si surriscalda anche sugli spalti, dove adesso si lanciano insulti e anche delle pietre. Una di queste finisce in campo e colpisce il campione José Andrade. E allora Héctor Scarone se la prende con un poliziotto, reo di non essere intervenuto, e lo strattona rabbiosamente per il bavero della divisa. Si scatena un finimondo e l’arbitro sospende la partita. Così non si può più giocare.
Cause del ‘gol olimpico’
Nel frattempo, la federazione, che ha completamente perso di mano la situazione, ha chiamato addirittura Agustín Pedro Justo, il Ministro della Guerra. Gli uruguagi, per proteggersi dalla pioggia di pietre, si sono rintanati negli spogliatoi. Gli argentini, invece, sono rimasti in campo ad aspettare. L’arbitro indugia per un po’, poi, su istruzioni del Ministro della guerra, decreta la fine dell’incontro. Argentina batte Uruguay 2-1.
Sembra finita, ma è solo l’inizio. Il giorno dopo, alcuni deputati argentini e uruguagi propongono una legge che possa impedire altri incontri tra le due squadre. Il clima si è davvero surriscaldato oltre ogni limite. I ministri si domandano: ma si può arrivare a simili gesti per una partita? Questa domanda, in diversi momenti della storia latinoamericana, risuonerà come un tragico ritornello per più di ottant’anni.
Se ne parla anche in radio. Sì, perché quella è stata anche la partita in cui hanno esordito le dirette radiofoniche argentine. Horacio Martínez Seeber, senza avere molte conoscenze in materia, aveva provato a raccontare la partita all’interno di una cabina radio installata sui soffitti in lamiera dello spogliatoio uruguagio. Il primo relator della storia, non poteva minimamente immaginare che, oltre a dover fare la cronaca di quell’improvviso gol dalla bandierina, avrebbe anche dovuto narrare l’inizio di una guerriglia urbana.
Gli argentini, nonostante la rissa e gli scontri sulle tribune, sono invece molto soddisfatti. Hanno battuto i vicini che considerano una sorta di provincia distaccata e ora, per crudele ironia, quel leggendario gol di Onzari che ha causato l’incidente diplomatico, lo ribattezzano «gol olimpico», proprio perché è stato segnato contro i campioni olimpici.
Gli animi si calmeranno solo dopo mesi di dibattito, e la Conmebol decreterà infine che Argentina e Uruguay potranno iscriversi regolarmente alla Copa América del 1924. Ma è una pessima idea.
Le due squadre si ritroveranno in finale, a novembre. Vincerà l’Uruguay, stavolta. E così, dopo la partita, nei pressi di Calle Rincón, a Montevideo, le due tifoserie avversarie si daranno la rivincita.
Giunti sotto l’albergo dei calciatori argentini, piovono i primi insulti, poi vola qualche spintone. Dopo qualche lancio di bottiglia, all’improvviso si sente uno sparo. È il caos. Scappano tutti, anche i calciatori dall’hotel.
Sulla strada, in una pozza di sangue, giace il corpo di Pedro Demby. Era un impiegato di banca di 26 anni che si era unito al gruppo di tifosi uruguagi perché si trovava per caso a passare di lì. Il proiettile gli ha attraversato la gola. È la prima vittima accertata di una partita di calcio in America Latina. E pensare che tutto è cominciato con un gol dalla bandierina.