1000CUORIROSSOBLU.IT (Federico Calabrese) – […] Tutto ha origine circa 30 anni fa. Il luogo è sempre lo stesso, Bologna. Il campionato 1981/1982 si apprestava a iniziare […] Alviero Chiorri, dopo diverse stagioni sotto i riflettori di Marassi in Serie B, venne ceduto al Bologna, […] Marco Macina, dopo aver mosso i primi passi con il Tre Penne, era pronto per i rossoblu. […] Il Mancio, dopo una gavetta nelle giovanili, era stato promosso in prima squadra […]
Difficile decidere chi, tra quei tre, fosse il più talentuoso. Più facile, invece, comprendere le loro ambizioni. La stagione 1981/1982 iniziò bene. All’esordio contro il Cagliari ci fu subito la rete di Chiorri, che così evitò la sconfitta interna. Al contrario delle aspettative, da lì in poi ci fu il crollo. Un infortunio lo costrinse a un lungo stop; tornò in campo solo diversi mesi più tardi, e concluse quell’annata con 13 presenze e l’amara retrocessione in B. La prima della storia felsinea. Non si comportò meglio Macina, arrivato a Bologna con l’etichetta della grande promessa. Poche presenze, solo 8, una nullità per uno che era considerato il futuro del calcio italiano. Da Chiorri, passando per Macina, fino ad arrivare a Mancini. Sicuramente il più maturo dei tre, perché la sua grande stagione individuale servì ad attirare l’interesse della Samp. E a Genova diventò grande, ma questa è un’altra storia.
[…] La carriera di Chiorri fu altalenante, fino a diventare indivisibile […] Bersellini lo fece esordire alla Samp a soli 17 anni; doveva essere l’inizio di tutto, fu l’inizio della fine.
Lo aspettava l’Inter, ma non ci andò mai[…] Aveva tutto, doti tecniche e fisiche. Ma volle bruciarsi, perché le responsabilità sono sempre di chi agisce e di chi decide di comportarsi in un certo modo. Per capire Chiorri basta ricordare cosa disse quando rifiutò la sua prima e unica convocazione nella Nazionale giovanile: “Ma siete pazzi, io devo andare al mare”.
[…] Anche Macina, che tecnicamente era considerato più forte di Mancini, si perse. Si bruciò a soli 25 anni. Era pieno di etichette, voleva semplicemente vivere come un ragazzo della sua età, voleva divertirsi senza pensare troppo al futuro. Si dimenticò solo un piccolo particolare: non era come gli altri, aveva un gran talento che stupì gente come Nils Liedholm. “Un giocatore più veloce con la palla che senza, mai visto”, dirà in seguito. Era un esterno tecnico, veloce e imprevedibile. Se partiva, non lo prendevi più. Ma un grande giocatore doveva avere anche altre virtù, oltre quelle tecniche.
[…] Mancini fu il più determinato a tenere per il guinzaglio una vita che aveva sempre sognato. L’esordio di Mancini avvenne, nel 1981, in una gara di Coppa Italia. Subentrò a Chiorri, quasi come un passaggio di consegne anticipato. Si, anticipato. Perché quella stagione doveva essere l’ascesa di tutti e tre i protagonisti. Fu così solo per il Mancio. Quasi sempre in campo, una decina di gol e tante buone impressioni. La chiamata di un’altra squadra era vicina, arrivò puntuale: la Samp si convinse a puntare su di lui […]
Bologna fu la meta di mezzo per i tre protagonisti: Macina, dopo un biennio in rossoblu, iniziò la propria discesa all’Arezzo. Chiorri e Mancini andarono alla Samp: il primo perché non aveva convinto la dirigenza felsinea, il secondo perché meritava una grande occasione. E non la sbagliò, a differenza del compagno che soffrì sempre di più il dualismo con il terribile ragazzino di Jesi. Dopo poco tempo, le strade dei due si divisero, perché la rockstar fu costretta ad andare alla Cremonese nell’operazione che avrebbe portato Gianluca Vialli in blucerchiato.
«La Sampdoria stava crescendo, ma io non andavo di pari passo e a un certo punto il presidente Mantovani fu costretto a cedermi alla Cremonese. Quando mi salutò aveva le lacrime agli occhi e mi disse: “Alviero, sei stata la più grande delusione della mia vita”. Quella frase me la sono portata dentro fino all’ultimo giorno che sono sceso in campo» […]
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