Il ricordo di Ninì Udovicich
Mercoledì 22 dicembre 2021, una bandiera di un calcio che fu, Giovanni- detto Ninì – Udovicich è diventato un mito indelebile. Perché quel giorno, che coincide con i 113 anni dalla fondazione del Novara Calcio, gli verrà intitolata la Curva Nord dello stadio “Piola” di Novara. Un riconoscimento che ci sta tutto, per un giocatore, che è stato sicuramente una bandiera. Giocherà la sua prima partita in azzurro scudato a Bari da attaccante (un caso, visto che era un difensore centrale, di quelli rocciosi ma leali ) il 9 febbraio 1958 e la sua ultima partita la disputerà il 30 maggio 1976, per un totale di 19 stagioni , più di 500 partite e una decina di reti.
Penso che, in molti di voi, possa sorgere spontanea una naturale domanda : e chi era costui? Domanda legittima, perché questa più che essere una storia di calcio su un personaggio o un aneddoto, è una storia tutta personale sul calcio e sull’influenza che ha avuto su molti della mia generazione.
Infatti è una storia che troverà forse sponda in quelli della mia età. Soprattutto quelli come me, i maschietti, abituati a conoscere i protagonisti del calcio attraverso la nostra enciclopedia preferita, l’album dei Calciatori, fosse Panini o altro. E attraverso riti consolidati, quasi intrisi di esoterismo, come l’apertura delle bustine di figurine, lo scambio dei doppioni, la messa in posa sull’album attraverso la mollica di pane prima, la colla e paletta dopo e infine l’autoadesivo.
Le figurine del Novara
Quest’ultimo sistema un po’ di quella magia la portò a disperdere, amanti come eravamo di “sniffare” la Coccoina (chi se la ricorda?). Dopo questo lungo preambolo torniamo a Giovanni Udovicich. Non che lo abbia potuto ammirare come calciatore per le sue imprese sui campi di calcio, ma il suo ricordo è comunque legato alla mia infanzia. Infanzia e ricordi a loro volta legati a una figurina dell’album Panini, quella, per l’appunto di questo calciatore del Novara.
Sfogliavo con avidità quegli album che sapevano di colla, la coccoina, e mollica di pane, che antecedevano la mia nascita e che ho conosciuto, fanciullo, perché una mia zia aveva tutte le raccolte, fino a che nel 1974, non ho potuto averne uno tutto mio, il primo album Panini. Torniamo a Nini. Quel nome che suonava così “straniero” in quell’epoca così autarchica nel calcio. Poi leggevi sotto la figurina e scoprivi che era italiano, italianissimo anche se nato a Fiume che non era più italiana da tempo. Ed io fanciullo, quando leggevo che era alto 1,85 metri lo immaginavo un gigante.
E poi aveva quell’aria seria e tranquillizzante dello zio preferito, dell’operaio o dell’impiegato che esce da casa come tuo padre ogni mattina per la sua onesta giornata di lavoro. E infatti, a fine carriera, sarà un impiegato di banca. Rimaneva quindi un gigante ma di quelli buoni. Era un altro calcio, altri tempi, altri uomini.
Il 4 settembre 2019, Ninì se ne è andato. Con lui anche un pezzo di infanzia. L’ennesimo. Bello che sia ancora nel cuore di tanti, però.