GLIEROIDELCALCIO.COM (Alessandro Mastroluca) – Il 1968 è l’anno che cambia l’Italia e rivoluziona lo sport. La nazionale trionfa all’Europeo in casa, il pubblico canta Azzurro e ride con Alberto Sordi nella veste di “Medico della Mutua”. Il calcio si impasta con le passioni che travolgono i giovani, ne rispecchia le mode e le tendenze. Nascono i primi gruppi organizzati, che cambieranno per sempre il costume negli stadi. Toni Negri, teorico del marxismo operaista, è tra i fondatori delle Brigate Rossonere.
Il calcio italiano nel 1968 si fa più attento alle tutele per i suoi protagonisti, che creano l’Associazione Italiana Calciatori e l’11 maggio 1969 entrano in sciopero. È una rivolta, la Lega cancella una norma tra le più contestate che permetteva ai presidenti di ridurre del 40% lo stipendio di un calciatore che giochi meno di 20 partite in un anno in A o meno di 24 in B. Il calciatore diventa un lavoratore a tutti gli effetti, e negli anni arriveranno nuove regole anche per i trattamenti sanitari in caso di infortunio e le pensioni.
In quel 1968 il calcio in Italia diventa di tutti. Il 23 febbraio 1968, mentre a Viareggio è in corso la tradizionale Coppa Carnevale, undici ragazze in maglia azzurre non scherzano affatto. Scendono in campo contro la Cecoslovacchia. Il primo campionato lo vince il Genoa che ha in attacco Maria Grazia Gerwen, centravanti dell’Italia che ha segnato il gol della vittoria (2-1) contro le cecoslovacche a Viareggio. In panchina siede Ugo Mignone, padre di Paola, il portiere della squadra. In un anno, il calcio si è trasformato da “sport che non è per signorine” a fenomeno attrattivo internazionale. A novembre del 1969, in Italia, si gioca una Coppa Europa femminile, un proto-campionato europeo con quattro squadre coinvolte (Danimarca, Francia e Inghilterra, oltre alle azzurre), ancora non sotto l’egida della UEFA. Mignone però all’ultimo momento deve dare forfait, come la mezzala sinistra del Real Torino Graziella Bertolo. Il ct Cavicchi convoca il portiere del Piacenza Maria Rosa Ligabue e il terzino del Torino Marisa Rossero.
L’Italia debutta contro la Francia a Novara. L’inviato della Gazzetta dello Sport sottolinea il comportamento degli “ordinatissimi” tifosi in tribuna. I quattromila spettatori presenti si sono convinti, scrive, “che il calcio femminile è una bella realtà” e hanno applaudito a scena aperta le azzurre. Il risultato convince gli scettici. L’Italia offre una bella prova di maturità e vince 1-0. Il gol vittoria lo segna Aurora Giubertoni, che al Giorno ha ricordato quella fase pionieristica in cui le calciatrici utilizzavano i giorni di ferie per andare in trasferta quando c’era da giocare all’estero. “Le prime partite erano solo divertimento, solo passione. I genitori spesso non erano favorevoli, anche se poi diventavano i nostri primi tifosi». Campi di periferia, col prato spesso trasformato in un pantano, sulle gradinate – agli esordi – più curiosi che supporter. Solo uomini, a vedere lo spettacolo di donne in shorts e calzettoni. Negli anni, però, la rivoluzione ha attecchito” ha detto.
La finale si gioca a Torino contro la Danimarca, già affrontata a luglio in amichevole. Il punto di forza delle scandinave è il libero Birgit Nielsen, che sarebbe rimasta in Italia, acquistata dalla Real Torino subito dopo la manifestazione. Gli inni nazionali scatenano il tifo in tribuna, e nemmeno il vantaggio delle danesi, gol di Hansen, raffredda l’atmosfera. Le azzurre spingono e raggiungono il pareggio con una prodezza della sedicenne Stefania Medri. Legata per tutta la carriera alla Roma, cresciuta in una famiglia di romanisti, è cresciuta con il mito di Omar Sivori, l’argentino stella della Juventus e del Napoli. “Stefania, 1 metro e 50 di «verve» e simpatia, calzettoni alla caviglia e zazzeretta bruna, ha segnato un gol favoloso, con un tocco di sinistro da fondo campo: il grande Sivori le avrebbe fatto i complimenti” scrive ancora l’inviato della Stampa.
Con la Roma, Medri ha girato il mondo. A Giovanni di Salvo, proprio sulle pagine de Gli Eroi del Calcio, ha raccontato la tournée negli Stati Uniti del 1971 di cui è stata regina del gol, i viaggi a Malta, in Grecia, in Turchia. Particolare anche l’aneddoto di una sfida in Thailandia, a Bangkok, contro la nazionale Under 18 maschile alla fine di quel 1971. “Perdemmo 8-1 ma fummo applaudite perché disputammo comunque una bella partita in uno stadio stracolmo di pubblico. Durante il nostro soggiorno ci divertimmo a girare Bangkok e dintorni. E come dimenticarsi poi del Capodanno? Eravamo solamente noi a festeggiarlo perché non era una festività sentita dalla popolazione locale ma nonostante ciò ci siamo divertite lo stesso” ha raccontato.
Poi, al centro della scena sale Maurizia Ciceri, mezzala vigorosa che completa il reparto di centrocampo con Luciana Meles: due giocatrici che sanno come combinare l’eleganza del gesto tecnico con la sostanza nella fase difensiva.
Ciceri, sotto gli occhi del padre e del fidanzato, segna i due gol che completano il 3-1 per l’Italia. I tifosi si entusiasmano, partono i cori “Italia, Italia”, non meno intensi di quelli che gli stessi spettatori sono abituati a riservare a Riva o Mazzola.
Meno di un anno dopo il trionfo casalingo della nazionale di Ferruccio Valcareggi al Campionato Europeo del 1968, l’Italia femminile celebra il suo trionfo nella Coppa Europa. Il successo delle ragazze di Cavicchi fa emergere domande e riflessioni ancora attuali sul futuro del calcio femminile, all’epoca ancora poco più di un divertissement. Lo spettacolo di Juventus-Chelsea nella Champions League femminile, con tanto di diretta streaming e schieramento dei volti più noti di DAZN, testimonia quanta strada sia stata fatta da allora.
Per altri versi, però, il racconto del calcio femminile rimane ancora legato a schemi culturali antichi e al peso del confronto con gli uomini. I commenti più diffusi durante la finale della Coppa Europa 1969, racconta la Stampa, contengono da un lato l’elogio per l’impegno delle giocatrici e dall’altro una sottesa vena di scetticismo “sull’effettiva consistenza sportiva del football in gonnella. Il fenomeno delle donne-calciatrici (che lasciano gli uomini in tribuna e scendono in campo) sconcerta e imbarazza – scrive Antonio Tavarozzi -: soprattutto imbarazza il Coni, che sinora ha rifiutato di riconoscere ufficialmente questo sport ed ora si ritrova con un trofeo in più, un successo inatteso e che farà parecchio discutere”.
Sul piano istituzionale, molto è cambiato da allora. Su quello culturale, ce n’è ancora di strada da fare per convincere tutti che il calcio femminile “è proprio una cosa seria”.
Fonti
G. Di Salvo, “Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista”, Bradipolibri, 2018
G. Calzia, “Le ragazze del ’68. Come nasce in Italia il calcio femminile”, Galata, 2018
B. Calderola, “Crema, le pioniere del calcio 50 anni dopo: “Minigonna e pallone? Era rivoluzione”, 2019, Il Giorno. https://www.ilgiorno.it/cremona/cronaca/pioniere-calcio-1.4417433