CORRIERE FIORENTINO (Sandro Picchi) – Quel giorno di 6o anni fa, il 6 novembre del 1958, il Centro Tecnico di Coverciano si avviò, senza ancora saperlo, verso la celebrità calcistica. Era sorto sull’antico fondo rustico di un agricoltore dei tempi remoti, quando nella zona si parlava latino, Roma imperante. Il proprietario si chiamava più o meno — il tempo scava e trasforma anche i nomi — Corficius o Cofercianus. Tutto poteva immaginare l’antico agricoltore meno che la sua piatta terra sotto la collina di Settignano sarebbe diventata celebre. Era stato il marchese Luigi Ridolfi, già fondatore e primo presidente della Fiorentina, personaggio a cui la città deve molto, ad avere l’idea di un Centro Tecnico Federale che in un primo tempo pareva destinato a Roma. Ridolfi puntò su Firenze e mandò avanti il progetto senza poterlo vedere compiuto: morì quattro mesi prima dell’inaugurazione. Dirigente di calcio, ma soprattutto innamorato dell’atletica leggera, Ridolfi aveva fatto circondare il campo principale del Centro Tecnico dall’adorata pista di atletica e inoltre aveva previsto anche la costruzione di una palestra e di una piscina. Il calcio, a lungo andare, sarebbe diventato il dominatore e Coverciano. 0ltre che la casa della Nazionale, avrebbe formato anche gli allenatori. Per quanto riguardava la Nazionale italiana di calcio, il Centro Tecnico Federale, non poteva arrivare in un periodo più idoneo. Il 1958 era il momento peggiore per i risultati e il migliore per ricostruirli. L’Italia era stata eliminata in modo clamoroso dall’Irlanda del Nord nelle qualificazioni per i Mondiali in Svezia, che si erano conclusi pochi mesi prima dell’inaugurazione di Coverciano. Ilcommissario tecnico azzurro Alfredo Foni, uno dei maestri del catenaccio, modulo con cui aveva portato l’Inter allo scudetto nel 1952-53 e nel 1953-54, aveva all’improvviso cambiato rotta e a Belfast, dove contro gli irlandesi sarebbe bastato un pareggio per andare ai Mondiali, aveva giocato con quattro attaccanti: Ghiggia, Pivatelli, Montuori e Da Costa. La nazionale degli oriundi (c’era anche il grande Schiaffino) era stata sconfitta per 2-1. Ghiggia, dopo adeguata provocazione irlandese, era stato espulso al minuto 68. Nella storia della nazionale italiana sarebbe arrivata, sessanta anni dopo, un’altra delusione analoga con la mancata qualificazione degli azzurri di Ventura ai Mondiali del 2018, eliminati dalla Svezia. Si riparte, è ovvio, dalla stazione principale, da Coverciano, con Mancini. A proposito di Svezia aggiungiamo che il Brasile del 1958 transitò anche da Firenze dieci giorni prima dell’inizio dei Mondiali. Nell’amichevole contro la Fiorentina vinse quattro a zero, alla storia è consegnata la prodezza di Garrincha che dopo aver scartato tre giocatori viola, compreso il portiere Sarti, si fermò sulla linea di porta per un estremo sberleffo, aspettando il rientro di un avversario, in questo caso Robotti, che Garrincha spiazzò con un’ultima finta, prima di depositare in porta lentamente il pallone, come con un soffio. Per questa prodezza, rimproverato dai compagni (nel calcio di oggi sarebbe stato festeggiato con abbracci e danze) e come se non bastasse già dichiarato soggetto a rischio dai test psicologici, Garrincha rischiò di non partecipare ai Mondiali. Venne escluso nelle prime due partite, ma reintegrato nella terza fino a diventare protagonista, assieme a Pelè, del successo brasiliano.
Coverciano cominciò a dimostrare la sua funzione creativa e ricostruttrice del calcio italiano, diventando, con la scuola allenatori, l’Università del calcio. Non c’è un altro luogo nel mondo del pallone così accreditato come Coverciano per preparare i nuovi tecnici, non soltanto quelli della serie A. Forse non capita più quello che successe a Beppe Chiappella al quale gli esaminatori chiesero di esporre i rari moduli di gioco. Chiappella illustrò il catenaccio, inventato dall’austriaco Rappan nel Servette e chiamato «verrou», poi ripreso e ritoccato in Italia da Viani, da Rocco, da Foni e da tanti altri. Parlò del Metodo (l’Italia di Pozzo, campione mondiale, ne era l’esempio) e illustrò il Sistema o WM, inventato da Herbert Chapman nell’Arsenal per sfruttare al meglio la nuova regola del fuorigioco. L’esaminatore, che era Walter Mandelli, fece notare a Chiappella che aveva dimenticato il Mezzo Sistema di cui era stato il principale protagonista, se non addirittura l’inventore. «Senta – disse Chiappella– io ho giocato tanto ma non ho mai inventato nulla». Il Mezzo Sistema era il modulo della Fiorentina scudettata di Bernardini: quando l’avversario attaccava, l’istinto portava Chiappella in marcatura sul centravanti avversario e di conseguenza Rosetta diventava un libero. Bernardini, che è stato un signore di Coverciano nei tempi azzurri, vedeva e lasciava correre nel nome del sempiterno Sistema, come scriveva Gianni Brera, secondo il quale il magnifico Brasile del 1958 aveva copiato il modulo della Fiorentina sia in difesa sia nell’ala tornante. A Coverciano, all’Università del calcio creata da Ridolfi e governata per anni da Ottavio Baccani, due fiorentini dalla storia molto viola, saranno l’accordo?