Trentatre anni, tanti ne sono passati da quel 18 novembre 1989, quando Denis Bergamini venne trovato senza vita sulla strada statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico.
Una storia avvolta dal mistero e sulla quale non è stata ancora messa la parola “fine”.
I depistaggi si sono susseguiti ad archiviazioni inspiegabili, nessuno ha mai creduto alla tesi del suicidio. Non lo ha mai fatto la sorella Donata, non ci ha mai creduto il padre Domizio.
Abbiamo raggiunto Francesco Gallo, storico, regista cinematografico e scrittore, autore di diversi saggi e documentari sulla storia dello sport, che ha diretto il cortometraggio su Bergamini.
Francesco, finalmente il cortometraggio è pronto, puoi darci qualche anteprima?
“Certo, il titolo è Denis 18.11.89, proprio perché in questo cortometraggio-documentario abbiamo voluto raccontare e immortalare Denis nel suo ultimo viaggio, in quel giorno maledetto. Una data che corrisponde a una pagina di storia, non solo della città di Cosenza, ma dell’Italia intera. Una pagina di storia che è stata strappata e che bisogna invece necessariamente incollare nuovamente.
Il nostro piccolo film, che da qui a Natale sarà in lizza in vari festival, vorrebbe rappresentare un piccolo fascio di luce capace di illuminare soltanto una minima parte di tutta la vicenda Bergamini, lasciando nell’ombra una zona di cui non è ancora possibile conoscerne l’estensione e i contorni.
Si tratta, infatti, di una vicenda assai complicata. Il ‘Caso Bergamini’ è il più lungo, doloroso e controverso giallo nella storia del calcio italiano. È così non solo perché il suo efferato omicidio è stato oggetto, nel corso degli anni, di assurdi depistaggi e di indagini semplicemente ridicole. Più che altro, ciò che risulta davvero abbacinante, è che un omicidio del genere, mosso senz’altro da motivi passionali — o se preferite d’onore — a oltre trent’anni di distanza, ancora non abbia risposto alla vera domanda che grava attorno a tutta la questione. Il “chi è stato?” e il “come hanno fatto?”, oramai, sono solo banali diversivi per intrattenere o distrarre il pubblico appassionato alla vicenda. Giochetti utili solo a tenere la gente occupata come se si trattasse di un romanzo giallo, evitando in questo modo che si pongano la domanda più importante, cioè: perché? Perché fu ucciso Denis? Chi ci guadagnò? E poi: chi ebbe il potere di coprire il tutto?
Naturalmente il nostro cortometraggio non risponderà a tutte queste domande. Ma si concentrerà nel raccontare le 24 ore successive al suo omicidio, dal punto di vista della sorella Donata, che in 30 anni non si è mai arresa nella ricerca della verità e della giustizia. Noi speriamo che, attraverso questo piccolo film, si possa dare un’accelerata al decorso della giustizia. Provando, anche, a far luce su una storia che è stata prevalentemente raccontata da reportage giornalistici e mai narrata attraverso la fiction”.
Grazie Francesco, rimaniamo in attesa di poterlo vedere …