GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Un sombrero su Van Basten
Sono passati dieci anni dalla scomparsa del portiere più moderno del calcio italiano, terminale difensivo di una squadra proiettata sempre verso l’attacco, figlia di un gioco voluto fortemente da un boemo dallo sguardo serio e dalle parole come gocce.
Franco Mancini è stato l’Higuita italiano, lo “spericolato” numero 1 che giocava almeno una ventina di metri lontano dai pali. Bravissimo nella sua porta, superlativo con i piedi. Chiedere a Van Basten e a quella partita allo Zaccaria durante la quale Franco ebbe il coraggio di esibirsi in un sombrero liberatorio ai danni del Cigno di Utrecht.
Quella capacità tecnica l’aveva appresa giocando sulle strade del Rione Bottiglione, nella Matera che tanto amava e con cui aveva esordito nel calcio professionistico. Un amore smisurato per la sua città e per la sua squadra, un amore dimostrato anche da tifoso, sugli spalti dello Stadio XXI Settembre.
A Foggia arrivava al campo d’allenamento con la sua Volvo grigia a fari sempre spenti. I compagni lo riconoscevano per quella musica reggae che era diventata la sua anima artistica. Quando si scendeva sul verde, poi, lo facevano arrabbiare gli scavetti di Baiano e Signori, sempre pronti a superarlo con un tocco che, a volte, diventava l’unica opportunità per vincere quel suo essere imbattibile.
Perché Franco, spesso, era imbattibile tra i pali, nonostante l’ingrato destino di essere il portiere della squadra più sbilanciata di sempre.
L’esordio in Basilicata, prima delle tante stagioni in ascesa al suo Foggia; e poi Lazio, Bari, Napoli, Pisa.
Ci lasciò un giorno di fine Marzo del 2012. Dopo la sua dipartita, il Matera ed il Foggia gli dedicarono un settore dei rispettivi stadi, consacrando al mito un calciatore rimasto nella memoria di tanti, tantissimi.