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Dino Zoff … il Mito

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Dino Zoff, al di là del campione, dell’uomo di sport, è l’uomo che dovremmo essere e che spesso non diventiamo

È la sottile differenza che passa fra il soffrire in silenzio la nomea di “cieco” per una bordata dai trenta metri che vedi solo quando la palla arriva all’incrocio e una dichiarazione del tipo “la palla non è entrata, ma se fosse entrata non l’avrei detto”, sentimenti e parole inserite entrambe in due carriere di grandi parate.

Non puoi scindere Dino Zoff, il suo essere, dalla sua terra, altrimenti non lo spieghi, non ne comprendi l’essenza.

Perché, in fin dei conti, Dino Zoff è friulano e il suo carattere rispecchia quella terra: rude, ritroso come le loro montagne; severo, a volte tutt’altro che amabile, tutt’altro che brillante, tutt’altro che attraente, insomma solitari anche a se stessi.

Il friulano, davanti alla sofferenza, davanti alle separazioni, a ciò che fa piegare dal dolore altre tempre meno robuste della sua, si raccoglie in se stesso, tace e tira dritto.

Che sia un terremoto, una guerra, una diga che crolla oppure un tiro da trenta metri che trasporta con se valanghe di insulti e sospetti.

Anche, però, ammirevole, altamente degno di fiducia: concreto, positivo, franco, leale, perfino incapace di mentire. Schietto.

Che sia per un pallone entrato in porta o rimproverare un Presidente della Repubblica per una giocata sbagliata a scopone, l’importante è essere leale.

I friulani sono gente laboriosa, tenace, addirittura ostinata; fucina di soldati insuperabili, per pazienza e coraggio, specialmente nella guerra di montagna; di contadini infaticabili, di emigranti sobri e risparmiatori, di operai che timbrano sempre un cartellino, che non temono la fatica, anzi, più ne fanno più si vantano.

Gente che ha imparato dalla vita a contare su se stessi.

Infatti Zoff “affossa” i suoi secondi, Piloni, Alessandrelli, Bodini – relegati a figure mitologiche la quale esistenza è legata solo alla panchina o negli album di figurine- e non lo fa per cattiveria, solo perché quello di essere a difesa di due pali ogni santa domenica è il suo mestiere, è il suo essere soldato paziente e insuperabile nelle sue montagne in ogni partita.

Già, le montagne friulane.

Sono ripide posti perciò hai bisogno di molto equilibrio e il friulano difficilmente si lascia andare a enfasi e gesti eclatanti o entusiasmi sboccati.

Aspetta, studia, non si sbilancia, rimane essenziale.

Ecco perché Zoff non sarà mai spettacolare come Albertosi ma pratico, quasi noioso nel suo interpretare quel ruolo da solitario.

E solo a traguardo raggiunto, che sia un raccolto oppure una ricostruzione, il friulano si lascia andare, diventa amante della buona compagnia e del buon bicchiere.

Ecco perché non c’è da stupirsi di una foto di Dino Zoff in discoteca ma solo dopo un campionato vinto, oppure seduto a giocare a scopone con una Coppa del Mondo sul tavolo.

Il friulano, però. è anche malinconico, capace di assaporare il frutto del suo lavoro ma perspicace nel sapere che è passeggero, che alcuni momenti sono irrepetibili e forse vanno gustati intimamente.

Ecco perché gente come Zoff e Scirea, che friulano non lo è se non nel carattere, preferiscono rimanere in camera, con i loro pensieri e la loro gioia, da freschi Campioni del mondo.

E di lui, di Dino Mito, rimarranno i silenzi senza polemiche dopo insulti e sospetti per un goal preso, testa bassa a lavorare ancora di più, a ricostruire, riconquistare, come nella storia della sua terra.

E rimarranno le immagini di un friulano tipico: la sobrietà dei gesti e degli atteggiamenti, in una partita rimasta alla storia, dopo aver trattenuto un pallone sulla linea della porta all’ultimo minuto.

Perché in fin dei conti ha solo fatto il suo dovere.

E quel sorriso appena accennato, sobrio ma felice, del contadino che ha portato a termine il raccolto e lo mostra fiero, biondo come l’oro di una Coppa del mondo o un fascio di grano è lo stesso.

Perché Dino Zoff è semplicemente un friulano che ha fatto nella vita quello che va fatto.

Dino Zoff a GliEroidelCalcio … (VIDEO)

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