Le Penne della S.I.S.S.

Don Revie: l’allenatore controverso

Published

on

La storia di Don Revie

La storia dello sport, e del calcio in particolare, è ricca di gradi rivalità sportive, anzi si può dire che proprio queste rappresentano una chiave del successo di questa disciplina. Può trattarsi di rivalità tra giocatori, Gianni Rivera e Sandro Mazzola, Michel Platini e Diego Maradona, quella recente tra Leo Messi e Cristiano Ronaldo; ad accentuare le divisioni molto, se non tutto, creano le contrapposizioni tra squadre, Inter e Juventus, Barcellona e Real Madrid, Boca Juniors e River Plate, e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Sono rivalità che vedono vincitori e vinti a fasi alterne, con i contendenti a scambiarsi di ruolo, ma in ogni caso ognuno necessario all’altro, senza l’uno non esisterebbe l’altro, Bellerofonte che ha bisogno di Chimera per esistere e dare un senso a questa esistenza.

La comparazione più affascinante è data, spesso, dal confronto/scontro delle idee, i modi di vincere possono essere tanti, e tutti validi, se portano al risultato. Nel tempo c’è stata la contrapposizione tra Metodo e Sistema, poi quella tra il tradizionale gioco a uomo e quello rivoluzionario della zona, oggi la “lotta” è incentrata sui cosiddetti “giochisti” e i “risultatisti”, in questo caso focalizzandosi sul “modo” di vincere, e i depositari di tutto questo si identificano in una precisa figura: quella dell’allenatore. Se analizziamo metaforicamente il gioco, traslandolo al livello di una guerra simulata, non si può non paragonare le squadre a piccoli eserciti, e gli allenatori ai loro condottieri, depositari di quelle tattiche, di quelle strategie giuste e necessarie per portare alla vittoria i colori che rappresentano.

Spesso hanno proprio i comportamenti da generale burbero, o scendendo tra la truppa, del sergente di ferro, uno a cui si possono attagliare entrambe queste caratteristiche è vissuto e ha operato in Inghilterra: Donald George Revie, per tutti Don. Egli era nato nell’industriale Middlesborough, città che ha la sua economia fondata sulle industrie siderurgiche, e Don si ritrovò il carattere rude degli operai che poi si portò anche nella sua gestione degli uomini, una rudezza che avrebbe caratterizzato il gioco della sua squadra. Attaccante di discreto livello, ebbe una buona carriera indossando la maglia del Leicester, squadra del suo debutto nel calcio professionistico, proseguendo con quelle di Hull City, Manchester City, Sunderland fino ad approdare al Leeds United, con cui chiuse la carriera di calciatore avviando quella di allenatore, anzi interpretando il doppio ruolo nel suo ultimo/primo anno, il 1962.

Gli esiti di quell’esordio da manager furono quasi disastrosi, la squadra si salvò solo alle ultime giornate, ma Revie capì che quello era il suo futuro, cui si sarebbe dedicato appendendo i classici scarpini al chiodo. Da manager si dimostrò fin da subito un tecnico deciso, all’avanguardia per quei tempi in Inghilterra, creando un vero e proprio “miracolo Leeds”. Fino ad allora questo club, fondato nel 1919, non vantava allori calcistici, navigando nei quartieri anonimi e medio bassi del calcio inglese, e Leeds era nota soprattutto per far parte della contea dello Yorkshire che, contrapposta a quella del Lancashire, dette vita ad una drammatica e intestina guerra dinastica tra il 1455 e il 1485, passata alla storia come Guerra dei Trent’anni o Guerra delle Due Rose.

Questo anonimato calcistico sarebbe durato, appunto, fino all’avvento di Don Revie che puntò sui giovani, conquistando la promozione in First Division nel 1964. Ritornato nella massima serie inglese, sembrava che il destino di Don Revie e della sua squadra fosse quello dei magnifici perdenti, degli eterni secondi, conquistando piazzamenti ma non allori. Intanto, però, i sistemi del tecnico rampante facevano notizia, così come la cattiveria agonistica dei suoi giocatori che spesso andavano oltre i limiti del lecito, tanto da trasformare Elland Road, lo stadio di casa, in una vera fortezza quasi inespugnabile, una sorta di fossa dei leoni dove tutti gli avversari temevano di esibirsi.

Rritornando al discorso iniziale sulla rivalità, contemporaneamente a Revie venne affermandosi la stella di quello che sarebbe diventato un suo acerrimo nemico, oltre quella che può essere considerata la contrapposizione sul campo: Brian Clough. Quest’ultimo, tecnico a sua volta arrembante e per niente conciliante, ingaggiò una vera lotta con il rivale-collega, che infiammò il calcio inglese di quel decennio. In quello stesso periodo per Revie e il suo Leeds iniziarono, finalmente, ad arrivare anche i successi, prima quello internazionale con la conquista della Coppa delle Fiere, antesignana della Coppa Uefa e dell’attuale Europa League, contemporaneamente alla League Cup, nella stagione 1967/1968, primo trofeo indigeno, coronando poi la corsa con la conquista del campionato l’anno successivo.

Seguirono altri piazzamenti e vittorie, come la prima FA Cup, vinta nel 1972 contro l’Arsenal, dopo aver perso la finale con il Chelsea di due anni prima, passata alla storia, oltre che per il gioco emozionante e ricco di capovolgimenti di fronte, anche per l’estrema durezza, in puro stile Leeds. Revie aveva costruito il suo capolavoro guidando con decisione, ma anche con attenzione, quasi da padre di famiglia, un gruppo di giovani che aveva aiutato a crescere fino a diventare campioni. Il canto del cigno venne nella stagione 1973/1974, il Leeds divenne di nuovo campione ma Revie, probabilmente intuendo anche la fine del ciclo, accettò l’offerta della Federazione per guidare la nazionale dei Tre Leoni.

Il periodo, però, non era dei migliori, non gli riuscì di replicare i successi avuti nel club, anche perché i suoi metodi avevano bisogno del lavoro quotidiano con i calciatori, cosa che in nazionale non era possibile. Durò tre anni la sua avventura, poi ancora accettò l’offerta degli Emirati Arabi Uniti, senza successo, chiudendo la carriera in Egitto. Quest’ultimo periodo non rappresentò un passaggio indolore, perché pare che l’accordo con la federazione araba fu fatto di nascosto da quella inglese, tanto da essere squalificato da questa per dieci anni e finendo quasi nell’oblio, oscurato anche dai successi del suo rivale storico, Clough, che intanto portava sul tetto d’Europa il Nottingham Forest vincendo due Coppe dei Campioni, conquistando il trono europeo come non era riuscito a Revie.

Fu ingenerosa la sua chiusura di carriera, ricordato per la rudezza e gli scandali finali, ma egli si era dimostrato un tecnico all’avanguardia, uno dei primi a studiare gli avversari per scovarne i punti deboli. Un tecnico sanguigno e controverso, di cui negli anni è stata rivalutata l’immagine di tecnico anche vincente.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)

più letti

Exit mobile version