Eraldo Pecci ha compiuto settant’anni ed è stato intervistato da Tuttosport. Queste le parole dell’ex giocatore di Torino, Fiorentina, Napoli e Bologna.
L’intervista di Tuttosport ad Eraldo Pecci
“Ci bastava il pallone e si era contentissimi. Ho fatto il mestiere che più mi piaceva, in pratica è come se non avessi mai lavorato: mi sono sempre divertito. Ho faticato, certo, per ottenere quello che ho ottenuto. Ma vedo gente che fatica per mettere da parte i soldi per affittare un campo da tennis e poi faticare di nuovo per giocare… Io faticavo tutti i giorni, certo, ma mi pagavano perché mi divertissi! Sono stato fortunato, sì, anche perché sono sempre capitato in gruppi di ragazzi giovani e bravi che mi hanno aiutato a far bella figura in campo e a crescere umanamente. Eravamo abituati a essere solidali, noi giovani”.
LA SUA CARRIERA
“Se ripenso alla mia carriera, ho vissuto tanti picchi. L’inizio nel Bologna, le prime partite giocate contro quelli che fino al giorno prima erano le mie figurine… Perché se all’improvviso hai davanti a te Suarez o Corso, diventa secondario il risultato… Poi diventi vecchio e trovi tu dei ragazzi che fanno questo mestiere, e ti fanno sentire importante, ti chiedono consigli… Ed è gratificante, credetemi, allargare loro le braccia e aiutarli come un tempo altri fecero con me. Lo sport non è solo cercare di vincere, è anche saper perdere facendo i complimenti all’avversario. Senza buttarti per rubare un rigore la volta dopo, ma cercando di migliorare tu. E ve lo dice uno che ha perso due scudetti con il Toro e la Fiorentina per un nulla…”.
“In questi giorni penso di nuovo tanto a Diego. Il processo sulla morte di Maradona sta facendo emergere cose terribili e il mio cuore è ferito. Io ricordo un amico vero, sempre a disposizione degli ultimi. Chi lo ha conosciuto non può non amarlo. L’ultima volta che lo sentii, mi disse per l’ennesima volta: “Vienimi a trovare, dai!”. Ricordo la mia risposta, per la mia paura di volare: “Diego, quando costruiranno un ponte dall’Europa al Sud America, prenderò l’auto e verrò da te”. Povero Diego, povero amico mio”.
“Il calcio mi ha accompagnato per tutta la vita e io non potrò mai trattarlo male, il calcio. E aggiungo un’altra cosa. Nella vita bisogna anche saper prendersi in giro. In questo arco del mio percorso esistenziale ho visto che i più bravi sono quelli più disponibili e che si prendono meno sul serio. E che non dicono mai io, io, io, anche se potrebbero dirlo un sacco di volte”.
L’Amore per il Torino:
“Chiudo con un sentimento forte per il Toro. Non voglio cadere nella retorica, ho amato tutte le mie maglie, per esempio il Bologna è stato l’inizio e la fine della mia carriera e il mio affetto rossoblù è enorme, ma la storia granata è davvero unica e aver vissuto quel periodo meraviglioso nel Toro di Pianelli con tantissime persone fantastiche rappresenta l’amore, nel mio cuore. Tutti noi, Campioni d’Italia dopo il Grande Torino: società, squadra, tifosi. Il Toro ti resta dentro in modo indelebile. E vorrei anche che fosse rispettato per sempre”.
Fonte: Tuttosport