IL GIORNALE (Claudio De Carli) – […] Un massacro durato quasi quattro anni, mai accertato il numero esatto delle vittime, forse diecimila, ad oggi rinvenute più di 1.700 foibe, chi può scappa e qualcuno ci riesce, calciatori compresi, Erminio Bercarich uno di questi. Istriano, nato nel ’23 nell’italianissima Valdarsa, fa il centravanti nell’Eneo, poi nel Littorio, è alto, grosso, già quasi completamente calvo, gioca nel campionato della Sezione Propaganda del Direttorio Locale di Fiume e successivamente in Prima divisione Venezia Giulia, ma per poco, un paio di stagioni.
Quando l’Italia firma l’armistizio scoppia il caos, Trieste e l’Istria vengono occupate, chi abita in quelle zone deve fuggire, chi si ribella finisce in buca. In tutta Italia vengono allestiti campi profughi, ci sono circa 200mila rifugiati, uno è a Reggio Calabria, la famiglia Bercarich ci arriva nel ’45 e Erminio viene tesserato subito dalla Reggina […] segna di destro e sinistro, tira zuccate che sono sassate, lo pagano a gol, ne fa 66 in 80 partite, costa troppo, lo cedono al Venezia in serie A. La sua carriera un girovagare, con i veneti gioca 14 partite di campionato e segna 4 gol, pochi, troppo pochi per le attese, è ritenuto inadatto per certi livelli e torna in serie C nel Prato dove riprende a segnare a raffica, 27 gol in 29 presenze, ma allora? Nel ’51 lo acquista il Cagliari che ha grandi ambizioni e cerca un attaccante che sbatta giù le difese, le terrorizzi, è sempre serie C ma Bercarich è uno spettacolo, 30 gol in 36 presenze, promozione in serie B con il rito del compenso per ogni rete che prosegue, anzi viene aggiornato. Il presidente del Cagliari Domenico Loi paga subito, Bercarich segna e prima ancora dell’abbraccio dei compagni si dirige verso la panchina dove riscuote, si infila le 5mila lire dentro i calzettoni e poi si concede.
Ma ha una testa tutta sua, fuma come un camino, alcol a caraffe, trascorre più ore al tavolo da poker che in campo, […] gli annidi eccessi si pagano […] si ammala di cirrosi epatica, sta sempre peggio, girovaga con i senza tetto.
[…] è finito senza un’anima attorno, schivato, in un lettino con le pareti sberciate di un ospedale romano con il fegato spappolato.