GLIEROIDELCALCIO.COM (Giovanni Di Salvo) – Dalla maglia numero 9 alla maglia numero 1. Se la maggior parte dei bambini e delle bambine, quando inizia a tirare i primi calci, sogna di giocare in attacco e se finisce in porta mette quasi il broncio, Giorgia Brenzan – di contro – desiderava difendere i pali per impedire alle punte avversarie di andare a rete. E così dopo un promettente inizio come centravanti, caratterizzato anche da un buon feeling con il gol, la calciatrice torinese ha coronato il suo sogno diventando una dei migliori portieri nella storia del calcio femminile italiano.
La sua attività ventennale è stata condita da due scudetti (nel 1993/94 con la Torres e nel 1998/99 col Milan), quattro Coppe Italia (nel 1987/88 col Modena, nel 1990/91 e nel 1994/95 con la Torres, nel 2001/02 col Foroni Verona), due Supercoppe (nel 1998 e nel 1999 col Milan) oltre a numerosi premi individuali.
Con la maglia della Nazionale, invece, ha sfiorato per due volte il titolo europeo (nel 1993 e nel 1997) ed ha partecipato a due fasi finali del Mondiale (nel 1991 e nel 1999).
Come si avvicina al mondo del calcio?
“Inizialmente provai a praticare altre discipline ma la mia passione era per il calcio perché avevo sempre giocato in strada con i maschietti. Così all’età di 14 anni col mio papà decidemmo che ormai era il caso di cercarmi una squadra di calcio femminile dove poter giocare. In quel periodo, era il 1981, il Real Torino giocava in serie A e così entrai nel suo settore giovanile. Devo dire che i miei genitori sono stati molto bravi a sostenermi perché all’epoca era molto complicato per una ragazza giocare a calcio ed avere questa opportunità. In maglia granata esordii anche in serie A. Ricoprivo il ruolo di attaccante, me la cavavo abbastanza bene e realizzai anche diverse reti. L’anno successivo il Real Torino fallì (la squadra piemontese si ritirò a campionato in corso ndr) e così sono passata nella Helios di Aosta.”
Quando matura la scelta di ricoprire il ruolo di portiere?
“Dunque nel 1983 giocavo nella compagine valdostana che militava nel campionato di serie C. Durante quella stagione capitò che alla vigilia di una partita mi venne la febbre e mia madre mi vietò di andare a giocare. La squadra era in difficoltà perché mancavano parecchie giocatrici così l’allenatore mi propose di schierarmi in porta, così mi sarei affaticata di meno visto che ero febbricitante. Giocai così bene, pur essendo la prima volta e non avendo nessun allenamento particolare alle spalle, che il Mister decise di affidarmi il ruolo di portiere. Anzi sarebbe più giusto dire che mi divisi tra attacco e difesa in base alle esigenze: contro le squadre più forti giocavo in porta mentre con quelle più deboli in attacco. Così venni finalmente accontentata. Infatti ero sempre stata affascinata da questo ruolo grazie anche a due grandi personaggi come Albertosi e Zoff.”
Poi come si articola la sua carriera?
“L’anno seguente, durante una partita contro la Juve Piemonte, mi misi in evidenza e così la dirigenza bianconera, tenuto conto che erano stati appena promossi in massima divisione, mi ingaggiò. Dopo un paio di stagioni nella formazione torinese mi trasferii al Modena, dove ho conquistato il mio primo trofeo ovvero la Coppa Italia nel 1987/88, e poi nel 1990/91 andai alla Women Sassari dove al primo anno – da matricola in serie A – vincemmo subito la Coppa Italia. Sono rimasta in Sardegna per sette stagioni vincendo un’altra Coppa Italia, nel 1994/95, e uno scudetto nella stagione 1993/94. Dal 1998 al 2000 ho giocato nel Milan, con cui ho vinto uno scudetto e due Supercoppe, ed infine ho chiuso la carriera nella Foroni Verona. Infatti la mia ultima stagione è stata la 2001/02 dove abbiamo perso lo spareggio scudetto contro la Ruco Line Lazio ai rigori (11 maggio 2002 allo Stadio Romeo Anconetani di Pisa ndr) ma poi ci siamo vendicate nella finale di Coppa Italia in cui abbiamo superato per 1-0 le biancocelesti (25 maggio 2002 allo Stadio Comunale di Senigallia ndr). Così sono riuscita a chiudere in bellezza vincendo un ultimo trofeo.”
Come si svolgevano i suoi allenamenti?
“Da questo punto di vista sono stata fortunata perché fin dal mio approdo alla Juve Piemonte sono stata seguita da un preparatore per i portieri ed ho sempre incontrato persone in gamba che si sono appassionate al settore femminile. Quando sono passata alla Torres ero aggregata ai portieri della squadra maschile che giocava in serie C. Invece durante la mia militanza al Milan andavo ad allenarmi col settore giovanile del Fanfulla perché lì c’era un preparatore molto bravo. Ed anche nel Foroni ho avuto un tecnico molto competente.”
Con la maglia azzurra ha preso parte a due Campionati del Mondo. La prima esperienza è nel 1991 in Cina.
“Esatto, il Commissario Tecnico Sergio Guenza mi inserì nell’elenco delle diciotto convocate ma in quella edizione non scesi mai in campo. Però fu un’esperienza incredibile. Intanto perché si trattava di un paese molto diverso dal nostro. La Cina curava molto la sua immagine e per dare l’impressione che era tutto bello e perfetto avevano pulito le strade e i dintorni. La struttura che ci ospitava era isolata e al di fuori di essa si vedeva in giro tanta povertà. Gli stadi erano molto belli e pieni di gente entusiasta di averci lì e di venire a vederci giocare. Superammo la fase a gironi ma venimmo eliminati ai quarti dalla Norvegia al termine di una partita al cardiopalma.
Nel 2008 facevo parte dello staff tecnico della Nazionale l’Under 19 e non le dico la soddisfazione per aver vinto il titolo continentale superando in finale proprio le norvegesi. È stata una piccola rivincita per le amarezze che avevo subito da giocatrice proprio nel 1991 e poi nel 1993 (le azzurre persero contro la Norvegia la finale del Campionato Europeo che si disputò in Romagna ndr).”
Ed otto anni dopo Lei è il portiere titolare della spedizione azzurra che prende parte al Mondiale ospitato negli USA.
“Quel Mondiale non andò come ci aspettavamo perché avevamo una buona squadra e puntavamo a centrare uno dei posti che davano la qualificazione alle Olimpiadi. Pertanto il risultato finale non fu soddisfacente anche se disputammo sempre delle buone partite. Infatti nella prima gara contro la Germania siamo state raggiunte con un rigore assolutamente evitabile. Poi abbiamo affrontato il Brasile stellare: andiamo sotto, sbagliamo un rigore e poi nel tentativo di rimontare subiamo la seconda rete. Nell’ultima partita col Messico abbiamo vinto ma ormai non c’era più nulla da fare.
Peccato che non abbiamo avuto grandi possibilità di incontrare le comunità italiane negli USA perché è stato veramente un mondiale viaggiante. Abbiamo fatto la prima partita a Los Angeles, poi a Chicago ed infine a Boston: praticamente da una costa all’altra del paese nel giro di pochi giorni. Insomma appena finiva la partita dovevamo metterci in viaggio per raggiungere la sede della gara successiva. Però il calore degli italiani non ci è mancato in occasione degli incontri che abbiamo disputato perché erano sempre presenti in tanti sugli spalti per sostenerci.”
Infine quale è il suo pensiero sulla questione linguistica sorta durante l’ultimo Mondiale relativo al termine più corretto da utilizzare tra portiere o portiera?
“Per carità, meglio dire portiere. Qui parliamo di un ruolo e se è svolto da un uomo o una donna è sempre la stessa identica cosa e quindi, per me, rimane sempre portiere. Io la vedo così. Inoltre, secondo me, ci sono dei termini che linguisticamente e foneticamente suonano anche male, come in questo caso. ”
Si ringrazia Giorgia Brenzan per la documentazione fotografica messa a disposizione
Per chi volesse approfondire l’argomento:
Giovanni Di Salvo “Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile con particolare riferimento a quello siciliano” della GEO Edizioni.
Giovanni Di Salvo “Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista” della Bradipolibri (Prefazione scritta dal CT della nazionale Milena Bertolini)