GLIEROIDELCALCIO.COM (Giovanni Di Salvo) – Dal Duomo di Monreale alla Cattedrale di Guadalajara. Spesso il pallone regala storie bellissime come quella di Liliana Mammina che, quando era poco più di una bambina, volò dalla Sicilia in Messico per disputare, nel 1971, il Mondiale non ufficiale. Da lì in poi la carriera dell’ala sinistra monrealese decollerà e la porterà a conquistare due scudetti e una Coppa Italia. Le sue “armi” migliori erano la velocità e il dribbling associati ad un eccellente fiuto per il gol.
Quando inizia a tirare i primi calci ad un pallone?
“E’ una passione che ho sempre avuto fin da bambina. Ricordo che giocavo per strada con i ragazzi e la domenica andavo all’impianto sportivo di Monreale, per seguire le partite di campionato della squadra locale, e durante l’intervallo scendevo in campo e mi mettevo a palleggiare ed a fare i passaggi con i giocatori della panchina. Poi sono sorte le prime squadre di calcio femminile e nel 1970, a dodici anni, disputai il mio primo campionato con la Sirenetta, che faceva parte della Federazione siciliana (la F.S.G.C.F. ndr), e poi passai alla Montuori, altra formazione palermitana.”
E già nel 1971 approda in nazionale.
“La Federazione siciliana dell’Avv. Patorno si era unita alla Federazione di Torino (la F.I.C.F. ndr) e la Sicilia era stata scelta per ospitare le partite della Nazionale per la fase di qualificazione al Mondiale femminile, in programma nell’estate del 1971 in Messico (seconda edizione del Trofeo Martini & Rossi ndr). Così l’Avv. Patorno mi segnala al Commissario Tecnico Cavicchi: faccio un provino, lo supero ed entro a far parte della Nazionale. Vinciamo il raggruppamento contro Austria ed Inghilterra e così vengo inserita anche nell’elenco delle selezionate per la fase finale.
Fu un’esperienza straordinaria. Avevo tredici anni e mezzo ed ero la più piccola del gruppo e l’unica siciliana. All’inizio ero un po’ spaesata, erano tutte ragazze più grandi di me, che giocavano in serie A e già si conoscevano tra di loro, ma fui accolta bene dal gruppo. Devo dire che poter giocare allo stadio “Azteca”, davanti a tutto quel pubblico, fu qualcosa di indescrivibile.”
Liliana Mammina con la maglia della Nazionale
Dopo l’esperienza messicana come si sviluppa la sua carriera?
“Un passaggio importante avviene nel 1973. In estate, con la nazionale della Federazione presieduta dall’Avv. Patorno (nel settembre del 1972 si era dimesso dalla carica di vice presidente della Federazione unificata e poco dopo ne aveva costituito una nuova ndr), vinco la Coppa Europa battendo in finale per 3-2 la Germania Ovest. Si giocò al “Renzo Barbera” di Palermo: fu una partita speciale perché lo stadio era pieno e davanti alla mia gente siglai una tripletta.
In quello stesso anno la mia famiglia si trasferisce a Torino ed io entro nella Falchi Astro, che era allenata da Cavicchi. In campionato arriviamo seconde ma la stagione è comunque positiva perché vinciamo la Coppa Italia. La società l’anno seguente si trasferisce a Montecatini ed arriva anche lo scudetto. Poi passo alla Juventus, dove milito per due stagioni, e quindi al Padova. Nel 1978 ritorno in Sicilia, a Catania, per vestire la maglia della Jolly Componibili Cutispoti”
Mammina con la maglia della Falchi Astro Montecatini…
Falchi Astro…
e Juventus.
Alle pendici dell’Etna arriva un mitico scudetto, il primo al Sud Italia nonché l’unico mai vinto da una formazione siciliana. Quale fu il segreto di quella cavalcata vincente da neopromossa?
“La Jolly Componibili Cutispoti era stata appena promossa in serie A e il Presidente Angelo Cutispoti era intenzionato a fare una squadra forte. Infatti, oltre me, ingaggiò molte giocatrici di alto livello: Rose Reilly, Rita Pedrali, Mimma Greco, Carmela Summa ecc. Il segreto del nostro successo, forse, fu nel fatto che nessuno ci conosceva, visto che era praticamente una formazione nuova, arrivata dalla serie A Interregionale ma rinforzata con calciatrici rinomate. Inoltre la squadra era molto unita, eravamo quasi una famiglia ed avevamo un pubblico numeroso e caloroso che ci sosteneva. È stato un periodo bellissimo e la vittoria dello scudetto fu veramente esaltante. L’unico ricordo spiacevole è stato l’infortunio al ginocchio, che poi mi ha causato grossi problemi.”
Jolly Cutispoti Catania 1979
In che anno decide di appendere le scarpe al chiodo?
“Dopo la stagione 1979 la Jolly Componibili Cutispoti getta la spugna. Vengo contattata dall’Alaska Lecce ma rinuncio ad andare in Puglia perché avevo deciso di smettere in quanto il ginocchio mi dava troppi fastidi. Pertanto, nonostante fossi ancora giovane, mi ritiro perché per giocare a certi livelli devi essere fisicamente a posto. Dopo qualche anno ripresi, per passione, a dare quattro calci ad un pallone nei campionati regionali e con le Aquile Palermo, nella stagione 1985/86, conquistammo la promozione in serie B. Chiudo definitivamente col calcio giocato all’inizio della stagione 1993/94.”
Tra i portieri più forti che ha incrociato, dovendo sceglierne tre, chi indicherebbe?
“Ritengo che i tre migliori portieri siano stati Wilma Seghetti, Daniela Sogliani e Pina Loritto.”
Invece quali sono stati i tre stadi più belli che ha calcato?
“Lo stadio Azteca, San Siro e il San Paolo (recentemente intitolato a Diego Armando Maradona ndr). Proprio in occasione della gara che giocai a Napoli con la nazionale, il 28 maggio del 1978, il Presidente della Jolly Componibili Cutispoti mi regalò una targa commemorativa. Ricordo che pareggiammo per 1-1 contro l’Olanda ma disputammo veramente una bellissima partita davanti ad un pubblico di oltre quindicimila spettatori.”
Ed a San Siro, il 24 settembre 1974, disputò una delle sue migliori partite con la maglia azzurra. Cosa rammenta di quel match?
“Fu un incontro memorabile. Feci una doppietta alla Scozia, ricevetti i complimenti di Rivera e Meazza e all’uscita dello stadio alcuni spettatori mi rincorsero per avere l’autografo. Insomma una di quelle giornate indimenticabili! Quando rivedo quelle foto penso anche ad Adriano Celentano che entra in campo e a tutta la gente sugli spalti: sono cose che rimangono impresse nella mente.”
Cosa ne pensa del calcio femminile di oggi?
“Le calciatrici che vedo in televisione sono tecnicamente brave ed atleticamente preparate. Però i mezzi che hanno a disposizione sono infinitamente superiori a quelli che avevamo noi: hanno palestre, attrezzature e vengono seguite passo passo nella loro crescita atletica e fisica. Il mio rammarico è che se fossi nata vent’anni fa sarebbero cambiate tantissime cose nella mia carriera di calciatrice.”
Si ringrazia Liliana Mammina per la documentazione fotografica messa a disposizione.
Per chi volesse approfondire l’argomento:
“Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile con particolare riferimento a quello siciliano” della GEO Edizioni.
Sergio Nunzio Capizzi e Roberto Quartarone “Il cielo è rosa sopra il Cibali: Le stagioni del calcio femminile catanese”
“Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista” della Bradipolibri (Prefazione scritta dal CT della nazionale Milena Bertolini)
Ingegnere palermitano con la passione per il giornalismo e il calcio femminile. Autore di due libri: "Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista" e "Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile".