GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Uno dei difensori più iconici nei decenni ’80 e ’90, uno di quelli che si facevano sentire in campo, con quel soprannome che ha finito per segnare una carriera sempre al massimo.
Per l’intervista di oggi il protagonista è un mio conterraneo, cresciuto nel Lecce ed esploso tra Como e Torino. Pasquale Bruno è sicuramente stato un calciatore simbolo dell’epoca d’oro del calcio italiano. Grinta e tenacia erano i suoi mantra, uniti ad un agonismo genuino e quasi senza filtri.
Rompo il ghiaccio con una domanda su quel percorso iniziato sul finire dei ’70, nella sua Lecce, distante pochi chilometri dalla natia San Donato …
“Ho fatto tutta la trafila e per me, facendo il raccattapalle, il sogno è sempre stato quello di esordire con quella maglia. I miei idoli erano quelli che portarono il Lecce in B (Loddi, Montenegro, Lorusso, Loprieno). Poi sono riuscito ad esordire a 16 anni e mezzo, contro il Parma di Cesare Maldini. In campo c’era anche Carlo Ancelotti. Un debutto spensierato, direi. Se non sbaglio marcavo Torresani”.
Il salto nel calcio dei grandi avviene nel Salento, quello che lo porterà alla consacrazione, invece, a Como …
“Esperienza bellissima. Bella, bella, bella perché eravamo maturi e anche spensierati. Spregiudicati e anche seri. Eravamo un gruppo di giovani affamati. Molti, infatti, hanno fatto carriera. Ho avuto allenatori fortissimi: Burgnich, Claguna, Mondonico, Bianchi, Marchesi. Abbiamo anche raggiunto una semifinale di Coppa Italia, quella dell’accendino sull’arbitro. Eravamo a pochi minuti da giocarci la finalissima contro la Roma”.
Poi la svolta, con l’arrivo nella Juventus, squadra di cui era stato da sempre tifoso …
“Il coronamento di un sogno di un tifoso juventino. Mi volle Marchesi anche se, durante la mia esperienza al Como, avevo fatto la Nazionale Olimpica con Dino Zoff e feci due, tre partite interessanti. Credo che i dirigenti mi videro già allora. Anche l’Inter mi voleva, ma scelsi la Juventus. Pensa che dovevo andare alle cinque a firmare con i nerazzurri … mi aspettavano in sede. Invece andai direttamente a Torino e firmai in bianco quasi, senza sapere quanto avrei guadagnato, perché per me era un sogno”.
Tre anni in bianconero per Bruno, segnati anche da gol pesanti …
“Il gol al Napoli in Uefa fu bello ma servì a poco perché fummo eliminati al ritorno. Renica segnò al 120esimo minuto, davanti a forse 120.000 spettatori. All’epoca c’erano ancora le gratinate”.
Dopo Torino sempre Torino, questa volta sponda granata. Un passaggio ai cugini che, all’inizio, non venne visto bene da tutti. Un passaggio voluto anche da mister Mondonico …
“Mondonico era un padre, tanto è vero che Policano mi sfotteva dicendomi di chiamarlo papà. Un grande gestore. Io ero in scadenza, mi volle lui e poi abbiamo fatto tre anni favolosi. Gli inizi furono difficili, perché ero un ex juventino, ma sapevo che li avrei conquistati con il mio carattere. La finale con l’Ajax fa capire cosa sia lo spirito Toro. Siamo stati l’unica squadra che fa una finale europea, prende tre pali e perde. Meritavamo anche noi”.
Il soprannome di Pasquale Bruno, o’ animale, deriva da quel suo modo di stare in campo e dalla sua furia agonistica. Una furia agonistica passata anche attraverso scontri epocali con grandi campioni. Naturale, per me, chiederne un racconto …
“Con Baggio non ci siamo mai amati. Una volta fummo espulsi entrambi. Non c’era feeling. Il balletto di Van Basten nacque, probabilmente, dalla rabbia per la mia marcatura. Poi io feci autogol e lui mi fece quel balletto. Poi Capello lo tolse subito, senza far riprendere il gioco. Io sicuramente avrei reagito, al 100%, e sarebbe finita non bene”.
Capitolo Nazionale, anche se non maggiore. Il Mondiale Juniores, giocato in Australia nel 1981, fu una esperienza unica …
“Bella esperienza dal punto di vista del viaggio ma facemmo male. Perdemmo 4-1 con la Corea, quindi ancora un’altra Corea. C’erano Righetti e Galderisi”.
Concludo con la consueta domanda sui compagni e avversari più forti …
“Ogni domenica c’erano fenomeni. Dirne uno sarebbe uno spreco. Maradona era unico, qualcosa che non so se rivedremo più. E’ stato un dono divino. Per i compagni, con tutti ho avuto un buon rapporto”.
Grazie Pasquale.