Le parole di Massimo De Solda
Massimo De Solda è stato uno dei migliori calciatori cresciuti nel grande settore giovanile del Milan, accanto a gente del calibro di Maldini e Costacurta. Da conterraneo (ci separano soltanto una manciata di chilometri), intervistare Massimo De Solda è per me un grande privilegio. Il nome di questo mitico calciatore brindisino, dal glorioso passato rossonero, aveva sempre conquistato la mia curiosità. Lui, generoso e disponibile, mi racconta aneddoti e dettagli di una carriera ventennale.
Massimo De Solda e gli anni al Milan
Ci racconti i tuoi primi passi nel mondo del calcio?
“La mia carriera è iniziata per caso, nel senso che ho giocato soltanto nei rioni di Brindisi e mai nel Brindisi Calcio. Poi ho fatto la rappresentativa regionale giovanissimi e fui preso da Catuzzi, che allenava la Primavera del Bari. Feci una partita a Pontecagnano e mi vide Francesco Zagatti, ex giocatore del Milan, che mi portò a fare il provino con quella che sarebbe diventata la mia squadra”.
Come furono gli anni alla corte del Milan?
“Era il 1981. Vedevo Rivera, Capello … tutta gente che ero abituato a vedere sulle figurine. Ricordo che il provino lo feci a Milanello e ci ritornai a Luglio, in pianta stabile. Ho sempre avuto Capello come allenatore; il primo anno riuscimmo a vincere il Campionato Berretti, contro in Bari in finale. Lo vincemmo per altri tre anni consecutivi ma io, già dal secondo anno, iniziai a giocare con la Primavera (sempre con Capello). C’erano Ferron, Cimmino, Lorenzini, Maldini, Costacurta etc: un bel settore giovanile. Nella finale di Coppa Italia Primavera giocammo contro il Torino di Vatta … un grande. Al tempo c’erano tanti scopritori di talenti, come Galbiati, Capello etc: i settori giovanili erano diversi da quelli di oggi”.
I rapporti con Fabio Capello
Com’era mister Fabio Capello?
“Per me è stato uno dei grandi personaggi, insieme a Galbiati e Vatta (per citare i già citati), che hanno insegnato il calcio vero. A lui importava insegnare la tecnica, oltre che la tattica. Era duro ma, allo stesso tempo, ci amava. Ci ha tenuto come figli. Se si arrabbiava lo faceva perché voleva che tu facessi delle scelte giuste per te stesso. Un uomo che sembra un burbero ma che è di grande bontà. Per me è stato un maestro di vita, un secondo padre, al pari di Italo Galbiati, che ho amato come lui. A distanza di molti anni mi mandavano ancora i saluti”.
E Maldini e Costacurta?
“Paolo veniva ad allenarsi con noi a Rogoredo. Veniva col padre Cesare: erano di una eleganza e di una cultura fuori dal normale. Belle persone, persone perbene. Il padre lo accompagnava, senza mai intromettersi. Paolo era già molto forte, nonostante fosse di due anni più piccolo di noi. Billy credo sia stato un ragazzo molto intelligente, capace di creare una grande coppia di difesa con Baresi”.
I ricordi con la prima squadra
E della prima squadra, che ricordi hai?
“Io, a 17 anni, già facevo la panchina del Milan, che non era facile farla. Ho un bellissimo ricordo, che condivido spesso col figlio del compianto Italo Galbiati, scomparso l’anno scorso. Italo mi chiamò nella settimana che portava alla sfida contro il Napoli. Era la fine di Marzo del 1984. Mi disse di andare a casa sua perché doveva dirmi una cosa. Arrivato a casa, mi diede la divisa e mi disse che per lui e per Fabio (Capello) era un grande onore e una grande soddisfazione portarlo in panchina per la partita contro i partenopei.
Perdemmo 0-2 in casa, contro quel Napoli in cui giocavano Krol e Bertoni. Poi ne feci altre, di panchine, anche contro Zico, ma non sono mai riuscito ad esordire col Milan. Ricordo che quel San Siro era bellissimo, senza il terzo anello e con il terreno di gioco più lungo di adesso. Si entrava dalla scalinata”.
Le stagioni con le altre maglie
Parentesi Piacenza …
“Piacenza è stata una grande società perché era comandata da Garilli, il presidente al quale hanno intestato lo stadio. Un uomo di una grandissima professionalità aziendale. Loro sono saliti l’anno dopo e vinsero il campionato, mentre io andai a Como in A”.
Come è stato esordire in Serie A, in quel Como in cui c’erano Borgonovo e mister Mondonico?
“Con Stefano c’era un grande affetto. Ho ancora delle foto, mentre ci riposavamo a casa mia durante la pausa tra le due sedute d’allenamento. Era forte: ha saputo sfruttare le sue qualità, in tutto e per tutto. Mondonico era un vulcano: giocammo a Torino contro il Toro e mi disse di entrare e di fare tutto quello che facevo in allenamento, senza paura. Mi diede la numero 10 e mi mise in marcatura su Junior, che mi fece impazzire. In quegli anni c’erano i più grandi: ho avuto la fortuna di vedere Cerezo, Maradona, Zico, Souness. Nel mio Como c’era un certo Claudio Daniel Borghi: era un giocatore eccezionale. A lui ho visto fare cose che non ho visto nemmeno con Maradona. Aveva però la volontà di tornare a casa, in Argentina. Era esageratamente bravo”.
Massimo De Solda e le esperienze col Taranto ed il Casarano
Ci parli degli anni di Taranto e di Casarano?
“A Taranto, il primo anno, siamo retrocessi dalla B alla C. L’anno successivo, dopo aver rifiutato il trasferimento a Messina, abbiamo vinto il campionato con il punteggio di 48 punti (record per la C a 2 punti). Grande squadra, grande società, grande tifoseria. Poi vado a Casarano, dal grande Filograna. Facciamo un campionato di C1 strepitoso e arriviamo terzi, perdendo la possibilità di salire in serie cadetta. Io facevo coppia difensiva con il compianto Totò Mazzarano, in una squadra fortissima in cui c’erano i vari Meluso, Di Baia etc”.
Quali sono stati il compagno e l’avversario più forti?
“Ne ho avuti tanti di compagni che mi hanno insegnato molto: da giovane ho avuto la fortuna di poter imparare dai grandi campioni che avevo in squadra. Come avversario ti direi Hubner e Lunerti della Juve Stabia”.
Grazie Massimo.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)