Capelli lunghi, tecnica strabiliante, una scarsa attitudine agli schemi sia dentro il campo che fuori da esso
Nella storia del calcio italiano, Ezio Vendrame, merita sicuramente un posto di rilievo, nonostante sia stato uno dei più grandi talenti inespressi prodotti dal calcio italiano. La sua figura veniva spesso accostata a quella di un altro straordinario fuoriclasse: il nordirlandese George Best. Giampiero Boniperti, allora presidente della Juventus, accostò la sua figura a quella del grandissimo centravanti argentino Mario Kempes, per la sua acconciatura molto hippy e il suo modo di fare scanzonato. Calciatore, poeta, scrittore e particolarmente insofferente alle regole, Vendrame ha racchiuso dentro di sé tratti sicuramente non tipici per un calciatore, anzi diciamo che era proprio fuori da ogni schema possibile e forse fu proprio questa sua caratteristica a renderlo così iconico. Iconico, sicuramente la parola più adatta per descrivere questo calciatore, che grazie al suo talento sarebbe potuto arrivare a vestire le maglie di Milan, Juventus e Inter ma che scelse da sempre la provincia che sicuramente lo rispecchiava tanto nel suo essere così “popolare”.
Un esempio che sicuramente descrive al meglio questo suo tratto furono le sue stagioni a Vicenza, dove per i tifosi biancorossi, Vendrame diventò il mito indiscusso e uno dei giocatori più ricordati della storia del club. Il mito di Vendrame alla George Best prese corpo con i colori del Vicenza, con cui arrivò a giocare in Serie A, deliziando i tifosi con numeri di alta classe e colpi di testa (in tutti i sensi). La sua insofferenza alle regole lo portò allo scontro diretto con Luis Vicino, allenatore del Napoli, che lo volle fortemente nelle file dei partenopei e questa occasione poteva davvero essere il grande salto di qualità nella carriera di Vendrame ma rimanendo fedele al suo ideale di calcio, unito alla sua visione del calciatore nella società civile, Vendrame non legò mai con Vicino e la sua avventura a Napoli durò solo una stagione. A questa sua “sfortunata” parentesi partenopea, Vendrame, dedicò un libro dal titolo “Se mi mandi in tribuna godo” e in questo libro è racchiusa molta della sua filosofia come calciatore oltre a lanciare una frecciata agli aspetti spesso ipocriti del mondo, del calcio e non solo. Chiusa l’avventura con il Napoli Vendrame venne acquistato dal Padova. Di questa sua avventura, senza ombra di dubbio, uno degli episodi rimasti nella storia, anche per le dinamiche in cui si svolse, fu quando nel pieno della partita, Vendrame, fermò il gioco, prendendo il pallone in mano, per salutarlo pubblicamente, dopo averlo riconosciuto per caso sugli spalti.
La sua carriera agonistica troverà la conclusione intorno al 1981, ormai stanco del mondo sportivo, Vendrame, decise di ritirarsi a vita privata lontano da tutti e tutto nella natia Casarsa della Delizia. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, il George Best italiano, riuscì a trovare rifugio nell’amata poesia che lo aveva accompagnato anche nei suoi anni da calciatore. Così, poesia e scrittura, divennero le sue principali occupazioni che lo portarono a produrre molte opere letterarie. Vendrame uomo e giocatore ha sicuramente incarnato molti tratti Pasoliniani e al tempo stesso sembrava uscito da qualche ballata di Fabrizio De André. Per anni Ezio Vendrame è rimasto lontano dal mondo, lontano dai suoi riflettori, fu Paolo Bonolis, che nel 2005 conduceva il Festival di Sanremo, a chiamarlo nel ruolo di opinionista e riportandolo sul grande schermo.
Nonostante nel calcio non raggiunse dei successi significativi, Ezio Vendrame, diede molto a questo sport, soprattutto nel suo Friuli e la provincia che tanto gli aveva dato. A molti rimase il rammarico di non averlo potuto vedere giocare con delle maglie più blasonate o di veder sbocciare del tutto il suo talento rendendolo uno dei giocatori più forti del calcio italiano. Un animo tormentato e forse proprio per questo motivo amava il cantautore livornese Piero Ciampi, che come lui, era un’anima tormentata e una lingua tagliente. Ezio Vendrame è morto il 4 aprile 2020 nel suo paese natio, nel mezzo della pandemia da Covid-19, mentre tutti noi eravamo in casa per cercare di limitare il diffondersi del contagio, per lui la vita non era cambiata e quella solitudine assimilata al distacco dalla vita sociale che abbiamo, purtroppo, imparato a conoscere in questi ultimi due anni e mezzo, per lui era la normalità e in qualche maniera anche la sua serenità.
Da quasi due anni ormai siamo rimasti orfani di Vendrame, che si faceva intervistare sulla tomba di Pasolini sepolto nella sua Casarsa, per usare una locuzione alla Carmelo Bene “nei miei vuoti io ti penso caro Ezio, perché siamo rimasti in due”. Ultimo particolare e non di poco conto di questo splendido personaggio, quando raccontò del suo unico cruccio della sua vita sportiva riportato nel suo libro “Se mi mandi in tribuna godo”, dove Vendrame ricorda il tunnel fatto al suo idolo, Gianni Rivera, quasi come una mancanza di rispetto verso il grande campione del Milan. Un dispiacere per lui, che ammirava moltissimo il golden boy del Milan, paradossalmente se Vendrame avesse vestito la maglia rossonera avrebbe potuto giocare in coppia con il grandissimo Rivera, ma se avesse fatto questa scelta di vita non sarebbe stato il George Best del Friuli.
Bibliografia
Se mi mandi in tribuna, godo, Pordenone, Biblioteca dell’immagine, 2002
Nato a Livorno il 5 febbraio 1988, si è laureato in "Storia contemporanea" all'università di Pisa, in particolare si occupa di storia dello sport, ha approfondito i filoni di ricerca relativi a questo campo di studi, più precisamente della storia del pugilato italiano e statunitense.
Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.