Fabio Macellari, difensore, tra le altre, di Lecce, Cagliari, Inter e Bologna, ha rilasciato una intervista al posticipo.it, di seguito alcuni estratti:
Lei ha giocato nell’Inter nella stagione 2000-01: che tipo di esperienza è stata?
“Ci sono stato solamente per un anno perché poi ho scelto di andare al Bologna in prestito. Ero arrivato a Milano per andare in Nazionale, ma non ci sono riuscito. Mi voleva Lippi, ma poi è andato via. Quando è arrivato Tardelli io, Pirlo e Zamorano siamo stati messi da parte: l’Inter è rimasta un sogno irrealizzato. Io sono di Sesto San Giovanni vicino Milano e fin da bambino sognavo di giocare a San Siro. Indossare la maglia dell’Inter è stato bellissimo: da giovane scavalcavo per andare allo stadio, da calciatore ho avuto il privilegio di entrarci direttamente dai box”
Lei ha legato molto con Laurent Blanc all’Inter: come mai?
“Quello è il ricordo più bello della mia esperienza a Milano: condividevo con Laurent la maggior parte del tempo. È una persona speciale, ci trovavamo bene insieme. Durante l’anno la psicologa dell’Inter ci chiamava a turno per tracciare il profilo di ciascuno: ci aveva detto che eravamo i giocatori col carattere più forte. Io e lui eravamo sulla stessa lunghezza d’onda […]”
Lei ha giocato anche con Ronaldo il Fenomeno: che rapporto avevate?
“Ho un ricordo bellissimo. Avevamo lo stesso procuratore Giovanni Branchini e quindi ci conoscevamo prima che io arrivassi a Milano. Per me Luis Nazario è una persona speciale ed è il giocatore che mi ha colpito più di tutti gli altri nella mia carriera: poterlo vedere dal vivo tutti i giorni è stato qualcosa di spaziale”
Ronaldo il Fenomeno è il più grande di sempre secondo lei?
“Bisogna fare delle distinzioni. Ci sono alcuni giocatori che per una determinata caratteristica non possono essere battuti da nessuno: Ronaldo il Fenomeno è uno dei dieci calciatori più forti mai esistiti ed è il numero uno per velocità e tecnica, non ho mai visto nessun altro fare le stesse cose. […] Sopra di tutti c’è Maradona”
Dopo l’Inter lei è andato al Bologna dove ha avuto qualche problema anche fuori dal campo: che cosa è andato storto?
“Purtroppo a Bologna mi sono fatto male nel momento sbagliato: dopo la nona giornata mi sono rotto il ginocchio in allenamento e ho dovuto rinunciare alla convocazione di Trapattoni in Nazionale. Da quel momento in poi mi sono lasciato andare[…] quando molli ci vuole un attimo a buttare via tutto. L’inizio era stato fantastico con Guidolin, l’allenatore più completo che abbia mai avuto. È stato stupido buttarmi in tutt’altra vita, questi errori si pagano. Col senno di poi cambierei qualcosa, ma non si può”
Pensa che il mondo del calcio sia troppo duro nei confronti dei giocatori che hanno fatto uso di cocaina? Le punizioni andrebbero riviste?
“No, secondo me no. Ognuno è responsabile delle sue azioni e sa già a cosa va incontro e cosa deve pagare. C’è chi è stato radiato, io ho scelto di smettere prima ad alti livelli: ho pensato che non era più il caso di andare avanti […]”
Ha un ricordo particolare legato al presidente Cellino?
“Sì, un giorno è arrivato con una Mercedes ad Assemini e gli ho detto che era una macchina bellissima, che però non gli serviva davvero ed era buona per uno sbarbato come me. Mi ha detto che poteva vendermela, io gli ho risposto che costava troppo per me. La domenica successiva avevamo una partita in casa e ci bastava una vittoria per vincere il campionato: lui mi ha detto che se ce la avessimo fatta mi avrebbe regalato la macchina. Abbiamo vinto e lunedì mi ha chiamato Angelo Napoli, il custode del Sant’Elia, per dirmi che dovevo passare a ritirare il Mercedes” […]
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