GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Quando si dice … essere predestinati
Calciatori quasi dei, cresciuti con i connotati del campione prima ancora di diventare ragazzi. Ce ne sono stati tanti di casi emblematici nel calcio italiano, partendo dal Golden Boy Rivera, passando per Totti, Mancini, Maldini, Morfeo etc etc etc.
Molti si sono persi nella rigidità delle regole, altri hanno avuto sfortuna, altri ancora hanno saputo mantenere l’enorme attesa.
Anni fa guardavo un documentario molto interessante, “Zero a Zero” di Paolo Geremei; grazie a quello spaccato di vita raccontata, avevo potuto osservare la cruda verità che si cela dietro al mondo del pallone, il treno del successo che passa via quando si ha quasi la certezza di averlo raggiunto.
E poi, d’improvviso, la tristezza per un sogno sfuggito, per le speranze disattese, per la gloria che svanisce.
Oggi il soggetto del mio articolo è un ragazzo che però ce l’ha fatta, uno di quelli che ha saputo mantenere le enormi attese, conquistando tifoserie e platee grazie ad una classe cristallina.
Nel 1988, una prima pagina della Gazzetta dello Sport ebbe come protagonista un piccolo fenomeno fiorentino. Di nome faceva Francesco, di cognome Flachi. Un furetto di 13 anni, veloce, tecnico e rapido, capace di segnare 200 gol nonostante la giovanissima età. Le attenzioni del calcio italiano erano tutte concentrate su di lui. Una corsa al rialzo per assicurasi le future prestazioni sportive di un talento come pochi.
In lizza c’erano, naturalmente, Inter, Milan e Juventus, con il Napoli di Maradona deciso ad affondare il colpo finale grazie all’interessamento di Moggi in persona (con la sua promessa di una tre giorni partenopea, impreziosita da maglia del Pibe e gagliardetto in omaggio).
C’era chi lo paragonava a Paolo Rossi, per quella sua estrema capacità di andare in porta (quell’anno aveva segnato 30 delle 53 reti totali della sua squadra); chi, come suo nonno, raccontava di spettacoli a base di palleggi, a soli due anni, davanti al pubblico dell’ippodromo.
Un’attenzione spropositata, quasi come quella un tempo destinata a due assoluti portenti come Rivera e Mancini.
Alla fine Flachi decise di seguire la strada del cuore, rimanendo nella sua Firenze. Anni dopo sarebbe diventato idolo della Samp, in un carriera fatta di ascese, cadute veloci e risalite.