GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
“Lascio un calcio falso, sporco e ipocrita”
Con quella faccia un pò così e quel caschetto un pò così.
Davide Fontolan da Garbagnate Milanese, classe ’66, figlio di una generazione di fenomeni capace di portare il calcio italiano a comandare il mondo pallonaro.
Una viso da bravo ragazzo sopra un carattere da uomo duro e schietto. Una grande visione di gioco e qualche bizza di troppo in campo.
A Fontolan la carriera ha riservato le gioie delle vittorie, le delusioni delle esclusioni sul filo di lana, gli svenimenti in campo, le espulsioni assurde.
Il Parma di Sacchi lo aveva lanciato nel grande calcio nella stagione ’86/’87, in quel campionato di Serie B vissuto con la presunzione, fondata, di una promozione al primo colpo. Richiesto dallo stratega di Fusignano, il buon Davide arrivò ad un passo dalla Serie A, a soli 3 punti dai posti importanti per giocarsela.
Dovrà aspettare un altro triennio prima di approdare nel gota italiano. L’Udinese lo avrà tra le sue fila soltanto per una stagione, cedendolo al Genoa appena salvatosi da una clamorosa retrocessione in C. Sarà Franco Scoglio a condurlo lungo una stagione entusiasmante, conclusa con 7 reti all’attivo e con una promozione in A tanto inaspettata quanto meritata.
Di quella formazione, costruita con passione dal vulcanico presidente Spinelli, Fontolan sarà l’uomo chiave anche nel 1990, l’anno che portava al mondiale. 32 presenze e 10 gol totali … roba da fare gola a molte squadre di primissima fascia.
E infatti se lo prende l’Inter, per 10 miliardi e mezzo; mica pizza e fichi. Su quel biondino Pellegrini puntava forte. E infatti, ad Appiano, ci rimarrà 6 anni. Un periodo che lo porterà a conquistare due Coppe UEFA, la seconda vissuta da protagonista e conquistata con i galloni del leader.
Lascerà Milano per vivere quattro anni di passione sportiva in quella Bologna che accoglieva e rinvigoriva campioni. Con la maglia rossoblu sfiorerà soltanto un altro trofeo internazionale, fermato dalla sfortuna e dall’esperienza dell’Olympique Marsiglia. Peccato, sarebbe stata l’ennesima finale tutta italiana contro la squadra che seppe lanciarlo un decennio prima.
Fontolan, per un ragazzo cresciuto negli anni ’90, è uno di quei giocatori simbolo di un periodo indimenticabile. Un calciatore iconico, con un caschetto biondo difficile da trovare, con quell’area da “guascone” geniale, dal carattere pungente. Un mito che arrivò a sfiorare il Mondiale del ’94, salvo poi essere escluso dalla lista finale; forse l’unico giocatore, di sempre, ad essersi guadagnato una espulsione per una lite con un compagno di squadra; uno talmente attaccato ai colori da “svenire” per un calo di zuccheri in finale di coppa; uno che arrotolava i calzettoni lungo gli iconici parastinchi, simbolo di un calcio un tempo poco avvezzo alle lusinghe dell’apparenza.