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Franco Causio: il barone

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La carriera di Franco Causio

Franco Causio da Lecce, nato il primo febbraio 1949. Da ragazzo fa anche il garzone di bottega da un barbiere. Inizia nelle Giovanili della squadra della propria città già nel 1963 e nella stagione 1964 – 65 gioca, ancora per i salentini, le prime partite in “C”. Le disputa perché la prima squadra non riceve stipendi da mesi e così in campo vengono mandati gli allievi. Causio può conoscere un tecnico che gli fa da maestro, Attilio Adamo.

Casualmente, una delle partite in cui è impiegato è contro la Sambenedettese, dove l’anno dopo, ancora in terza categoria, Causio andrà a militare, perché, per intanto, l’allenatore della squadra marchigiana, Alberto Eliani, ne viene colpito osservandolo da avversario, e lo richiede. Viene notato dagli osservatori del Torino e della Juve. Fa provini anche con l’Inter e con il Mantova, dove Cadè ne rimane entusiasta.

Riguardo al Torino, Bearzot, vice allenatore granata che lo apprezza già da ragazzino, lo vorrebbe in squadra, ma i dirigenti più in alto lo considerano ancora piccolo o gracile. Per la Juve dell’allora presidente Vittore Catella lo visiona e lo apprezza Luciano Moggi, ancora capo stazione, ma già osservatore per conto dei bianconeri. Così, scartato dai granata, nel 1966 arriva la chiamata della Juve, che nella stagione ’66 – ’67 vince un incredibile scudetto con una squadra definita operaia e che comprendeva Stacchini, che veniva dal Cesena,

Dell’Omodarme, proveniente dalla Spal, De Paola, ex Brescia, Favalli con passato nel Palermo. Altri giocatori Luigi Simone, lo spagnolo Dal Sol, Sandro Salvadore. In quella stagione Causio non disputa alcuna partita. Esordisce in “A” nel campionato ’67 – ‘68 il 21 gennaio 1968 in un Mantova -Juventus. Piuttosto emozionato, Causio riceve consegne dell’allenatore Heriberto Herrera di giocare da ala destra, in sostituzione di Erminio Favalli, benché portasse la maglia numero “8”. In quella stagione nessun’altra presenza in “A”.

Segue qualche campionato con le maglie di Reggina e Palermo, giusto per farsi le ossa. In Calabria milita in “B”, a Palermo gioca in “A” e si fa conoscere. A Reggio trova come allenatore Armando Segato, che gli dà una dimensione tecnica e tattica, Palermo trova Carmelo Di Bella che lo forgia nel carattere. Alla Juve ritorna per la stagione 1970 – 71, con allenatore Armando Picchi, che lo chiama maestro, come aveva fatto solo con Corso, e che in quella stagione lo toglie dal mercato, facendogli giocare una partita contro il Milan.

La Juve, con Allodi tecnico e Boniperti nuovo presidente, è in rifondazione. Arrivano giocatori nuovi come Capello, Spinosi, Marchetti o Haller, da cui Causio riconosce di aver imparato tanto, pur essendo dotato di un grande dribbling e pur non mancando “naturalmente” di senso del gol. La consacrazione per il giocatore leccese è il 23 aprile 1972: tripletta all’Inter e scudetto, superando il Torino. Dei sei scudetti vinti alla Juve, quello del ’72 è il più sentito da Causio il 29 successivo debutto in nazionale, sostituendo, durante una partita contro il Belgio, Domenghini. In Nazionale può vivere la delusione del mondiale del ’74, con un fallimento, malgrado fosse disponibile uno squadrone, ma quello che mancava era un capo vero che decidesse.

Con Bearzot, suo estimatore da sempre, Causio diventa un pilastro della nazionale, essendolo nel frattempo diventato nella Juve. In bianconero vince titoli con Vycpalek, con Parola, con Trapattoni, chiamato nel ’76 ancor giovane a dirigere il settore tecnico. Per la Juve era una sorpresa, come lo era stato Picchi nel ’70.

E Causio può vivere l’anno d’oro del ’77, con una squadra tutta italiana che vince un titolo dei record e la prima Coppa Europea. Per Causio è una rivincita, dopo le brucianti sconfitte con il Leeds e l’Ajax anni prima. Altra soddisfazione è il mondiale del ’78 che Causio ha ritenuto sempre si potesse vincere.

A proposito di questa competizione iridata, si è sempre discusso se Bearzot avesse fatto bene durante la partita contro l’Olanda, e con gli azzurri temporaneamente in vantaggio, a sostituirlo con Claudio Sala per farlo riposare in vista della preventivata finale. Poi l’Italia perde. Nello stesso anno 1978 lo cerca il Napoli, ma non se ne fa nulla.

Nel ’79 la soddisfazione di vincere la Coppa Italia segnando il gol decisivo nei supplementari della finale contro il Palermo. Nel 1981 la discussa cessione all’Udinese: Trapattoni, che già talvolta lo aveva sostituito durante il campionato 1980 – 81, probabilmente ritiene fosse necessario un ricambio generazionale.

Non volendo la Juve cedere il giocatore leccese a una concorrente diretta per lo scudetto, Causio viene dirottato a Udine. Un errore quello dei bianconeri vendere Causio, per giunta per quattro soldi, anche perché chi lo doveva sostituire in lunga prospettiva, Fanna o Marocchino, verrà ceduto pochi anni dopo, per un motivo o un altro.

A Udine Causio è protagonista di un’annata eccezionale e si guadagna sul campo i galloni per poter essere convocato fra i 22 giocatori che avrebbero disputato i mondiali di Spagna. Bearzot non lo perde mai di vista, lo stima, ma gli chiede di rispettare le gerarchie: il titolare sarà Bruno Conti, romanista uno degli “uomini nuovi” della nazionale, Bruno Conti, esordiva in maglia azzurra durante la gara contro il Lussemburgo nell’ottobre del 1980, sia pure a match inoltrato.

Il romanista, che Pelé avrebbe individuato come il miglior giocatore di Spagna ’82, entrava al posto di Altobelli al minuto 66’. Conti, anni prima, ancora giovanissimo, era stato “bocciato” da Helenio Herrera, quando questi era stato allenatore della Roma, perché ritenuto oltremodo basso.

Era anche stato un prodigio del baseball, chiamato addirittura a giocare negli Stati Uniti, circostanza che non si materializzò per l’opposizione del padre. Seppur piccolo, ma compatto, era dotato di un dribbling pauroso ed era scattante come pochi; e sotto la guida di Liedholm aveva migliorato i propri mezzi, diventando, come tornante, spalla ideale per i centravanti.

E con Liedholm aveva acquisito quella continuità di rendimento che gli era mancata durante la militanza nel club del Genoa: ma forse a Genova non aveva dato o non aveva potuto dare il meglio di sé, inducendo così i dirigenti della società ligure a rimandarlo nell’amata Roma. Benché mancino, era capace di operare da ala destra. Un tornante completo, il migliore che abbiamo avuto in Italia.

Avrebbe scalzato Causio come titolare, approfittando anche delle sue forzate assenze per causa di una squalifica di questi a seguito dell’espulsione rimediata nella partita contro il Lussemburgo. Ma Conti si era imposto già come la migliore ala italiana di quel periodo e Causio ne avrebbe preso atto. Anzi, avrebbe dimostrato amicizia nei confronti di Conti, dispensandogli consigli durante il mondiale del 1982. In particolare, relativamente alla partita da disputare contro l’Argentina il 29 giugno, Conti doveva sorvegliare Tarantini, di cui si predicava una certa pericolosità in caso si fosse affacciato nell’area azzurra.

E Causio, che aveva alle sue spalle una certa esperienza contro l’Argentina, avendola affrontata nel mondiale del ’78 e nell’amichevole del ’79, nel corso della quale aveva segnato un gran gol al volo, dopo essersi “bevuto” proprio Tarantini, poteva prodigarsi in consigli nei confronti di Conti. Riportando quanto scritto da Trellini, i consigli di Causio al fine di addomesticare Tarantini suonavano così: “mettigli la museruola, fargli sentire che nei tackle non tiri la gamba indietro neanche tu. Resta nella trequarti, lo freghi in velocità, lo stordisci di dribbling: rischierai qualche calcione, ma vedrai che priverai Zoff e la difesa di un bel rischio. Dopo un po’ si incollerà a te, gli passerà la voglia di andare a cercare fortuna in attacco”. Ma Causio riferiva anche di Passarella, mettendo in guardia il romanista: “se ti tocca la caviglia alla sua maniera, sei fritto”.

Peraltro, da queste parole si potrebbe dedurre che tra i due non vi fosse quel dualismo di cui in quel periodo scrivevano i giornali. Del resto, Causio successivamente avrebbe messo in chiaro che non vi era nessuna lotta per la maglia con Conti, che il titolare era il romanista e che egli era a disposizione, pronto a dare una mano sia a Conti che alla squadra tutta. Addirittura, in un certo senso faceva da fratello maggiore: nel pullman che trasportava la nazionale allo stadio per l’incontro con l’Argentina, Conti fumava nervosamente. Causio gli avrebbe tolto la sigaretta di bocca, calmandolo: “Sai con chi giochi, chi ti affronterà, cosa c’è in palio. Scalmanarti adesso non serve, fallo in campo”. Quest’armonia non poteva che fare felice Bearzot, che avrebbe compensato Causio facendogli giocare gli ultimi scampoli della finale iridata contro la Germania Ovest.

Una sorta di Oscar alla carriera. Dopo, ancora qualche anno a Udine con Zico e con allenatore Enzo Ferrari, suo compagno ai tempi del Palermo. Nell’’84 all’Inter, voluto anche dal direttore sportivo Dal Cin, conosciuto a Udine, ma gli anni passano e non è tutto come prima. Nel 1985 – 86 nella squadra di casa del Lecce, stavolta in “A”: la sua ultima partita, in massima serie, il 27 aprile 1986, contro la Juve (quasi un segno del destino). Per chiudere, due stagioni a Trieste in cadetteria.

GLIEROiDELCALCIO.COM (Francesco Zagami)

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