Gabriel Omar Batistuta: il Re Leone
Il calcio italiano è alla ricerca disperata di una via di fuga per continuare a resistere alla globalizzazione mondiale – non soltanto economica – che attanaglia, anche, lo sport più amato dagli italiani. La sentenza Bosman – parere personale – ha contribuito e, non poco, ad abbassare il livello generale del calcio italiano; verdetto che ha impedito alle varie leghe continentali di porre un tetto al numero di stranieri alle squadre di club. Detto questo, da oltre dieci anni a questa parte, la Serie A non è più il campionato più bello, affascinante e difficile del mondo. È un vero peccato per tutti gli appassionati della massima serie italiana. Negli anni ’90, fino ai primi anni 2000, tutti i calciatori più forti del pianeta sognavano di giocare in Serie A. Lo hanno realizzato campionissimi del livello di Ronaldo Luís Nazário de Lima, Cafu, Savicevic e Zidane.
Oggi è cambiato praticamente tutto, purtroppo, livellando il campionato di calcio italiano verso il basso. La Premier League va per la maggiore, anche, grazie a numerosi investitori esteri. Il divario col calcio inglese sembra attualmente incolmabile, sotto tutti i punti di vista, per il movimento calcistico del bel Paese. Non c’è confronto, la Premier vince a mani basse contro la Serie A. È un grandissimo smacco, soprattutto, per chi era abituato a primeggiare in Europa e nel Mondo. Detto ciò, per Gli Eroi del Calcio, vorrei raccontare l’epopea calcistica di un grande campione del passato, collocabile storicamente nei meravigliosi anni Novanta.
Gabriel Omar Batistuta
Batistuta ha giocato in Italia dal 1991 al 2003 passando da Firenze, Roma e, infine, Milano sulla sponda nerazzurra del Naviglio della Martesana. Classe 1964, di nazionalità argentina, Gabriel Omar Batistuta è considerato uno degli attaccanti più forti della sua generazione. Non solo: per lo scrivente, l’ex numero 9 della viola è il centravanti più forte dell’Argentina di tutti i tempi. Secondo marcatore di sempre con 54 reti in 77 presenze con la maglia albiceleste. Al primo posto c’è Lionel Messi, l’ultimo Semidio sceso sulla terra dopo D10S, con 102 reti in 174 presenze.
Con la Nazionale argentina, Batistuta ha vinto 2 Coppa America (1991-1993), 1 Confederations Cup (1992) e 1 Coppa Artemio Franchi (1993). Di contro, il forte attaccante argentino, non ha mai vinto il Mondiale, ma forse l’avrebbe meritato se, il Dio del calcio, Maradona non fosse stato squalificato per doping – positivo alla cocaina – durante il campionato del mondo in USA 1994; tra i convocati dell’Argentina c’erano campioni assoluti del calibro di Ortega, Caniggia, Redondo, Simeone, Balbo, Sensini, Maradona e, appunto, il venticinquenne Batistuta in grande spolvero.
Contro la Grecia, all’esordio del Mondiale (Girone D), Maradona prese per mano l’Argentina e, con la sua classe immensa, condusse Batigol verso una tripletta storica. Indimenticabile l’esultanza di Diego, a favore di telecamera, dopo il bel goal realizzato di sinistro. Contro gli ellenici gli uomini del C.T. Alfio Basile disputarono una partita sontuosa e praticamente perfetta sotto tutti i punti di vista; dopo i greci, l’Argentina di Maradona si candidava seriamente alla vittoria finale della competizione iridata.
L’Argentina ai Mondiali Americani
La trequarti albiceleste era realmente mostruosa costituita da Balbo, Maradona e Caniggia. In panchina, Ariel Arnaldo Ortega era la prima scelta di Basile. Il Re Leone giocava punta centrale. Sulla mediana di centrocampo, invece, c’erano Diego Simeone e Fernando Redondo a garantire quantità e qualità nella zona nevralgica del campo. Era una signora squadra quell’Argentina, soprattutto dalla cintola in su; insomma, non aveva nulla da invidiare alla Nazionale brasiliana che, alla fine della competizione iridata, divenne meritatamente campione del mondo, vincendo ai rigori, a spese dell’Italia di Roberto Baggio un altro grande numero dieci del passato.
Apro e chiudo una piccola parentesi storica. Diego fu umiliato dalla FIFA. Venne fatto per vendetta a causa di alcune dichiarazioni polemiche rilasciate dal Pibe de oro, alla stampa, qualche giorno prima che iniziasse il Campionato mondiale americano. Inoltre, Diego – nonostante la guerra fredda fosse finita da un paio di anni – era un personaggio molto scomodo per la sua posizione a favore di Cuba, contro la politica imperialistica degli USA.
La vittoria dell’Argentina – con Diego in squadra tutto era possibile – avrebbe destabilizzato i vertici del mondo del pallone e non soltanto; verosimilmente, avrebbe messo in cattiva luce la politica estera degli Stati Uniti d’America agli occhi del Mondo. Insomma, il più grande calciatore – forse – della storia del calcio fu utilizzato, soprattutto, come strumento di marketing allo scopo di accendere i riflettori sul calcio a stelle e strisce. Svolto il suo ingrato compito, nonché vittima sacrificale del sistema, Maradona non serviva più alla causa della FIFA; venne trattato peggio di uno straccione e buttato fuori dal Mondiale americano con l’ingiuria del doping.
Firenze (Canzone triste)
Forte fisicamente, a Firenze, Batistuta ricordava un Dio pagano con i capelli lunghi indorati dai primi raggi solari del mattino; dotato di un tiro potente che non lasciava scampo al portiere avversario. Gabriel Batistuta è stato il prototipo del centravanti perfetto che fa reparto, praticamente, da solo. Devastante fuori e dentro l’area di rigore avversaria. Un repertorio assai completo quello del numero nove argentino; dal colpo di testa, al tiro potente da fuori aria, fino al calcio di punizione che era la specialità della casa della punta argentina. Buona tecnica di base; bravo a smarcarsi dalla marcatura asfissiante dei difensori avversari. Montero, Aldair, Blanc, Maldini, Thuram, Kohler e Baresi tanto per citarne alcuni tra i top difensori degli anni Novanta.
Gabriel Omar Batistuta: un attaccante immarcabile
Praticamente, Batistuta era immarcabile nell’area piccola di gioco; in grado di segnare in tutti i modi possibili e immaginabili. Prolifico sotto porta tanto da guadagnarsi il soprannome di Batigoal. Giocatore potente con lo spirito di un predatore della Savana sempre in agguato e a caccia della sua vittima predestinata.
Il forte attaccante argentino è un eroe del calcio, un’atleta che non si risparmiava in campo e non si sottraeva mai alla battaglia anche contro il nemico più agguerrito e attrezzato. È il secondo marcatore All Time della Fiorentina con 207 reti in partite ufficiali; alla prima posizione c’è Kurt Hamrin, l’uccellino svedese con un bottino di 208 reti. Nel capoluogo toscano, Batistuta ha vissuto nove stagioni da Maddalena penitente perché non ha vinto nulla, o molto poco, nonostante le sue grandi qualità umane e tecniche. Col senno di poi – la qualità principale dei perdenti – avrebbe potuto vincere altrove, magari, alla corte della Juventus o in quella del Milan. Batistuta poteva, tranquillamente, giocare titolare al Real Madrid; e perché no? Essere l’erede naturale di Hugo Sánchez in coppia con Emilio Butragueño o Raúl González Blanco.
Gabriel Omar Batistuta: la forza della fedeltà
In quella scelta di cuore di restare fedele al capezzale di Firenze – solo apparentemente priva di bellezza – c’è il fascino di un grandissimo campione che si è elevato spiritualmente al gioco stesso del pallone, mettendo da parte i propri interessi personali a favore di quelli più nobili di squadra. Di conseguenza, il Re Leone è diventato un’icona mondiale e quindi un essere speciale e immortale. Omar Gabriel Batistuta non può essere collocato banalmente o “brutalmente” nella categoria dei calciatori “normali”. Egli rappresenta molto di più; Batistuta è una forma d’arte ridotta ai termini più essenziali.
Batigol negli anni Novanta è stato un genio assoluto del pallone, costantemente in fuga da Firenze nell’immaginario collettivo. A volte vittima di sé stesso, altre carnefice come lo sono tutti i grandi uomini della storia. Per un periodo di tempo piuttosto lungo per un calciatore, il Re Leone è stato legato alle catene di un domatore e rinchiuso più o meno volontariamente nella gabbia dorata di Firenze. Una condizione solo all’apparenza gratificante per il bomber argentino, ma col tempo limitante per un predatore d’area di rigore seriale col killer instinct.
Era dotato di una potenza unica
Un calciatore col cuore da Leone, uno sportivo col fisico bestiale sorretto da due ginocchia fragili come il cristallo. Un’atleta praticamente perfetto che ha vissuto per il brivido di gonfiare la rete e incarnando, nell’immaginario collettivo, la forza, l’eleganza e il coraggio del leone. Anzi, egli, all’Artemio Franchi di Firenze era il “Re Leone”. Tante sono le qualità calcistiche di questo magnifico esemplare di bestia pallonara; non soltanto la folta chioma che riportava alla memoria la grande bellezza della migliore gioventù; Batistuta è incluso nella classifica dei dieci calciatori col tiro più potente al mondo.
È stato capace di calciare e dare al pallone una velocità di 106 km/h; come quando il 27-10-1999, in Champions League contro l’Arsenal, Batistuta disintegrò Seaman con un destro fulmineo all’incrocio dei pali. Preludio e fuga per la vittoria di un campione meraviglioso, senza tempo, nel tempio del calcio di Londra, il mitico Stadio di Wembley.
Serie B
Tanto era forte il legame con la maglia viola che dal Paradiso della Serie A, Gabriel Omar Batistuta scese fino all’inferno con un biglietto di sola andata. Stagione 1992-1993, la viola retrocedeva in Serie B malgrado le 16 reti messe a segno dal forte centravanti argentino. Fu un terribile naufragio per il popolo fiorentino. Il Re Leone, però, non abbandonò mai la nave viola in tempesta, anzi – dopo un’iniziale e umano scoramento – con la sua classe la condusse fino al porto più sicuro il più lontano possibile dalla serie cadetta. L’inferno sul rettangolo di gioco per un calciatore di Serie A, lasciandosi alle spalle numerose nuvole nere cariche d’acqua.
In Serie B, Gabriel Batistuta è stato il faro che ha illuminato per ore, giorni, mesi, la lunga e travagliata notte dei tifosi viola. Nella stagione 1993-1994, il livello della Serie B era molto alto. Ci giocavano grandi calciatori, tra cui Batistuta, Toldo, Vieri, Inzaghi, Chiesa, Hagi, Agostini, Bierhoff ed Effenberg. Al timone della Fiorentina, per risalire più velocemente la china, fu chiamato il Sir. Claudio Ranieri, l’uomo che farà della sua normalità una virtù da gustare fredda anche quando fuori ci sono 35 gradi. Sedici le reti totali di Batistuta in Serie B. La Viola chiuse il campionato prima in classifica, anche grazie al suo bomber, risalendo velocemente dagli inferi della Serie B verso la promozione in Serie A.
Batistuta ha indossato la maglia viola per ben nove stagioni, segnando una caterva di goal. Nelle prime quattro stagioni, la Fiorentina ha raggiunto la parte destra della classifica conquistando due dodicesimi posti (1990-1991 e 1991-1992), un sedicesimo (1992-1993) e un decimo posto (1994-1995). Nelle successive cinque stagioni la squadra viola diventò una delle sette sorelle della Serie A: quarta (1995-1996), nona (1996-1997), quinta (1997-1998), terza (1998-1999) e settima (1999-2000).
La stagione più bella
Stagione 1998-1999, quando il forte centravanti argentino trascinò la Fiorentina al terzo posto in classifica con 21 reti e un centinaio di morti “virtuali” a seguito della sua mitragliatrice – l’esultanza più iconica di Bati dopo una rete – il marchio di fabbrica del campione argentino.
Era la Fiorentina di Giovanni Trapattoni che sfiorò l’impresa di vincere il campionato, dopo essere stato primo durante tutto il girone d’andata. Progetto soltanto sfiorato dagli uomini del Trap a causa dell’infortunio di Batistuta, i capricci di Edmundo alle prese col Carnevale di Rio e la panchina corta della viola.
Con la Fiorentina, Batistuta ha vinto 1 Campionato di Serie B (1993-1994), 1 Coppa Italia (1995-1996) e 1 Supercoppa Italiana (1996).
Lo Scudetto con la Roma
Dopo una vita calcistica passata a Firenze, per provare a vincere lo scudetto, Batistuta decise con la morte nel cuore di lasciare il capoluogo toscano. L’argentino deciso di accettare la corte del presidente Sensi e di trasferirsi alla Roma. Il proprietario del terzo e ultimo tricolore dei giallorossi – per rinforzare la spina dorsale lo acquistò assieme a Walter Samuel (The Wall) ed Emerson (il Puma). Al soldo della squadra capitolina, l’attaccante si trasformò da Maddalena penitente in un virtuoso suonatore di liuto con uno spartito di 20 goal realizzati in stagione (2000-2001).
Marcature che aiutarono i giallorossi a vincere il tricolore. In giallorosso ci rimase appena due stagioni e mezzo. Durante l’esilio vincente nella Capitale non dimenticò mai i suoi ex tifosi: “Scorrete mie lacrime”, disse il Re Leone dopo il goal realizzato alla sua ex squadra. Marcatura decisiva per la vittoria della squadra di Capello sulla Fiorentina.
Nella prima stagione con la maglia giallorossa, il campione argentino fece vedere tutto il suo grande repertorio. Come quando, il 19 novembre 2000, in Verona-Roma, Il “Re Leone” distrusse praticamente la porta dei veronesi con un siluro terra aria da calcio di punizione dal limite. Quella di Batistuta non era una gamba protesa verso il pallone. Era una Katana nelle mani di un esperto spadaccino giapponese capace di tagliare un’anguria in due parti perfettamente uguali con un solo colpo. Nulla potette Fabrizio Ferron, uno dei portieri più forti della Serie A, che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Oppure, quando, Il 29 aprile 2000, Batistuta metteva la sua firma d’autore sul match più importante della stagione, il derby capitolino. Del Vecchio crossava dalla sinistra e Batistuta al volo di esterno destro batteva un incolpevole Angelo Peruzzi.
Il saluto al calcio
A gennaio 2003, il Re Leone venne ceduto in prestito con la massima soddisfazione di un ingrato Presidente Sensi. Con i nerazzurri, però, non incise anche a causa di diversi infortuni. All’età di 34 anni, dopo aver dato tutto in campo e al calcio italiano, Batistuta decise di chiudere la carriera in Qatar all’Al-Arabi Sports Club.
Tredicesimo marcatore di tutti i tempi della serie A con 184 reti siglate (152 Fiorentina, 20 Roma e 2 Inter). Capocannoniere della Serie A con 26 goal nella stagione 1994-1995.
Negli anni ‘90 il calcio italiano era il migliore del mondo? Non saprei rispondere alla domanda. Con l’addio al calcio di Batistuta, però, abbiamo perso un capitale umano, sportivo e di immagine di inestimabile valore umano e tecnico.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Donato Claudione)