GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli) – Generalmente un giornalista sportivo non è un personaggio in senso lato, quanto piuttosto un cantore delle gesta degli atleti dello sport. Una sorta di “Omero” che narra l’epica delle gesta degli eroi del calcio come del ciclismo, dell’atletica come del basket, o di qualsiasi altra disciplina sportiva. È anche raro che un ex atleta possa diventare un giornalista di grido, oggi le televisioni abbondano di opinionisti che sono ex atleti, ma restano appunto tali, degli opinionisti, e molto spesso anche opinabili. Alla rarità di cui sopra apparteneva Giampiero Galeazzi, che ci ha lasciato in queste ore. Perché in molti si sono lasciati travolgere, negli anni, dalla sua innata passione in telecronaca, ma “Bisteccone”, come era diventato popolare data la sua mole, era stato anche un atleta di rilevanza nazionale, proprio nel canottaggio.
Disciplina, questa, nel destino del Nostro, perché già il padre nel 1932 ne era stato campione europeo, e lui nel 1967 e 1968 fu campione italiano, prima in singolo poi in coppia con Gianluca Spingardi, con prospettive olimpiche. Ci fu il richiamo della televisione, però, caldeggiato da un altro grande, Gilberto Evangelisti, e la scelta fu definitiva.
Volto di Novantesimo Minuto, di La Domenica Sportiva, in un calcio che non era ancora il mondo separato di oggi, in cui i giornalisti potevano scendere in campo e intervistare i giocatori nei loro momenti di gioia o disperazione, senza passare per zone miste e altre amenità del genere, quando tutto era più spontaneo, là iniziò a diventare un personaggio di culto Galeazzi. In più di un’occasione lo abbiamo potuto ammirare stravolto quando, sfruttando la sua mole, quasi proteggeva il campione di turno, da Michel Platini a Diego Maradona, intervistandolo al volo dopo una gara vittoriosa, immerso e circondato dai tifosi. Oppure bagnato fradicio dentro lo spogliatoio del Napoli passare il microfono a Maradona per intervistare i compagni nell’immediata festa scudetto. O, ancora, inseguire l’imperturbabile Nils Liedholm quando a Genova la Roma vinse il suo secondo scudetto. Immagini, istantanee che hanno reso caro questo personaggio come uno di famiglia, ancor più vicino all’uomo comune in virtù di una spontaneità e di una semplicità innate, in quel mito che ha trasformato in leggende un po’ tutti quei personaggi che sono passati attraverso il Novantesimo Minuto di Maurizio Barendson e di Paolo Valenti, arrivando anche a condurlo quando ormai quei personaggi mitici non c’erano più. Dove, però, vulcanica, inarrestabile, sgorgava la passione di Galeazzi era quando faceva le telecronache olimpiche del suo canottaggio: con la sua voce che iniziava calma, come le prime vogate dei rematori, al ritmo crescente dei remi che calavano in acqua cresceva il tono della sua voce, fino a diventare un turbinio di parole che accompagnava, alla fine più esausto degli atleti stessi, i fratelli Abbagnale all’oro dei Giochi di Seul 1988 e Antonio Rossi e Beniamino Bonomi a quelli di Sidney 2000. “Andiamo a vincere!” era l’urlo di battaglia, l’incitamento finale, gli ultimi colpi di remo per arrivare all’oro; ci lascia un gigante del nostro giornalismo sportivo, in tutti i sensi.