GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli) – Nella vita resta sempre valido il detto dei nostri padri latini, “nessuno è profeta in patria”. A maggior ragione questo si può applicare nel calcio, dove sono veramente rari quegli allenatori, soprattutto, che riescono ad affermarsi nelle squadre della propria città. Un detto, quello sopra, quasi sovvertito una cinquantina di anni fa circa da Gianni Di Marzio, scomparso in questi giorni. Era un tipico prodotto di Napoli, Di Marzio, napoletano di Mergellina, portandosi dentro tutte le caratteristiche di questa città, radiosa ed enigmatica allo stesso tempo: grande intelligenza e furbizia, occhi vivaci e una grande passione per il calcio.
Dopo una breve carriera da calciatore, Di Marzio iniziò subito ad allenare avendo come maestro Luis Vinicio, guidando l’Internapoli, la seconda squadra della città, che aveva visto gli esordi di futuri campioni come Giorgione Chinaglia, Beppe Massa, Pino Wilson, che avrebbero fatto la fortuna della Lazio qualche anno dopo. Gianni Di Marzio allenava con tutte le esuberanze tipiche del suo carattere napoletano, andando poi a spiegare le sue prodezze nel suo quartiere, insieme al sogno di arrivare nella massima serie. E ci riuscì conquistando al Serie A sul campo, con il Catanzaro, ma esordendo la stagione successiva, 1977/1978, proprio sulla panchina degli azzurri, azzardo e calcolo di quell’altro furbo del calcio partenopeo e grande presidente del Napoli che è stato Corrado Ferlaino. Un azzardo e una scommessa, arrivando dopo due totem della panchina azzurra come O’ Lione Vinicio e il Petisso Bruno Pesaola, ma soprattutto per impiantare un programma di giovani che all’epoca sembrava una follia, in una piazza esigente e affamata di gloria come quella del Napoli. Il progetto partì anche bene, anche se vide la giubilazione di un altro emblema del calcio napoletano, Antonio Juliano a fine carriera, e l’esordio di Moreno Ferrario, che divenne un pilastro della difesa dei campani.
Alla prima stagione Di Marzio guidò la sua squadra ad un buon sesto posto conquistando anche l’accesso all’allora Coppa Uefa, ma l’anno dopo fu esonerato da Ferlaino dopo solo due giornate di campionato, con il ritorno inatteso di Vinicio. Continuò a fasi alterne la carriera di Di Marzio in panchina, con molta Serie B, conquistando salvezze insperate e vincendo due volte il Seminatore d’Oro, fino al passaggio dietro la scrivania, diventando dirigente. In questo ruolo porta la sua esuberanza, ma anche la sua grande competenza, sempre con “la sua parlantina sciolta, la simpatia di uno scugnizzo gentile e ottimista e l’ottima competenza del pallone (Carratelli)”, caratteristiche che non gli sono mai mancate, fino alla fine.