SPORTVICENTINO.IT A cinque anni dall’addio di Gigi Menti il ricordo di un uomo d’altri tempi
Passano gli anni, ma è impossibile dimenticarsi di lui, della sua eleganza, della sua riservatezza, delle sue 314 presenze con la maglia biancorossa che lo mettono nell’Olimpo del calcio vicentino, insomma di quel uomo che l’11 dicembre di cinque anni ci ha lasciato.
Luigi “Gigi” Menti, perchè di lui stiamo parlando, rappresenta per Vicenza la storia e lui stesso ne è stato uno degli attori protagonisti.
Nella dinastia dei Menti era nipote dell’indimenticato Romeo, scomparso nella tragedia di Superga con il grande Torino ed a cui lui era molto legato, come testimoniano moltissimi ricordi e foto che oggi la moglie Loredana conserva attentamente per lasciare una memoria di chi può essere un esempio per i giovani di oggi.
Lo zio Romeo
Romeo guardava con molta simpatia al nipote che cresceva con i tacchetti incollati ai piedi e, una volta che da Torino tornava nella sua Vicenza, era l’occasione per portargli un pallone o altro in modo da non lasciarlo “solo” nella sua crescita calcistica. Quando morì Romeo Luigi subì, a soli quattordici anni, il suo secondo grande lutto: pochi anni prima, infatti, era mancato il papà Piero e questo probabilmente lo segnò caratterialmente e lo rese l’uomo che tutti noi ricordiamo.
Una persona limpida, un giocatore che non volle mai abbandonare la sua città, Vicenza (ndr tranne una parentesi di un anno a Padova perché Nereo Rocco voleva farlo crescere), perché qui aveva il suo cuore: la sua squadra, la sua famiglia, la sua anima.
Sì, infatti, con questo cognome così importante per i vicentini, è stata l’ultima bandiera dei Menti rendendo, se ancora fosse stato necessario, la dinastia familiare ancor più importante per la nostra città.
Cinque anni fa…
Cinque anni fa Gigi ci ha lasciato, in modo discreto, senza troppo rumore perché lui era un uomo umile e silenzioso che lavorava in continuazione e non si lasciava perdere nella “ciacole”.
Il vuoto della s ua assenza, quando parli con la moglie Loredana, sembra tuttavia essere colmato dai ricordi, dagli aneddoti, dalle foto che, seppur sbiadite, appaiono così vive che fanno sentire Luigi ancora in mezzo a noi.
Luigi, detto “bagolina” per la sua fisionomia, che non lasciò mai il terreno verde e, una volta appese le scarpette al chiodo, decise di continuare ad allenare e per una stagione, a Legnago, all’età di 38 anni decise pure di ricoprire il doppio ruolo, allenatore e giocatore.
Insomma, un’erba verde che calcò sempre con una dignità e una riservatezza che oggi deve essere un esempio per tutti, non solo per i giocatori, perché deve ricordare che solo il lavoro e la serietà portano risultati che Gigi ha ottenuto, sia nei campi da calcio ma anche in famiglia, con un bellissimo nucleo che reggeva le fondamenta su di lui e sulla moglie Loredana per poi allargarsi con i due figli Pietro e Stefano e, infine, con i sei nipoti che hanno avuto la fortuna di avere nel nonno, un esempio nella loro crescita.
Martedì, a cinque anni dalla scomparsa, nella chiesa di Sant’Andrea alle 18.30 ci sarà la messa per ricordarlo e sarebbe bello che non solo amici o parenti fossero presenti, ma anche i tifosi che con lui hanno avuto la possibilità di gioire in biancorosso. Non dimentichiamo che Luigi fu il miglior giocatore del Viareggio vinto dal Vicenza nel 1955 per far capire ai giovani che la storia non si scorda, ma solo grazie ad essa si può costruire un futuro migliore.
(Articolo uscito nell’edizione di SPORT in edicola il 7 dicembre 2018)
Vai all’articolo originale