(RIVISTACONTRASTI.IT di Alessandro Imperiali – Foto WIKIPEDIA)
La Rivista Contrasti racconta la storia di Giorgio Vaccaro, figura chiave del calcio e dello sport italiano. Ecco un estratto.
[…] «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta» diceva Giampiero Boniperti forse dimenticandosi di Vaccaro, sotto la cui presidenza la FIGC ha portato a casa due coppe del mondo consecutive, nel 1934 e nel 1938, e una medaglia d’oro alle Olimpiadi, nel 1936. Gli unici a tenerne vivo il ricordo sono i tifosi laziali; nel 1927, infatti, Vaccaro rigettò fermamente la proposta di Italo Foschi, segretario federale di Roma, il quale prospettava la fusione di tutte le compagini calcistiche dell’Urbe per dare vita a una nuova squadra di nome “Roma”.
[…] Il calcio però subisce la sua prima riforma strutturale solo con la Carta di Viareggio: il Consiglio Federale viene sciolto in favore di un Direttorio e tutti i dirigenti non sono più eletti ma nominati. Tra questi c’è Vaccaro che, nel 1927, riceve così la sua prima investitura ufficiale. […] In soli sei anni Vaccaro raggiunge la nomina di Presidente della FIGC. […] Vaccaro inizia dunque a svolgere il suo ruolo nell’anno della prima radiocronaca di Carosio.
[…] «La federazione del calcio e la Segreteria del CONI hanno trovato nel generale Vaccaro un gerarca atto ad ogni compito, capace per ogni possibilità» scrive Il Littoriale. Mussolini però vuole incontrare nuovamente Vaccaro per spiegargli l’obiettivo e il motivo della sua carica: vincere il mondiale che l’anno dopo sarebbe stato ospitato proprio in Italia, e dare nuova linfa al calcio nostrano. […] Ecco allora che scioglie il Direttorio Federale e lo riforma secondo tre punti. […] A questo punto nomina tre figure che svolgano i rispettivi compiti (e che mettono a tacere chi lo accusa di manie di grandezza): Ottorino Barassi, Giovanni Mauro e Vittorio Pozzo. Un triumvirato formato dalle personalità più carismatiche e capaci nel mondo del calcio di allora, le quali finiranno anche per sminuire la figura del generale.
[…] Un altro calcio, in cui si incentivava anche il diventare bandiera della società in cui si era cresciuti. Era un motivo d’orgoglio, in primis per la Federazione, vedere dei giocatori che diventavano parte integrante della storia della squadra. La scelta di cuore era tra l’altro ricompensata da un “premio di fedeltà” di 500 lire: se si pensa che il tetto massimo d’ingaggio in Serie A era di 2.500 lire, un quinto in più era senza dubbio un bonus assai sostanzioso.
[…] La Nazionale di calcio italiana si presenta però all’Olimpiade del ’36, a differenza delle altre, non con la formazione titolare bensì con una squadra formata da universitari.
[…] Il 15 agosto si gioca Italia-Austria in uno stadio completamente avverso. Pozzo ha una grandissima intuizione: alla fine del secondo tempo, finito in parità, non fa rientrare i giocatori negli spogliatoi. Li lascia in campo e fa trovare loro, subissati dagli insulti, la carica necessaria per la vittoria finale. L’Olimpiade si conclude con l’Italia al terzo posto del medagliere e un ritorno in Patria da eroi.
[…] Il Mondiale sarà comunque un trionfo, e Vaccaro mostrerà tutto il suo animo tifoso. Come noi che andiamo allo stadio e abbiamo una cura maniacale dei rituali scaramantici, il Generale, memore di una vittoria 10 anni prima contro la Francia, si comporta allo stesso modo. Quando le due squadre si sfidano ai quarti di finale obbliga Meazza, Piola e gli altri ad indossare la stessa divisa della partita del 1928: invece del classico azzurro, un inusuale nero.
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