VARESENOI.IT (Claudio Ferretti) – Varesenoi.it ha intervistato Giorgio Valmassoi, difensore classe ’51. Fece il suo esordio in Serie A con il Varese il 24 ottobre del 1971, conquistando presto la maglia da titolare. Nel 1972/‘73 costituì coppia difensiva con Claudio Gentile. Nel 1973/74 sempre con i biancorossi vinse il campionato di B, guadagnandosi quindi sul campo la possibilità di rigiocare nella massima serie.
Nel 1975-1976 venne acquistato dal Bologna, dove collezionò 37 presenze in tre stagioni. Poi Genoa, dove non giocò mai, poi serie C nel Forlì per concludere la carriera nelle serie minori.
Di seguito un estratto dell’intervista…
“[…] Venire a Varese era motivo di orgoglio, era una società super organizzata, perfetta per far crescere i giovani talenti. Mi sono trovato con altri ragazzi come Libera, Gentile, Calloni, Marini, Ramella, De Lorentiis, Mayer… Sono subito entrato nel gruppo, diventando tutti buoni amici. La società voleva che lo studio fosse il caposaldo della nostra formazione giovanile: ho cominciato a frequentare il terzo anno di ragioneria al Daverio. Finita la scuola, rientravo a piedi insieme a Marini che frequentava i geometri: pranzo frugale, poi si andava tutti in piazza Repubblica, dove ci attendeva il pullman della società che ci portava agli allenamenti.
Chi sono stati i suoi allenatori in biancorosso?
Maroso e Liedholm. Il primo oltreché un gran mister, un padre, un motivatore, un grande scopritore di talenti. Non dimentichiamoci che a Varese con lui sono cresciuti Gentile e Marini che sono diventati Campioni del Mondo. Mi dava la carica chiamandomi “Vaivalma”. Mentre il Barone svedese era un gran conoscitore di calcio. Ci faceva fare allenamenti diversificati, ci insegnava molta tattica e tecnica. Ci insegnava a tenere il possesso palla. Ricordo che con Liedholm nelle partitelle settimanali si andava avanti ad oltranza fino a quando non vinceva la sua squadra: per questo i “veci” della squadra si raccomandavano a noi “bocia” dicendoci «fatelo vincere, altrimenti rimaniamo qui a fare notte» […]
Cosa le ha lasciato il mondo del calcio?
Tantissimo, sono stati i migliori anni della mia vita […] Eravamo un gruppo fantastico grazie anche ai senatori come Chicco Prato e Ambrogio Borghi, che si mettevano a nostra disposizione per darci consigli importanti. Eravamo un gruppo unico con un’alchimia speciale: risaltava sempre la forza del gruppo e non del singolo. Ancora oggi siamo molto legati e ci sentiamo spesso. Con Claudio Gentile faccio a gara per chi fa più chilometri in bicicletta, ma non c’ è storia… Claudio come allora è uno che non molla mai e ancora oggi pedala per tanti chilometri.
Lei ha giocato contro tanti campioni del tempo: ne ricorda qualcuno in particolare?
Helmut Haller, a fine carriera giocava qualche spezzone di gara con la Juventus, era diabolico con il suo gioco di gambe e la sua rapidità. Mazzola e Rivera erano immarcabili, tenevano il pallone pochissimo e cambiavano di continuo le trame di gioco. Bellugi, mio compagno di squadra nel Bologna, persona speciale sempre a disposizione nell’aiutare il gruppo. Sfrutto l’occasione per fargli gli auguri (dopo l’amputazione delle gambe causa covid, ndr): caro Mauro, non mollare. Ricordo poi Peppe Savoldi e Gigi Riva, due calciatori che andrebbero ancora oggi studiati, hanno cambiato le regole della fisica e del gioco. Pesi massimi che avevano una elevazione di testa pazzesca e rimanevano sospesi in aria. Riva, con i palloni pesanti del tempo, riusciva a scoccare dai trenta metri dei tiri straordinari e fortissimi. Ha avuto ragione Giovanni Brera a chiamarlo Rombo di tuono: era il terrore dei portieri e dei difensori; un contrasto con lui era come andare addosso al muro… Un talento naturale gestito con l’intelligenza che noi tutti conosciamo […]”
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