GLIEROIDELCALCIO.COM (Eleonora D’Alessandri) – Giuliano Sarti è nato il 2 ottobre del 1933 a Castello d’Argile e la cosa più assurda della storia che sto per raccontarvi è che ai giorni nostri non potrebbe mai essere scritta. Giuliano Sarti è stato uno dei più grandi portieri della storia dell’Inter nonostante conobbe il calcio per caso e senza saperne granché.
Quando era adolescente infatti, non ha in mente il pallone. Vende carciofi e limoni girando l’Emilia in bicicletta per conto del padre fruttivendolo. Non che non gli piacesse il calcio, non aveva proprio il fisico. Si presentò con altri 7 ad un provino per il Bologna e scartarono solo lui. Anche alla visita militare lo fecero rivedibile per il torace. Poi una domenica va a vedere una partita e, visto che uno dei due portieri si infortuna, finisce in porta. L’anno dopo viene tesserato con una squadra di seconda categoria, iniziando di fatto la sua scalata nella storia del calcio italiano.
Due campionati in promozione con la maglia della Centese e poi la “telefonata”. La Fiorentina gli apre le porte della Serie A e con la Viola, esordì a 22 anni in serie A, il 23 aprile 1955 contro il Napoli. Non solo sarà titolare, ma vincerà anche uno scudetto e arriverà fino alla finale della Coppa dei Campioni persa con il Real Madrid. Parava a mani nude e metteva i guanti solo se pioveva. A Firenze lo preparava Arturo Maffei e l’allenatore era il “dottore”, al secolo Fulvio Bernardini.
Quest’ultimo aveva intuito quanto valeva quel giovane ed improvvisato portiere annoiato dal gioco che proprio della noia modellò il suo modo di parare. Diceva che bisognava stare in porta in modo geometrico, tutto il corpo rivolto al tiratore e sempre in linea con la palla.
In un’intervista un giorno disse: “Non sapevo niente di calcio, nessuno mi aveva insegnato a stare in porta a parare, facevo tutto di istinto”.
Dopo nove anni a Firenze viene acquistato dall’lnter a trent’anni. Herrera lo vuole titolare nella storica “Grande Inter” e così inizia la leggenda.
Herrera lo etichettò “el hombre de la revolución” e qualche volta ci litigò. Dicevano di lui “o è bravo o è matto” perché faceva le cose con semplicità, parate difficili come fossero niente.
Sarti arrivò all’Inter e perse lo scudetto contro il Bologna, poi fu solo gloria, fino all’episodio fatale di Mantova. La squadra spremuta si piegò quel giovedì di giugno del 1967, il pallone scagliato da un semplice quanto innocuo cross di Beniamino Di Giacomo gli bucò le mani. Inter sconfitta e sorpasso Juventus, Sarti il freddo si avvita al palo, lo scuote a testate fin a rischiare una commozione cerebrale.
Dopo quell’episodio il destino sembrava quasi segnato. Sarti passò alla Juventus per due anni giocando solo 10 partite, così come in nazionale, solo 8 presenze e poi svanì dal calcio che conta.
Con l’Inter vincerà più di quanto abbia mai fatto qualsiasi portiere sino ad allora: due Scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali.
Proprio lui, quello che pochi anni prima vendeva i carciofi.