Il ricordo di Giussi Farina
“Scarpe grosse, cervello fino”: è un detto popolare che tende a identificare, dietro un aspetto semplice, spesso sottovalutato, persone di notevole intelligenza. Si può attagliare benissimo alla persona di Giuseppe Farina, detto Giussi, presidente e proprietario di numerose squadre a cavallo degli anni Settanta e Ottanta.
Nato a Gambellara, un piccolo centro del vicentino noto per la sua produzione di vino, Farina si laureò in Giurisprudenza e, grazie alle sue attività imprenditoriali, entrò nel mondo del calcio, da sempre sua passione. Il suo grande amore calcistico fu proprio il Lanerossi Vicenza, squadra che guidò per dodici anni, conquistando miracolose salvezze e uno storico secondo posto nel campionato 1977/1978 ma, in anticipo sui tempi attuali, egli fu in realtà un presidente di lungo corso, diventando proprietario di varie squadre, tra cui le più importanti, oltre al Vicenza, furono il Padova e infine il Milan, oltre a svariati interessi in numerose società minori.
Molti altri in seguito, probabilmente seguendo il suo esempio, sono stati presidenti quasi di professione, come Gino Corioni, che guidò Ospidaletto, Bologna, Brescia, oltre a essere consigliere nello stesso Milan di Farina; o Massimo Cellino, attuale guida del Brescia stesso, in passato presidente del Cagliari, del Leeds United e del West Ham in Inghilterra. Tutti sulle orme di Giussi Farina, che a un certo momento si ritrovò a combattere un “sistema” politico cui avrebbe imputato i suoi insuccessi nel mondo del calcio.
Il suo capolavoro resta il Lanerossi, con l’impresa che abbiamo citato, legata soprattutto a un giocatore: Paolo Rossi. Il futuro Pablito, nel campionato del secondo posto era diventato capocannoniere del torneo con ventiquattro reti ed era appetito da numerosi grandi club, soprattutto dalla Juventus, ma Farina riuscì a legarlo ai colori biancorossi acquisendone le prestazioni alle buste, come si usava all’epoca, facendo cioè un’offerta superiore a quella dei bianconeri, oltre due miliardi e mezzo di lire, in un’epoca, tra l’altro, in cui quelle cifre erano eccezionali e i giocatori non potevano scegliere dove andare a giocare.
Questo segnò l’inizio del suo declino, perché probabilmente i soldi che offrì erano troppo in più di quelli che si poteva permettere, ma continuò a competere contro quelle squadre, non ottenendo più quei risultati. Lasciata la guida del Vicenza, Farina non si arrese, e acquisì il Milan in un momento critico per i rossoneri, che retrocessero al termine di quella stagione 1981/1982, salvo ritornare subito in Serie A quella successiva, la sua avventura in quei lidi sarebbe durata, tra alti e bassi, quattro stagioni, cedendo alla fine a Silvio Berlusconi.
Non senza orgoglio successivo: “ Credo di aver fatto un buon lavoro, tanto che con la squadra che avevamo tracciato, poi, hanno vinto tutto per dieci anni. Con me c’erano Baresi, Maldini, Tassotti, Costacurta, Evani, Filippo Galli…”. Un merito postumo, di un uomo che ha rappresentato l’icona del presidente di provincia, lui furbo contadino che sopravviveva tra i ricchi magnati del calcio.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarellill)