GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
500.000 persone nel corteo e lungo il corteo
La storia del Grande Torino fa parte di un Paese che, come il nostro, ha legato l’ultimo secolo al gioco del calcio. Un mondo amato e osannato da un popolo che spesso, nelle gesta dei calciatori, ha saputo e voluto identificarsi.
Noi, quella storia, l’abbiamo raccontata anche in un Podcast che ripercorreva la sfortunata parabola di Guido Tieghi, un calciatore che si salvò dalla tragedia perché ingiustamente colpevolizzato da una accusa infamante e bugiarda.
Il 24 Febbraio del 1916 nasceva un protagonista assoluto di quella compagine, un calciatore legato alla Torino granata e bianconera.
Guglielmo Gabetto è stato il primo Barone del calcio italiano, un attaccante modernissimo per quei tempi, uno abituato a fare gol spettacolari … tanti gol.
La Juventus lo aveva preso nel ’34 ed aveva accompagnato la sua crescita tecnica e sportiva durante tutto il decennio d’oro del calcio italiano. Più di 100 gol in quasi 7 anni, roba da fenomeno.
Poi, come nelle grandi storie, il passaggio dall’altra parte della Mole, alla corte dei granata. Otto anni meravigliosi, stoppati per un attimo dalla tristezza del conflitto, e segnati negli annali come i migliori di sempre.
Di quel Torino diventerà uno dei fenomeni, entrando nella classifica dei migliori marcatori di ogni epoca. Con quei compagni giocherà la mitica sfida contro l’Ungheria del Maggio 1947, una partita speciale perché la prima della Nazionale disputata con dieci undicesimi appartenenti alla stesso club. Chissà cosa avrà pensato Sentimenti IV, portierone che rappresentava l’eccezione. Gabetto, quel giorno, siglerà due dei tre gol rifilati ai magiari.
330.000 Lire, tanto costava il suo cartellino nel ’41. Tanto, molto di più, era il suo valore quel 4 Maggio del 1949.
Da ragazzino, con quei capelli brillantinati e quel carattere da guascone, qualcuno osava addirittura paragonarlo al grandissimo Piola. Probabilmente non si sbagliava.
Guglielmo Gabetto era, insieme al giovane Piero Operto, l’anima torinese di quel Toro.
Un viaggio partito da Borgata Aurora e terminato nella sfortunata Lisbona. Un viaggio che lo avrebbe consegnato alla leggenda.