GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello – Dario Canali) – Domenica 11 gennaio 2015 all’Olimpico va in scena il Derby. La stracittadina, inutile negarlo, non è mai una partita come le altre. Per tanti anni ha rappresentato l’unico vero obiettivo stagionale. Oggi molte cose sono cambiate ma questa contesa mantiene comunque il suo fascino. La si attende con ansia, la si vive fortemente, con passione. Si scommette con il postino, con il barista, con il “pizzicarolo” sotto casa, con il collega d’ufficio. In quest’occasione particolare la Curva Sud prepara una delle più particolari ed emozionanti coreografie di sempre. Sedici “pezze”, raffiguranti i volti di altrettanti giocatori giallorossi, sono accompagnate da una significativa didascalia sotto la curva: “Figli di Roma, capitani e bandiere… questo è il mio vanto che non potrai mai avere!”.
I sedici calciatori raffigurati sulle “pezze”: De Micheli, Carpi, Taccola, Giannini, Bernardini, Ferraris IV, Amadei, Losi, Volk, Conti, Rocca, Di Bartolomei, Masetti, De Sisti, De Rossi, Totti
Sedici volti che hanno fatto e continuano a fare la storia della Roma. Sedici uomini con storie molto diverse tra loro, ma con un unico denominatore comune: la Roma. Storie che in alcuni casi diventano tragedie come quelle di Attilio Ferraris, di Agostino Di Bartolomei e Giuliano Taccola…morti premature. Come quella di Mario Forlivesi, una storia che non ha fatto in tempo a entrare in quella coreografia, una storia che sfugge alle luci della notorietà e che merita di essere ricordata.Mario è un figlio di Roma il cui destino ha tolto lui la possibilità di diventare capitano della compagine giallorossa. Mario nella sua breve vita non ha fatto in tempo a diventare una bandiera della Roma. Chi è appassionato della storia del sodalizio giallorosso conosce la vicenda, ma la maggior parte dei tifosi non conosce nemmeno il nome, e non per colpa loro: se n’è parlato sempre troppo poco. Una vicenda assolutamente particolare e tragica che ebbe grande eco all’epoca in cui accadde. Eppure non tutti sanno che a Roma c’è stato un periodo in cui questo ragazzo era sulla bocca di tutti. Incarnava il sogno di ogni ragazzino. Un sogno che non cambia con il passare degli anni, delle generazioni: quello di indossare la maglia della propria squadra del cuore e addirittura esserne il centravanti. Cioè colui che più degli altri ha il compito di finalizzare la manovra con l’ultimo tocco. Chi non lo ha sognato? Quante stanze sono state trasformate nel campo di calcio per le nostre sfide? Ognuno di noi da bambino, accompagnato dalla propria fantasia, ha giocato partite immaginarie: s’iniziava salutando il pubblico assiepato vicino l’armadio e poi, azioni su azioni alternando il nostro nome con quello dei nostri beniamini, si arrivava al gol. Un gol mai banale ovviamente. Poi di corsa verso la curva vicino la scrivania piena di tifosi che urlavano il nostro nome. Un urlo che abbiamo tutti sentito per davvero. Un sogno cui Mario è arrivato, così come arrivarono le prime convocazioni, le prime partite… i primi gol. La consacrazione da promessa a giocatore vero. I primi titoli dei giornali per lui. “Hai visto Forlivesi?” riecheggia nei bar, nelle strade, negli uffici, nelle botteghe, al mercato. Poi una malattia, un’orrenda malattia come lo sono tutte, toglie a Mario la vita. Una vita che sarebbe stata sicuramente di successo visto le premesse. Una vita appena iniziata, stroncata in quel momento in cui si comincia ad assaporare la consapevolezza di essere uomo.
Una storia così non può rimanere nell’oblio, nel dimenticatoio. Non può e non deve. E non lo sarà. Promessa questa fatta davanti a lui, sulla sua tomba. Nessuna pretesa di essere esaustivi, ma con l’ambizione di far conoscere meglio la storia di un figlio di Roma.
La famiglia, le origini
Mario Forlivesi nasce a Roma il 5 febbraio 1927, nello stesso anno di fondazione dell’Associazione Sportiva Roma. Una registrazione, quella relativa alla sua nascita, avvenuta solo nel 1929 a seguito della sentenza emessa dal Tribunale Civile e Penale di Roma in data 15 settembre del 1927 con la quale si autorizza a ricevere la tardiva denuncia di nascita. Un atto che finalmente mette la parola fine alla ricerca della sua corretta data di nascita.
Dallo stesso atto si evince come Mario sia nato in una casa sita a Roma in Via Flaminia n. 45 da Remo Forlivesi e Beatrice Patrizi.
Remo Forlivesi nasce a Roma il 17 aprile 1888 ed è figlio di Teodoro Gaetano noto scultore di fine ‘800. Teodoro Gaetano Forlivesi è autore della famosa Tomba del Conte di Basterot sita nella Basilica di San Clemente in Laterano e del busto di Giordano Bruno al Pincio, opera quest’ultima realizzata insieme ad Augusto Senepa. Fu molto attivo anche in Germania dove soggiornò per molto tempo. Alcune delle sue opere sono in possesso di collezionisti privati.
Torniamo a Remo, il papà: “Portiere di ruolo. Studente. Residente in Via della Maddalena n. 42, piano 2° e più tardi in Via Flaminia n. 45. Nel 1908 fu chiamato alle armi e nel 1910 era telegrafista effettivo. Congedato, fu richiamato per mobilitazione il 22 maggio 1915 e assegnato al 3° reggimento telegrafisti del genio militare. Fu congedato definitivamente nel 1919. Decorato con la Medaglia commemorativa nazionale per la guerra 1915-18 e con la Croce al merito. Il 5 gennaio 1936 fu insignito della Medaglia interalleata della Vittoria. Titolare della Lazio nella stagione 1908/09. Gioca, spesso come riserva, fino al 1914. Vince le prestigiose coppe Tosti e Viscogliosi-Baccelli nel 1908. Nella Lazio da sempre, si era distinto inizialmente come forte nuotatore e pioniere della Pallanuoto” (Cit. Laziowiki.org).
Si, il padre di Mario è stato giocatore della Lazio.
Un uomo, Remo Forlivesi, che ha a cuore la patria e lo sport. Così come tutta la famiglia Forlivesi che sembra partecipare a tutte le iniziative sportive a Roma: ciclismo, podismo, nuoto, pallanuoto e ovviamente il calcio. In tutte le specialità primeggiano Remo, il gemello Romolo e l’altro fratello Leonardo. L’arte dello scultore Teodoro sembra scolpire il fisico e l’entusiasmo dei figli. Remo, il papà di Mario, muore il 24 giugno 1944 a seguito di una caduta dalla bicicletta. Una banalissima caduta che inizialmente sembrava cosa di poco conto e che poi invece, nel giro di poche ore, lo conduce alla morte ad appena cinquantasei anni.
Mario, il più piccolo in alto, insieme alla sua splendida famiglia
Mario ha anche un fratello, Sergio, e due sorelle, Laura e Franca. Anche Sergio è un appassionato di calcio e lo ritroviamo come allenatore delle squadre giovanili della Lazio nella metà degli anni ’70.
Insomma, tutta la famiglia Forlivesi sembra avere una passione verso i colori biancocelesti, ma non Mario. Lui cresce nella Fortitudo dove “L’Omo de Fero”, Ferraris IV, aveva mantenuto ottimi rapporti e con la quale aveva militato da ragazzo. E insieme a Mario nell’Elettronica, squadra in cui Ferraris è tornato a giocare a quarant’anni circa, affronta proprio la Roma durante il Campionato Romano di Guerra. Presumibilmente fu proprio Ferraris IV a segnalarlo a Masetti, suo grandissimo amico, che guidava la “Squadra Ragazzi” della Roma. Allora, se è andata così, siamo assolutamente certi che gli ha trasmesso anche il significato di quella maglia.
Forlivesi e Amadei: lo sguardo tra il giovane e l’affermato campione
Nasce quindi la sua storia con la Roma, contrassegnata da tanti, tantissimi, impegni tra la Formazione Ragazzi, la Formazione Riserve e la Prima Squadra. Un talento naturale, forse ancora acerbo, ma di grande effetto già nelle sue prime partite dove aveva il compito di sostituire l’esperto Amadei, il quale non lesinava consigli al suo giovane compagno di squadra.
Questa è la prima parte della storia di Mario, oggi 5 Febbraio, nella ricorrenza della nascita: una storia in tre parti che ci accompagnerà sino al 29 Marzo p.v., giorno della ricorrenza della sua scomparsa. Una storia che non rimarrà nell’oblio.
Una bellissima foto di Mario con dedica alla cugina Luciana alla quale era molto legato. Lei, presente sino agli ultimi istanti di vita di Mario, è venuta a mancare proprio in questi giorni. Dedichiamo a entrambi questo nostro ricordo.
Si ringraziano le famiglie Forlivesi/Iovine/Odorisio per la collaborazione e per le foto messe a nostra disposizione.