Il ricordo di Helmuth Duckadam
A volte nello sport, nel calcio, per costruire il proprio successo, per diventare un personaggio e assurgere al pantheon degli Eroi, occorrono anni di prestazioni continue, un migliorarsi nel tempo finché la somma delle imprese non ti consegni le dovute, e sudate, stimmate. Non sempre, e non per tutti, è così, ci sono stati calciatori cui è bastata una singola impresa per essere ricordati a imperitura memoria. Uno di questi è stato Helmuth Duckadam, che scrisse la sua storia in una notte spagnola, consegnandola in seguito alla leggenda e al mistero che, all’epoca, avvolgeva la sua Romania e, in generale, tutti i paesi dell’Est.
Fu a questo lungagnone rumeno, dal baffo spiovente alla messicana e i capelli lunghi, che la Steaua Bucarest, la squadra dell’esercito della Romania di Nicolae Ceauşescu, affidò il ruolo di portiere. La Steaua era squadra dalle tante vittorie, non sempre limpide, nel suo paese, visto lo stretto legame con il regime, ma nel 1986 si impose anche all’attenzione internazionale. Dopo aver vinto il titolo rumeno l’anno prima, la squadra iniziò in sordina il suo cammino in Coppa dei Campioni che l’avrebbe condotta fino alla finale, dove avrebbe affrontato lo strafavorito Barcellona, a caccia della sua prima coppa per poter finalmente vantare quel titolo con gli eterni rivali del Real Madrid che avevano la bacheca già discretamente piena, match di finale in programma, tra l’altro, proprio in Spagna, anche se a Siviglia.
Duckadam era stato protagonista positivo di quella cavalcata, ora, all’ultimo atto, per la Storia, la squadra guidata da Emerich Jenei si trovava di fronte quell’ostacolo apparentemente insormontabile. Le grandi imprese hanno sempre fondamenta fragili che vanno consolidate, durante tutto il match i blaugrana furono irretiti dal non gioco orchestrato da Jenei e la gara fu solo un lento incedere, senza sussulti, fino all’epilogo finale dei tiri di rigore. Fu a questo punto che Duckadam smise i panni del normale portiere e vestì quelli del supereroe, ipnotizzando tutti gli avversari che si presentavano di fronte a lui, su quel dischetto bianco che per i catalani diventò improvvisamente un valico insuperabile difeso da un solo uomo: Alexanco, Pedraza, Pichi Alonso, Marcos, videro i loro tentativi frustrati, le sue mani arrivarono dappertutto, lasciando occhi attoniti sia nei giocatori in campo, sia nei tifosi sugli spalti.
La Storia era scritta, il finale si trasformò in nebulosa leggenda, una tale performance gli valse la fama in tutto il mondo, probabilmente anche l’invidia del potere in patria. La sua carriera finì praticamente lì, perché quelle mani che lo avevano fatto diventare eroe, non poterono più parare: per una trombosi, avrebbe raccontato lui, ma leggenda non lontana dalla verità, forse, racconta che furono gli uomini della Securitate, la polizia segreta rumena, su incarico del figlio del dittatore, Nicu, a rompergli le mani per un mancato regalo. Una situazione che ha contribuito ad accrescere il mito di questo portiere e che ora non verrà più svelata, rendendo ancora più leggendaria questa figura ora che ha concluso la sua parabola terrena.
Per la cronaca, quella notta di Siviglia anche il portiere del Barcellona, Urruti, parò due rigore, a Mihail Majearu e a Laszlo Boloni, ma l’eroe di quella notte, era scritto, doveva essere solo lui, Helmuth Duckadam, il Superman di Romania.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)