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I 50 anni di Dino Baggio

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Il meno famoso dei Baggio. Fisico longilineo, stacco di testa imperioso e castagna senza paragoni. Dino da  Camposampiero, Padova. Veneto timido, silenzioso, tenace. Mondonico e Vatta lo avevano osservato a lungo nelle giovanili, prima di chiamarlo in una prima squadra che, all’inizio dei ’90, raccoglieva i frutti di una grande programmazione. E lui si era subito fatto trovare pronto. Emiliano diceva che era più di una promessa. E come non pensarlo, dopo quel Viareggio concluso con il titolo di miglior calciatore.

Anche l’Inter e la Juventus avevano fatto un pensiero di mercato su Baggio. Alla fine la spuntarono i bianconeri, accontentando i rivali nerazzurri con un prestito di un anno più che redditizio. A Milano, Dino iniziò a costruire una solidità tecnica e mentale che sarebbe stata la chiave del suo successo. Ventisette presenze e un gol, prima del biennio torinese condito da una Coppa Uefa vissuta da protagonista (gol all’andata e doppietta al ritorno).

La sua casa calcistica, però, diventerà Parma. La Parma di 20 anni addietro, ricca intrusa nell’olimpo delle protagoniste europee. Baggio metterà lo zampino anche nella Uefa 1994/95, proprio contro la Juventus. E poi altri cinque anni a lottare per lo scudetto e a rivincere trofei continentali, prima del passaggio alla super Lazio di Cragnotti.

Il meno famoso dei Baggio, indispensabile anche per un certo Arrigo Sacchi. Sarà lui a condurci per mano verso USA ’94, con la decisiva rete contro il Portogallo; ancora lui a spingerci nel girone eliminatorio americano, dopo lo stacco sontuoso tra i giganti norvegesi; e sarà il buon Dino a trafiggere Zubizzareta con un tiro secco da 30 metri, nei quarti contro la Spagna.

Una icona silenziosa del calcio italiano, con un cognome che è comunque garanzia di successo.

Tanti auguri Dino.

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