(ILFATTOQUOTIDIANO.IT di Andrea Romano – Foto WIKIPEDIA)
[…] Niente ha influenzato l’estetica del calcio più del Subbuteo. Un gioco che non è mai stato solo un surrogato del pallone, la sua simulazione casalinga. Al contrario, è stato la sua sublimazione, il suo strumento di apprendimento. Tutto ruotava intorno a quel pezzo di stoffa che riproduceva un campo da calcio in scala 1 a 100. […] Perché il bello del Subbuteo era anche questo, l’equivalenza. Un omino con la maglia nerazzurra poteva giocare per l’Inter, per l’Atalanta, per il Pisa. I miracoli della bassa risoluzione facevano in modo che una miniatura rossonera potesse essere il milanista Baresi o il foggiano Codispoti. Anche a distanza di una manciata di minuti.
[…] La storia inizia nel 1946, nel retro di una casa del Kent. È lì che un tifoso del Queens Park Rangers prova a dare forma alla sua idea. Si chiama Peter Adolph. […] La svolta arriva nel 1947, con l’aiuto involontario di un funzionario dell’ufficio marchio e brevetti. Adolph fa domanda per registrare il suo calcio da tavolo con il nome “Hobby”, solo che si sente rispondere che il nome richiesto è troppo generico. Serve un’altra idea. Così Peter decide di attingere dalla sua grande passione: l’ornitologia. La sua mente corre all’hobby hawk, il falco lodaiolo. Il suo nome scientifico è Subbuteo. È un colpo di genio che darà vita a uno dei marchi più famosi dei giocattoli del vecchio millennio. La prima pubblicità in televisione arriva quasi vent’anni dopo. Si giocano i Mondiali del 1966. E per Venditti la Regina d’Inghilterra era Pelé. Poco prima del fischio di inizio il Subbuteo decide di commercializzare tutte e 16 le squadre che prendono parte al torneo. Più una versione in miniatura della Coppa Rimet. È un successo clamoroso.
[…] Da noi la mania del Subbuteo arriva qualche anno dopo. Nel 1972 il Corriere della Sera inserisce il calcio in punta di dito fra i regali più desiderati dai ragazzi. Una scatola base costa 5mila lire. Quella deluxe quasi sei volte tanto.
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