Donne in Gi(u)oco

Il calcio femminile vietato dal regime

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Giovanni Di Salvo) – Il 22 novembre 1933 in Italia calava ufficialmente il sipario sul neonato calcio femminile. Infatti il regime fascista, che già dai primi di ottobre ne aveva di fatto vietato la sua diffusione, rende “pubblica” la sua decisione attraverso le colonne del “Littoriale” (l’odierno Corriere dello Sport), che rappresentava la voce ufficiale del CONI.

Di seguito la parte più significativa dell’articolo apparso in prima pagina ed in cui la massima istituzione sportiva italiana, presieduta da Achille Starace, provava a “motivare” la sua scelta:

“Si può affermare dunque che il C.O.N.I., pur non contrastando il naturale, spontaneo, libero fiorire di una attività femminile nostrana, ossequiosa sempre delle norme che il Regime ha dettato per l’educazione civile della donna, ne segue d’anno in anno le manifestazioni con il fermo proposito di mantenere nei limiti di quegli esercizi nei quali, nelle Olimpiadi moderne, sono state con onore ammesse le donne.

Sarebbe invero antitetico con il dovere del C.O.N.I., ché quello di ottenere che una nazionale florida e vivente, quale è l’Italia, affermi in ognuna delle prove olimpiche la propria efficienza e maturità sportiva, che in Italia si ostacolassero legittime manifestazioni, di una metodica attività sportiva femminile, quando educatori, politici, fisiologhi, tecnici, uomini insomma di specchiata responsabilità, in ogni altra nazione civile, hanno proclamato utili gli esercizi sportivi permessi alle donne nelle Olimpiadi, alla integrazione morale e fisica delle migliori qualità muliebri. Tali esercizi sono: alcune prove, proporzionalmente e scientificamente ridotte, di atletica leggera; il fioretto per la scherma; il pattinaggio artistico; la ginnastica collettiva; alcune prove di nuoto; il tennis.

In ossequio a tale programma, e conscio dei doveri che il Regime gli ha affidati, il C.O.N.I. ha sempre represso, o fatto reprimere, qualsiasi tentativo sporadico di introdurre in Italia uno “spettacolare” sportivo femminile, che del resto, non esitiamo ad affermarlo, sarebbe stato condannato dal nostro pubblico. Anche recentemente il C.O.N.I. ha perentoriamente vietato esibizioni pubbliche di calcio femminile, come per il passato ha fatto per il pugilato.”

Il calcio femminile era giunto in Italia, in netto ritardo rispetto ad altri paesi europei come Inghilterra e Francia, agli inizi del 1933 grazie ad un gruppo di ragazze milanesi che aveva fondato il Gruppo Femminile Calcistico. Le novelle calciatrici indossavano gonne e sottane ed in porta utilizzavano dei ragazzini quindicenni.

L’11 giugno 1933 le calciatrici milanesi giocarono la prima partita davanti al grande pubblico: G.S. Cinzano-G.S. Ambrosiano. Il match si replicò il 9 luglio e tra gli spettatori vi erano anche alcuni dirigenti dello Sparta Praga, a Milano per la semifinale della Mitropa Cup.

Il calcio femminile cominciò a diffondersi tanto che la società Serenissima di Alessandria dopo l’estate costituì una sua squadra.

Ai primi di ottobre era stato programmato un incontro di calcio proprio tra le milanesi e le alessandrine ma alla fine la partita saltò proprio per l’intromissione del CONI, esplicitata poi nell’articolo riportato sopra.

Tale divieto determinò la fine sia del Gruppo Femminile Calcistico che della sezione femminile della Serenissima.

Si ritornerà a parlare di calcio femminile solo nel dopoguerra ovvero dopo la caduta del regime fascista.

Per chi volesse approfondire l’argomento:

“Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista” della Bradipolibri (Prefazione scritta dal CT della nazionale Milena Bertolini)

“Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile” della GEO Edizioni (Prefazione scritta dal Vice Presidente L.N.D. Delegato per il Calcio Femminile Sandro Morgana).

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