Si chiamava Socrates, proveniva dal lontano Brasile ed era un elegante e cristallino talento calcistico
Arrivato a Firenze in una calda estate del 1984, nel Corinthians aveva scritto pagine importanti del calcio lasciando un segno, a livello sociale, molto importante nella storia del club. Caratterialmente fu un eccentrico ribelle delle volte taciturno ma quando decideva di parlare aveva un linguaggio molto tagliente. Il suo nome è frutto delle passioni del padre, profugo cristiano palestinese che si trasferì in Amazzonia, un autodidatta amante della letteratura e dei classici greci; infatti la storia vuole che la scelta del nome Socrates venne fatta in onore di uno dei più grandi filosofi della Grecia antica dopo che il padre concluse la lettura di uno dei libri più importanti della filosofia: La Repubblica di Platone.
Del suo nome. Socrates ha spesso detto: “Quando è nato mio figlio e ho deciso di chiamarlo Fidel mia madre mi ha detto: “Non trovi sia troppo forte, troppo impegnativo per un bambino?” E io le risposi: “Mamma, pensa a quello che voi avete dato a me!” Diciamo che fu una scelta azzeccata, perché Socrates nel corso della sua carriera dimostrò di poter vestire benissimo i panni del “filosofo in campo”, anzi tutto quello che faceva era puramente filosofico. Conseguita la laurea in medicina all’Università di Sao Paulo il giovane preferì giocare a calcio piuttosto che cominciare la professione di medico. Fu in quegli anni che si avvicinò alle idee marxiste leggendo libri su libri e entrando sempre di più nel dettaglio non smettendo mai di studiare i grandi classici del comunismo. Quando arrivò al Corinthians, Socrates elaborò forse una delle più lucide e ben riuscite esperienze di autogestione dei calciatori, cioè la Democrazia corinthiana ossia l’organizzazione della squadra su basi non gerarchiche, quando Socrates lanciò questo esperimento il Brasile era nella morsa di una dittatura militare.
Sostanzialmente i giocatori rifiutarono ogni forma di autorità, compresa quella del mister, al motto di “essere campioni è un dettaglio” e per tre anni preferirono allenarsi da soli, votando ogni scelta, coinvolgendo però anche tutto lo staff tecnico. Un altro dettaglio interessante di questo processo era che i membri della rosa e della dirigenza avevano eguale diritto di voto, e le loro opinioni avevano lo stesso peso. L’impatto di questa scelta ebbe un’eco molto forte, insieme alle scritte a favore della democrazia che i giocatori esibivano in campo sulle magliette, e così la Democrazia corinthiana, ancora oggi, in Brasile è ricordata come una delle più importanti forme di resistenza messe in atto durante il governo dei militari.
Nel 1984, Socrates, lasciò il Brasile perché la Fiorentina si era aggiudicata il giocatore per la cifra di 5,3 miliardi di lire e garantì al giocatore un ingaggio stratosferico. Quando arrivò in Italia, i giornalisti si fiondarono subito su di lui per poterlo intervistare, alla domanda come mai tra tutte le offerte avesse accettato quella del calcio italiano e se conosceva Mazzola o Rivera, il campione rispose deciso che: “sono venuto in Italia, perché oltre a essere un paese che mi piace, qui posso leggere i quaderni dal carcere di Antonio Gramsci in lingua originale”. Questa risposta lasciò spiazzata la stampa calcistica nostrana perché al contrario del Brasile, la politica, non era mai entrata così a fondo nelle questioni calcistiche. Firenze sembrava una città perfetta per un personaggio come lui, non è un caso nel momento del suo massimo splendore storico, la Firenze di Lorenzo De Medici venne paragonata all’Atene di Pericle, quindi uno che portava un nome così importante non poteva che essere entusiasta di andare a giocare e vivere in un posto così ricco di cultura. In Italia si guadagna il soprannome de “il dottor Guevara”, ma l’esperienza si rivelò tutto meno che felice e facile, questo perché il talento brasiliano ebbe notevoli difficoltà ad ambientarsi nel nostro calcio, nonostante l’ottima tecnica era troppo lento per il gioco della squadra gigliata. Inoltre a causa del suo carattere ribelle, non legò mai del tutto con l’ambiente italiano e non trovò la giusta amalgama con il gruppo della Fiorentina. Socrates era davvero contento di potersi cimentare in un campionato difficile e bello come quello italiano ma le cose non sempre filano lisce. A fine stagione tornò in Brasile, nel Flamengo, per poi chiudere la sua carriera, nel 1988, al Santos.
Nella sua mirabolante vita, Socrates, fu un personaggio che ruppe tutti gli schemi possibili del calcio del tempo, al di là del suo grande talento, che purtroppo in Italia, non riuscì mai a sbocciare del tutto, la sua figura rimase, lo è tuttora, legata soprattutto per quello che realizzò nel mondo del calcio. Un giocatore che nel pieno della dittatura militare promosse un grande esperimento di autogestione democratica di una squadra mandando un chiaro messaggio contro ogni forma di dispotismo politico, un grande studioso delle dottrine di sinistra e un calciatore-filosofo. Dopo il calcio intraprese la professione di medico nello Stato di San Paolo e vestì anche il ruolo di commentatore sportivo per le TV brasiliana. Il 4 dicembre del 2011, il grande campione ci lasciava per sempre a causa dei suoi problemi con il bere, ironia della sorte, Socrates si spense proprio il giorno in cui Corinthians vinse il campionato nazionale; al triplice fischio della gara con il Palmeiras, migliaia di tifosi hanno omaggiato il “Dottore” andando in pellegrinaggio sulla sua tomba. In questo 2021 cadeva proprio il decennale di colui che l’immenso Pelè ha definito come: “il giocatore più intelligente della storia del calcio brasiliano”.
Bibliografia
Germano Bovolenta, Ciao Socrates. Colpi di tacco e politica: ha vinto fuori dal coro, in La Gazzetta dello Sport, 5 dicembre 2011, p. 19.
Colpi di tacco, politica e medicina. La rivoluzione permanente di Socrates, Corriere della sera, 4 dicembre 2011
blog.futbologia.org/
Andrew Downie, Il Dottor Socrates. Calciatore, filosofo, leggenda’, Milieu, Milano, 2018
Nato a Livorno il 5 febbraio 1988, si è laureato in "Storia contemporanea" all'università di Pisa, in particolare si occupa di storia dello sport, ha approfondito i filoni di ricerca relativi a questo campo di studi, più precisamente della storia del pugilato italiano e statunitense.
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