Il 17 Novembre di 15 anni fa ci lasciava Ferenc Puskas. Il Foglio racconta un episodio presente anche in uno dei nostri podcast. Ecco un estratto.
[…] Il campo è fangoso, piccolo e spelacchiato. Si trova vicino a una piccola stazione ferroviaria di provincia. È il 28 gennaio 1958 e tutto intorno al rettangolo di gioco il pubblico è assiepato. È una semplice amichevole contro la squadra allievi dell’Empoli, eppure l’attesa è grande. Grande almeno quanto quella pancia che si intravede sotto a una delle maglie gialle del Signa 1904. Una forma sgraziata e lenta che però quel giorno rappresenta anche il centro di attrazione generale. Si, perché quella figura così demotivata è di Ferenc Puskas (che morì il 17 novembre 2006), uno dei calciatori più forti e ammirati del mondo. Il capitano della “Squadra d’Oro”, ovvero la Nazionale ungherese capace di battere 6-3 l’Inghilterra a Londra, di vincere l’oro alle Olimpiadi di Helsinki nel 1952 e sfiorare la Coppa del Mondo del 1954. Ma come ci è arrivato, a 30 anni, un calciatore così a giocare su quel campo di periferia?
[…] In quel momento Puskas è molto legato a un certo Renato Bonardi. È un dirigente del Signa, ma non solo. È anche un emissario della Fiorentina, un’altra delle squadre che si era interessata a lui. Quella Viola non è una squadra qualsiasi negli anni ‘50. Ha vinto il suo primo scudetto nel 1956 e l’anno seguente è stata sconfitta in finale di Coppa Campioni dal Real Madrid. I tentativi della Viola erano andati a vuoto ma Puskas aveva deciso di giocare una partita per la squadra di Bonardi. […] La sfida finisce tre a zero per il Signa. Puskas serve due assist giocando praticamente da fermo però non segna. Il portiere avversario gli leva il pallone dall’incrocio dei pali in almeno un paio di occasioni. Quella giornata somiglia tanta a una piccola e simpatica parentesi della sua esistenza, invece è l’inizio di un nuovo capitolo.
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(ILFOGLIO.IT di Giacomo Corsetti)