GLIEROIDELCALCIO.COM (Massimo Prati) – Nella ricorrenza della nascita di Arpad Weisz, il ricordo di quando scese in campo a Marassi con l’Ungheria.
Sfoglio un libro sulla storia del Genoa e sono colpito da una foto: Genova, Stadio del Genoa in via del Piano (Marassi), un gruppo sorridente di reporter sportivi, in occasione di Italia-Ungheria, partita del 4 marzo 1923, finita 0 a 0 davanti a 20.000 spettatori. Il primo in alto a sinistra è Renzo Bidone, uno dei primi storici del Genoa.
Tra l’altro, nell’incrociare i dati a mia disposizione, mi sono accorto di un piccolo refuso. Quel libro del Genoa parla di una partita, giocata a Marassi, tra Italia e Ungheria nel 1925. Ma, consultando altri testi ed altri archivi, risulta che Italia-Ungheria, nel 1925, si giocò a Milano. La partita tra Italia e Ungheria a Genova fu appunto quella del 4 marzo del ’23, come ho indicato nel paragrafo precedente.
A questo proposito, qui di seguito riporto il tabellino di quell’incontro:
Genova, 4 marzo 1923, stadio del Genoa di Via del Piano. Italia-Ungheria 0-0
Italia: Trivellini, Caligaris, R. De Vecchi, Barbieri, Burlando, Brezzi, Migliavacca, Baloncieri, Santamaria, Cevenini III, Bergamino I (s.t. Monti III). Ct: commissione tecnica della Federazione.
Ungheria: Plattko, Fogl II, Fogl III, Kertesz II, Baubach, Blum, Braun, Molnar, Orth, Hirzer, A. Weisz. Allenatore: Gyula Kiss
Arbitro: Forster (Svizzera).
Quel giorno, la nazionale italiana schierava quindi cinque giocatori genoani: De Vecchi, Barbieri, Burlando, Bergamino e Santamaria.
Tra l’altro, all’indomani dell’incontro, “La Gazzetta dello Sport”, nel suo titolo in prima pagina indicava Burlando e Barbieri come “le colonne portanti” del team azzurro.
Ma di Barbieri, Burlando, De Vecchi e Santamaria ho già avuto modo di parlare in molte altre occasioni, per cui, prima di passare ad Arpad Weisz, vorrei dedicare alcune parole al ricordo di Bergamino.
Augusto Bergamino era un’ala sinistra vecchia maniera, uno di quei giocatori di attacco che dovevano fare delle incursioni lungo la fascia ed effettuare dei cross al centro per la punta centrale, quella che doveva finalizzare l’azione.
Era genovese, nato a Marassi, a pochi metri dal campo del Genoa. Crebbe nelle sue giovanili, sotto l’ala protettiva del tecnico inglese Thomas Coggins, ex giocatore di Genoa e Andrea Doria, arbitro e, a quei tempi, allenatore dei giovani rossoblù.
Bergamino giocò nella prima squadra del Genoa dal 1915 al 1926. Con i rossoblù vinse tre scudetti (1915, 1923, 1924), fece parte della tournée sudamericana del Genoa, nel ’23, e indossò cinque volte la maglia azzurra: dal 1920 al 1923. L’ultima presenza di Bergamino si registrò proprio il 4 marzo del 1923 a Genova, nella partita con l’Ungheria, anche se fu costretto ad uscire a causa di un infortunio, al 30′ del primo tempo. Nel ’24, poi, fu convocato per le Olimpiadi di Parigi ma non scese in campo.
Nella nazionale ungherese del ’23, a Genova, c’era invece Arpad Weisz, anche lui ala sinistra vecchia maniera che, l’anno dopo, finirà ad Alessandria, club con il quale, a partire dal 1926, inizierà la carriera da allenatore. Una carriera che, dopo l’esperienza alessandrina, continuerà con Inter e Bologna (con i nerazzurri Arpad Weisz vincerà uno scudetto e con i bolognesi ne vincerà altri due).
L’Ungheria, a quei tempi, pur non essendo tra le formazioni più forti in assoluto, era comunque una squadra di grande livello.
Tanto per fare qualche esempio, nei due incontri precedenti a quello di Genova, tra Italia e Ungheria si registrarono due vittorie magiare: la prima per sei a uno a Budapest, la seconda per uno a zero a Milano. Mentre nei due match successivi a quello di Genova, nel ’24 a Budapest l’Italia perse per sette a uno e nel ’25 l’Italia fu nuovamente sconfitta a Milano per due a uno. La prima vittoria azzurra avrà luogo a distanza di ben diciotto anni dal primo incontro tra le due nazionali: era il 25 marzo del 1928, settima sfida tra italiani e magiari e gli azzurri vinsero per quattro a tre.
Forse è anche per questo che “La Gazzetta dello Sport”, evidentemente soddisfatta del pareggio, a commento della partita del 4 marzo del ’23 scriveva: “La formidabile squadra ungherese non oscura la gloria dei giocatori italiani”.
Tra l’altro, leggendo quel numero della Gazzetta, ai miei occhi di tifoso genoano non è sfuggita la pubblicità a fondo pagina: “Come per i match internazionali Italia contro Austria, Belgio, Francia, Svizzera, Olanda, del 1912-1913-1914-1920-1921-1922, anche per il MATCH Italia-Ungheria, a Genova il 4 marzo 1923, il pallone prescelto e usato è stato il nostro insuperabile “VITTORIA”, marca “ITALIA”.
E. PASTEUR e C. GENOVA. Salita Santa Caterina 10 r – Tel. 32-53.
Comunque, per tornare al grande giocatore e allenatore ungherese, nel periodo che va dal 1922 al 1923 Arpad Weisz fu una presenza costante della nazionale magiara. Di lui, in quel biennio, si contano sei convocazioni con i magiari (secondo altre fonti le convocazioni furono sette).
Weisz era un’ala sinistra che formava una splendida coppia d’attacco con Ferenc Hirzer, un prolifico centravanti, quest’ultimo, che era anche suo compagno di club (prima nel Törekvés e poi nel Maccabi Brno). Un centravanti che, arrivato alla Juventus nel ’25 e restatoci fino al ’27, segnò 25 gol in una sola stagione. Di Hirzer è leggendaria una sua partita, con la Juventus, in cui realizzò cinque gol in sette minuti ai danni del Mantova.
Weisz, invece, era noto per la sua generosità in qualità di uomo assist. Una caratteristica, questa, che è registrata anche nel match genovese del ’23. A questo proposito, infatti, sul resoconto della partita nella Gazzetta dello Sport possiamo leggere: “E se è vero ancora che l’ala sinistra Weisz ha sciupato, forse per eccesso di disciplina, forse per alto rispetto nei confronti di Orth, un pallone da quattro metri dal goal, è altrettanto vero che Plattko è stato impegnato a fondo ripetutamente”.
In effetti, di questa partita, il tabellino registra diverse incursioni di Weisz e del suo compagno di attacco, Braun, che agiva sull’altro lato del campo. Infatti, nel già citato articolo della Gazzetta possiamo anche leggere che: “Le ali hanno condotto discese minacciose e l’intero quintetto d’attacco ha funzionato con eccellente armonia”.
Da notare anche che Weisz aveva una buona capacità di esecuzione dei corner: “Al 28. minuto, secondo calcio d’angolo contro l’Italia. Weisz lo provoca e tira. Il cross spiove al centro. Trivellini è un po’ scarso nella parata e solo un oculato intervento del “Figlio di Dio” riesce ad allontanare l’insidia”.
Insomma, si trattava di un giocatore completo: “Scocca il 35. minuto. Weisz, dalla sinistra, è riuscito a sfuggire alla sorveglianza di Barbieri e a trascinare a terra anche Calligaris. L’ungherese si sposta irresistibilmente verso il centro…”.
L’articolo, a firma di Emilio Colombo, si conclude poi sottolineando che “Severa, ammirata ed esperta l’amministrazione del Genoa che possiamo citare a onore dell’anziano e glorioso club, di Sanguineti, di Davidson e di Ghiorsi”
In serata, all’Hotel Isotta, ci fu anche un ricevimento con banchetto per le due squadre.
Per quanto riguarda Arpad Weisz, come è noto, era ebreo, subì le leggi razziali in Italia e si rifugiò in Olanda.
Nel 1942 fu arrestato dalla Gestapo e, con la sua famiglia, rinchiuso nel campo di smistamento di Westerbork. In seguito fu deportato ad Auschwitz, dove morì nel 1944. In quello stesso anno, con tutt’altro percorso di vita, a Westerbork sarebbe arrivata anche Anna Frank, finendo anche lei ad Auschwitz e facendo la stessa tragica fine di Arpad Weisz.
A volte, nella ricerca documentale, si può partire dalla foto sorridente di alcuni reporter sportivi, passare per il resoconto di uno storico match e finire tragicamente con il ricordo dell’Olocausto.
Genova, 4 marzo 1923. Stadio del Genoa a Marassi, in via del Piano. Un gruppo di reporter in tribuna stampa, dove il borsalino la fa da padrone. Renzo Bidone, giornalista e storico del Genoa è il primo in alto a sinistra. Fonte: Camillo Arcuri e Edilio Pesce. “Genoa and Genova. Una Squadra, una Città, Cento Anni Insieme”, Ggallery 1992.
Laureato alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Genova. Specializzazione in Scienze dell’Informazione e della Comunicazione Sociale e Interculturale. Studi Post-Laurea, nel 2004 e nel 2005, presso il Dipartimento di Linguistica dell’Università di Ginevra, nell’ambito del DEA (Diplôme d’Etudes Approfondies) e, nel 2017, al St Clare’s College di Oxford (Teacher of English Language and Literature).
Vive in Svizzera dal 2004, dove lavora per il Dipartimento dell’Istruzione Pubblica del Cantone di Ginevra.
Pubblicazioni: “Nella Tana del Nemico”, inserito nella raccolta dal titolo, “Sotto il Segno del Grifone”, Fratelli Frilli Editori, 2004. “I Racconti del Grifo. Quando Parlare del Genoa è come Parlare di Genova”, Nuova Editrice Genovese, 2017. “Gli Svizzeri Pionieri del Football Italiano”, Urbone Publishing, 2019. “Rivoluzione Inglese. Paradigma della Modernità”, Mimesis Edizioni, 2020. Seconda edizione de “I Racconti del Grifo. Quando Parlare del Genoa è come Parlare di Genova” Urbone Publishing, 2020. Coautore di “Imbarco Immediato. Didattica della Lingua Italiana”, Fanalex Publishing, Ginevra, 2021. “Dieci Racconti di una Lucertola del Porto di Genova”, Urbone Publishing, 2021. “Il Calcio Anni ’70. Primo Volume 1969-1974”, Urbone Publishing, 2022. «Les Suisses Pionniers du Football Italien», Mimésis Éditions France, 2022. Terza edizione de “I Racconti del Grifo. Quando Parlare del Genoa è come Parlare di Genova”, Urbone Publishing, 2022.
Ha scritto anche numerosi articoli, di carattere sportivo, storico o culturale, pubblicati su differenti blog, siti, riviste e giornali. Collabora con “Pianetagenoa1893.” e “GliEroidelCalcio”.
I suoi libri fanno parte delle collezioni della Biblioteca Nazionale di Francia a Parigi, della Biblioteca Nazionale Svizzera di Berna, dell’Università di Friburgo, della Società Dante Alighieri di Basilea, della Biblioteca dello Sport di Ginevra e della Civica Biblioteca Berio di Genova.
Prossima uscita editoriale: Massimo Prati, «Il Calcio Anni ‘70. Secondo volume, 1975-1977», Urbone Publishing.