Dopo otto anni di attesa, nel 1975 torna la Copa América e con sé porta quattro importanti novità. Per la prima volta partecipano tutte le dieci nazionali iscritte alla Conmebol; non è più prevista una nazione ospitante; si giocherà con cadenza quadriennale, come i Mondiali e le Olimpiadi; il nome del torneo diventa ufficialmente Copa América (ricordiamo che dal 1916 al 1967 veniva chiamato Campeonato Sudamericano de Football).
Il congresso tenutosi a Bogotà il 17 marzo del 1972 ha partorito anche una nuova formula: non più un girone unico all’italiana – nel quale la spunta chi conquista più punti – ma tre gironi da tre squadre, a giocarsi, in gare di andata e ritorno, un posto in semifinale, dove ad attendere c’è la squadra che ha vinto l’edizione precedente.
A ogni modo, si è deciso di mantenere una continuità con le passate edizioni, quindi quello del 1975 è considerato il trentesimo appuntamento del torneo.
Fuga per la vittoria
Il 31 luglio la prima partita. Caracas, Estadio Olímpico. Nel gruppo A, il Venezuela incontra prima il Brasile, poi l’Argentina. Sorteggio quantomeno sfortunato per la Vinotinto. L’esordio infatti è amaro: 4 a 0 per i brasiliani. Segna una doppietta Palhinha, che ancora oggi detiene il record di gol (13) in una singola edizione della Coppa Libertadores.
Tre giorni dopo, nel medesimo stadio, il Venezuela ospita l’Argentina, e stavolta subisce cinque gol (1-5). A guidare l’Albiceleste c’è il nuovo allenatore César Luis Menotti, detto «El Flaco», lo smilzo. Ha messo in campo una formazione eccellente, e sta già preparando i suoi giocatori in vista dei prossimi Mondiali casalinghi. In attacco schiera Mario Kempes e Leopoldo Luque; a loro sostegno c’è l’agile e brevilineo Osvaldo Ardiles. Sono loro tre a confezionare la vittoria: tripletta di Luque, zampata di Kempes e gran gol di Ardiles, che nel 1981 reciterà anche nel film Fuga per la vittoria di John Huston.
La partita più attesa è ovviamente Brasile-Argentina. L’andata si gioca a Belo Horizonte, stadio Mineirão. A firmare la doppietta che regola gli argentini (2-1) è il brasiliano Nelinho. Anche al ritorno, giocato a Rosario, la nazionale di Menotti si ferma davanti a quella verdeoro (0-1). Brasiliani, dunque, primi in classifica a punteggio pieno.
Il bambino d’oro
Nel girone B giocano Cile, Perù e Bolivia. Si segna poco. Peruviani e cileni si contendono il primato in classifica. La Roja perde la grande occasione di qualificarsi contro i boliviani (1-2), dunque non gli resta che l’ultima possibilità per sperare nelle semifinali: lo scontro diretto contro i peruviani.
Dopo il pari di andata (1-1), la partita più importante del girone si gioca a Lima. Ai peruviani bastano soltanto 45 minuti per disfarsi degli avversari: la partita finisce 3-1 e qualifica matematicamente la Blanquirroja. Erano vent’anni che il Perù stava aspettando un risultato del genere.
La chanche di sperare in qualcosa di più grande è merito anche del nuovo allenatore Marcos Calderón, che è stato in grado di dare alla squadra una buona struttura e un’organizzazione di gioco. Rispetto ai suoi predecessori ha però avuto la possibilità di poter pescare in un bacino di calciatori ben più grande. Dal 1966 è infatti nato il Torneo Descentralizado, un campionato peruviano aperto a tutte le squadre del Paese. Prima giocavano solo le numerose squadre di Lima e Callao. Per questo motivo, molti campioni avevano lasciato il Paese per andare a cercare fortuna sportiva all’estero. Con questo nuovo sistema, invece, il richiamo a giocare in patria diventa forte per chiunque.
È infatti appena tornato da un’esperienza negativa in Portogallo Teófilo Cubillas. In Nazionale ha già incantato ai Mondiali del 1970, durante i quali ha segnato cinque gol, tra cui uno al Brasile campione del mondo. Dopo quella partita, Pelé in persona ha detto di lui: «Non preoccupatevi per il mio ritiro. Ho già un successore: Teófilo Cubillas».
«El Nene», il bambino, come hanno iniziato a chiamarlo nelle giovanili dell’Alianza Lima, è un giocatore dotato di una tecnica sopraffina, uno di quei campioni che sembra riuscire a comandare il pallone con il pensiero. In più, segna gol a raffica. Per questi motivi è ancora oggi considerato il più grande attaccante peruviano di tutti i tempi.
Giunto in semifinale, il Perù si ritrova davanti il Brasile. L’andata si gioca a Belo Horizonte. Dopo venti minuti, il micidiale contropiede peruviano sorprende la disattenta difesa brasiliana e permette a Enrique Casaretto di segnare il gol del temporaneo 1-0. Nella ripresa arriva il pareggio dei padroni di casa, ma poi si scatena Cubillas, che nel giro di sette minuti (quelli finali), segna prima con una splendida punizione sotto l’incrocio dei pali e poi con un gran destro.
Nel ritorno di Lima i brasiliani ribaltano il risultato e vincono 2-0. Si procede quindi a un sorteggio che premia i più deboli. Sarà dunque il Perù la squadra che va a giocarsi la prima finale della nuova edizione.
Perù di Teófilo Cubillas: Dolor y gloria
La finale vede di fronte Colombia e Perù. L’andata di Bogotà se l’aggiudica la Colombia (1-0), mentre nel ritorno di Lima vince il Perù (2-0). Ma non potendo decidere una finale con un sorteggio, si procede con la terza partita.
Lo spareggio si gioca sul campo neutro di Caracas. A segnare il gol della vittoria peruviana (1-0) è Hugo Sotil, l’altro grande talento della Nazionale blanquirroja, che quell’anno gioca nel Barcellona di Johan Cruijff. Il suo gol è importante anche perché Sotil non doveva essere presente al torneo. I blaugrana non gli avevano concesso il nulla osta per lasciare il Paese, ma lui si era intestardito a tal punto che ha deciso di pagarsi da solo aereo e taxi per raggiungere lo stadio venezuelano.
La vittoria inaspettata del Perù regala ai peruviani un moto d’orgoglio patriottico dopo aver vissuto una serie di crisi politiche ed economiche che ne hanno limitato la crescita. Il colpo di Stato del 1968, ad opera del generale Juan Velasco Alvarado, detto «El Chino», è ancora nella memoria di tutti. Il militare con simpatie di sinistra, pur essendosi dichiarato “non allineato”, è riuscito a imporre una necessaria riforma agraria. Poi ha nazionalizzato petrolio e settore ittico. In seguito a questi successi socioeconomici, si è autonominato «Presidente del governo rivoluzionario delle Forze armate del Perù». Antiamericanista convinto, per un po’ di mesi cavalcherà l’onda della vittoria facendosi fotografare con i calciatori della Nazionale, e pronuncerà i suoi ultimi discorsi pubblici allo stadio di Lima. Sarà poi deposto a sua volta da Francisco Morales Bermúdez, con un altro golpe nella città di Tacna che passerà alla storia come «El Tacnazo».