Il saluto al Cavaliere: ci ha lasciato Silvio Berlusconi
Raccontare cosa è stato Silvio Berlusconi nelle ore in cui conclude la sua parabola terrena è operazione abbastanza complessa, poiché egli è stato protagonista in tutti gli ambiti cui si è interessato e, come un gioco di matrioske, ognuno di questi finiva per incastrarsi nell’altro. Cosa sarebbe stato Berlusconi senza le televisioni? E senza il calcio sarebbe diventato protagonista della nostra politica, di tutta la nostra vita sociale dell’ultimo quarantennio? Sono piani e mondi inscindibili rapportati al personaggio.
Nato in una famiglia borghese, visse l’infanzia e la gioventù dell’immediato dopoguerra, impegnandosi in varie attività prima di arrivare a quella edilizia, su cui iniziò a fondare il suo impero con la sua prima holding, la Edilnord. Prima aveva fatto anche l’intrattenitore e chansonnier sulle navi da crociera, e quel senso dello spettacolo gli sarebbe rimasto dentro indelebilmente per tutta la vita, spingendolo, anzi, a lanciarsi nel mondo della comunicazione e informazione, in un periodo in cui esisteva solo il monopolio della Rai.Fininvest fu il suo marchio di fabbrica, nel 1980 la svolta acquistando i diritti televisivi per il Mundialito, trasmesso in diretta in Lombardia e in differita nel resto d’Italia.
Una svolta epocale, il primo passo verso un nuovo mondo che avrebbe conquistato mettendosi in piena concorrenza con la televisione di Stato, e fatto attraverso il calcio, altra sua grande passione. Nel 1986 divenne presidente del Milan, rilevandolo da Rosario Lo Verde, ma in realtà reduce dal disastroso quadriennio di Giussy Farina. Una società che stava lentamente scivolando verso l’anonimato, ma che Berlusconi rianimò subito capendo prima degli altri quella che sarebbe stato lo sviluppo futuro del calcio, quello dello spettacolo e non solo più dello sport, cambiamento radicale che ha il suo punto d’inizio a partire dai Mondiali di Italia ’90, ma di cui lui aveva anticipato i tempi con il suo Milan.
Altra sua grande intuizione fu quella di ingaggiare Arrigo Sacchi, sconosciuto allenatore di provincia che però faceva giocare un calcio che rispondeva proprio ai canoni berlusconiani e che lo stesso Presidente non esitò a difendere a spada tratta quando ci fu una iniziale crisi di rigetto. Fu una squadra rossonera che iniziò a primeggiare in Italia, ma era all’Europa e al Mondo che il Presidente ambiva e, grazie anche all’aiuto dell’indispensabile Adriano Galliani, costruì un organico fondato su un gruppo di assi olandesi (Ruud Gullit, Frank Rijkaard, Marco Van Basten) ben amalgamati con tanti del vivaio rossonero, tra gli altri Franco Baresi e Alessandro Billy Costacurta.
E iniziarono a fioccare le vittorie, sempre nel nome del calcio spettacolo: alla fine il palmares dell’era berlusconiana in rossonero conterà otto titoli italiani, una Coppa Italia, due intercontinentali, un titolo mondiale per club ma soprattutto cinque Champions League, portando il club milanese a essere secondo solo all’inarrivabile Real Madrid come numero di trofei continentali conquistati. Questo calcio vincente e spettacolare, unitamente alle televisioni i cui programmi seguirono la stessa linea di spettacolarizzazione, a scapito, per la verità, della cultura, fece ottenere una grande visibilità a Berlusconi, che decise di scendere nell’agone politico, fondando un suo partito, “Forza Italia”, diventando tre volte Presidente del Consiglio dei Ministri.
Una vita sempre in discussione, spesso in polemica ma nutrendosi soprattutto di questa, amato e odiato come tanti grandi personaggi della Storia, ci resta quel quesito iniziale, se lo sport sia stato solo un mezzo per raggiungere il consenso politico, come altri hanno tentato in passato, ma che lui è riuscito a portare ai messimi livelli, certi, però, che della Storia è stato un protagonista per quasi mezzo secolo.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)