La squadra simbolo di questo periodo è una squadra della campagna piemontese, la Pro Vercelli, che nel 1908 aveva vinto il primo dei suoi sette titoli nazionali (il primo, appunto, nel 1908 e l’ultimo nel 1922). Si trattava di una squadra formata esclusivamente da giocatori italiani che, tra l’altro, rappresentavano in buona parte anche l’ossatura della nazionale nei suoi primi anni di vita. In effetti, numerosi giocatori di quel club piemontese furono titolari della squadra azzurra: Innocenti, Binaschi, Valle, Leone, Milano, Rampini. Alla fine della stagione 1910-1911 la Pro Vercelli avrebbe vinto il suo terzo titolo nazionale.
Ma, per venire alla giornata, del 12 marzo 1911, la vittoria dei rossoblù a Torino fu a suo modo inaspettata perché il Genoa mancava di quattro titolari. Tra i migliori rossoblù si segnalano Ferraris e Murphy. Quest’ultimo apre le marcature dopo soli cinque minuti di gioco. Poi, il Torino pareggia su rigore. Ma, a partire da quel momento, il dominio del Genoa è assoluto e Murphy riporta in vantaggio il Genoa al 20′. Il primo tempo si chiude dunque sul due a uno per i rossoblù. Nella ripresa Murphy segna ancora due gol. Poi Crocco I realizza il quinto.
Le formazioni.
Genoa Cricket: Brunoldi, Sassoni, Storace, Herzog, Ferraris, Bauer, Sanguineti, Hurny, Murphy, Crocco I, Crocco II.
Torino. Arbenz, Morelli, Capra, Bachmann I, De Marchi, Capello, Rodgers, Caldelli, Bollinger, Bachmann II, Zobrist.
La foto. L’articolo uscito all’indomani dell’incontro sulla Gazzetta dello Sport
Genova, 11 dicembre 1932. Genoa-Torino 2 a 0
Stadio di via del Piano a Marassi. Il Genoa in maglia bianca, per dovere di ospitalità, ospita il Toro. La foto immortala un’azione offensiva granata e, a parte un torinista in basso a destra, si vedono i giocatori genoani raccolti in area intorno al proprio portiere: un Giovanni De Prà ormai quasi a fine carriera, ma ancora scattante e reattivo. Alla fine comunque la vittoria andrà al Grifo: Genoa-Torino 2 a 0. L’immagine, tratta da “Genoa and Genova” di Arcuri e Pesce, è stata rielaborata da un amico su Facebook: Emiliano Carozzino.
1948, 26 dicembre 1948. Genoa-Torino 3-0
Genova. Stadio Luigi Ferraris, 26 dicembre 1948: il Genoa vince tre a zero contro il “Grande Torino”. Di quell’incontro c’è una foto che immortala il momento in cui Amedeo Cattani e Valentino Mazzola si giocano la scelta del campo al cospetto dell’arbitro, Luigi Gemini di Roma. Ma, oltre alla documentazione fotografica, esiste anche un filmato che, tra l’altro, mostra un ambiente affollato all’inverosimile con tifosi anche sopra i muri di separazione e nei palazzi adiacenti allo stadio. Del resto, in quella fase del campionato, il match era quello che si definisce un incontro di cartello: il Genoa era secondo e con quella vittoria si portò ad un solo punto dal Torino capolista.
Dal commento alle immagini, dell’Istituto Luce, scopriamo che il primo tempo era finito zero a zero, con il Torino “a favore di vento”. Ma, per usare le testuali parole del commentatore, dopo l’intervallo “il Genoa inizia uno dei suoi portentosi secondi tempi. Mazza, da solo, getta scompiglio nella difesa torinese e persino Valentino Mazzola non ci si raccapezza più”.
E quel portentoso secondo tempo produce una prima rete dello stesso Mazza, poi un autorete del torinese Operto e, infine, la terza rete su rigore di Pellicari che, inizialmente, si fa respingere il tiro da Valerio Bacigalupo, ma poi trasforma sulla ribattuta… ….“E bravo o Zena”, per usare nuovamente le testuali parole del commentatore.
Quella fu la stagione della tragedia di Superga e del sesto scudetto granata assegnato dalla Federazione con quattro giornate d’anticipo e quella fu anche la stagione della Lucchese, squadra rivelazione che, addirittura, alla quarta di campionato si era posizionata sola al comando a punteggio pieno e che tornò nuovamente in vetta tra la nona e la dodicesima giornata (da lì in poi il suo rendimento iniziò a calare).
Il Genoa, aveva iniziato il campionato con una clamorosa vittoria casalinga, contro il Padova, per sette a uno e, alla fine del girone d’andata, dopo avere battuto in casa Milan, Inter, Juventus, Fiorentina e lo stesso Torino (ma con il neo di una grave sconfitta nel derby), come dicevo, si era trovato secondo proprio dietro i granata, squadra “campione d’inverno”. Ma, a campionato concluso, il Grifone finirà solo in settima posizione. Difficile non associare il calo nella seconda fase del campionato all’infortunio di Verdeal: 26 punti all’andata e solo 14 al ritorno. Nel ritorno, ad una dozzina di giorni di distanza dal tragico incidente aereo di Superga, fu ancora il Genoa ad incontrare il Torino e i rossoblù, in segno di partecipazione al lutto della squadra granata, invece di schierare la prima squadra scesero in campo con la selezione giovanile (fu un’iniziativa condivisa e messa in atto anche dalle altre squadre).
Si gioca Genoa-Torino e il Grifo, dopo essere passato in svantaggio vince tre a uno. Sulla panchina granata siede Annibale Frossi, in quella rossoblù Renzo Magli. Il Genoa era partito subito bene: azione personale di Attilio Frizzi che verticalizza per Antonio Corso con quest’ultimo che supera il portiere granata Rigamonti ma la palla finisce sul palo. Poi è il Torino ad andare in vantaggio in uno dei rari contropiede granata con Piero Cazzaniga che supera Gandolfi. Pareggio rossoblù con bel gol di testa di Carapellese. Poi Frizzi irresistibile in area avversaria: scarta tre torinesi sotto la Nord, viene atterrato ed è lui stesso a trasformare il rigore: è il gol del due a uno. Pestrin sfiora il tre a uno ma il suo tiro finisce di poco a lato. Però è solo questione di tempo perché Pestrin segna poco dopo con un forte tiro che si insacca sotto la traversa, a termine di un’azione che ha visto coinvolto tutto l’attacco del Genoa: Gren, Corso e Carapellese.
Panchine Torino e Genoa 1955
21 aprile 1974. Genoa-Torino 0-2
In questa mia ricostruzione, fino a qui, mi sono basato sui racconti di mio nonno, di mio zio o di mio padre e sulle pagine dei libri del Genoa che ho letto. Io, ho iniziato ad andare a vedere le partite del Grifo nella seconda metà degli anni Sessanta. Ma ero bambino e ne ho vaghi ricordi. I primi momenti del Genoa che sono invece impressi nella memoria sono quelli dei primi anni Settanta. Perciò, da qui in poi, le pagine della storia del Genoa sono anche le pagine della mia vita.
Con papà, si andava allo stadio sempre con largo anticipo, per prendere posto in Gradinata Nord. In occasione di quel Genoa-Torino, facemmo tutto come al solito. Arrivammo allo stadio un’ora prima e ci avviammo verso la gradinata. Ma il Genoa quell’anno stava andando davvero male ed i tifosi avevano organizzato dei picchetti e delle contestazioni: in segno di protesta, bisognava “disertare” la Nord. Così ci convinsero ad andare in Sud. Entrammo nello stadio di Marassi e lo spettacolo fu impressionante.
Il Genoa giocava in casa e, pur non essendo un match di cartello, ad un’ora dal fischio d’inizio nello stadio c’era già un sacco di gente; sebbene solo la gradinata sud fosse veramente affollata, mentre nelle tribune e nei distinti si potevano notare alcuni spazi vuoti. Ma ciò che impressionava era invece la Nord, dove non si vedeva un’anima viva. Qualsiasi tifoso italiano comprenderà facilmente la stranezza di quella situazione: la tua squadra gioca in casa ed il luogo che rappresenta il cuore del tifo più caldo è un posto completamente deserto.
Ma, ad un certo punto, la situazione cambiò. Il problema era che i genoani continuavano a venire allo stadio e, non essendoci più posti disponibili in Sud, la gente si dirigeva verso la Nord, che lentamente stava cominciando a riempirsi. E al momento del calcio di inizio, tutto era tornato alla normalità: quando la squadra entrò in campo, la Gradinata Nord era stracolma come suo solito.
Per la cronaca: al Genoa furono fischiati due rigori contro, di cui –mi sembra di ricordare– uno molto contestato e perse due a zero. L’arbitraggio di Casarin ovviamente non fu molto apprezzato dal pubblico rossoblù. Infatti l’arbitro restò sotto assedio negli spogliatoi per molto tempo. Si narra che riuscì a lasciare lo stadio, in taxi, solo molte ore dopo la fine della partita, grazie al fatto di avere camuffato le proprie sembianze con un travestimento. Un po’ di tempo fa, mi è capitato di sentire in TV Casarin rievocare quegli avvenimenti. Evidentemente, a più di quarant’anni di distanza, se ne ricordava ancora molto bene.
10 gennaio 2009. Genoa-Torino 3-0
Dai Racconti del Grifo: “Poi, qualche tempo dopo, può anche succedere di mettere un annuncio su un sito genoano per rendere noto l’appuntamento del nostro Genoa Club, nell’ormai famosa pizzeria di Ginevra, in occasione di un Genoa-Torino. E allora, a pochi minuti dal fischio di inizio, ecco che si presenta bardata di rossoblù una coppia di ponentini (di Pegli e di Voltri). Ma non ci sono problemi: facciamo aggiungere un tavolo, ordiniamo le pizze e ci impossessiamo del telecomando, perché ormai siamo clienti abituali ed è un po’ come se fossimo a casa nostra.
Non ricordo i nomi dei difensori del Toro, ma il gioco aereo quel giorno non fu il piatto forte della difesa granata. E alla fine, il bilancio della serata sarà positivo: vinciamo tre a zero (con tre gol di testa di Biava, Jankovic e Motta), ci sono due nuovi amici nel nostro gruppo, ed il nostro amico, cameriere torinista, mastica amaro”.
11 maggio 2015. Genoa-Torino 5-1
Dai Racconti del Grifo: “Nel mio appartamento di Ginevra stavo seguendo la partita su internet. Il Genoa a tre minuti dalla fine stava vincendo con un solo gol di scarto: situazione ancora incerta e quindi piuttosto tesa.
I tifosi in genere sono tutti un po’ cabalisti. Noi genoani ancora di più. Una volta un genoano ha raccontato che mentre ascoltava a casa la radiocronaca di una partita del Grifo in trasferta, al secondo minuto della ripresa andò in bagno, abbassò la cerniera ed iniziò ad orinare. In quel momento dalla radio giunse la notizia del gol: Genoa in vantaggio. Così, per non alterare l’armonia cosmica dell’intero creato, nei successivi 45 minuti (comprensivi del recupero) il nostro non si mosse di un solo centimetro: restò in piedi nel bagno con le mutande abbassate. Alla fine vincemmo, e anche se le cronache non lo narrano, quel tifoso dovrebbe essere stato considerato il migliore in campo.
E in qualche modo anche per me, in occasione di quel Genoa Torino, la cabala ad un certo punto entrò in gioco, Quella sera, a casa mia, era ospite un’amica straniera che, poco interessata all’italico calcio, decise di mettere un cd, quando al Ferraris mancavano tre minuti alla fine del tempo regolamentare.
La scelta per me fu ottima ‘Earth Crisis’, degli Steel Pulse. Considerando che ‘Uprising’ di Bob Marley è fuori concorso, per manifesta ed evidente superiorità tecnica, nella mia personalissima scala di valori lo ritenevo uno dei migliori album reggae degli anni Ottanta, insieme a ‘Labour of Love’ degli UB40 e ‘To the Top’ degli Aswad. Tutti album, tra l’altro, che ho avuto il piacere di sentire dal vivo.
E così, mentre in campo, a Genova, stavano per consumarsi gli ultimi scampoli della partita, il mio appartamento, a Ginevra, inizia ad essere inondato dalle note e dalle parole di ‘Steppin’ out’. Un’atmosfera di magia comincia ad aleggiare e ad espandersi dentro la casa ed inizia ad interagire, attraverso lo schermo, con i giocatori sul terreno di gioco, anche, e soprattutto, in ragione del testo: ‘I am the genie of the lamp, abracadabra’, (sono il genio della lampada, abracadabra), e infatti all’ottantasettesimo Bertolacci, da vero mago, tira fuori dal cilindro un tiro dal limite ed insacca il pallone nella porta della squadra avversaria; ‘Catch me if you can’, (prendimi se ne sei capace), ed al novantaduesimo Pavoletti s’invola verso la porta dei nostri rivali senza che nessun torinista sia in grado di prenderlo; ‘I’m commanding you to dance’, (ti ordino di ballare): ed i torinisti ballano ancora un po’, fino a quando al novantacinquesimo Tino Costa mette fine alle danze con un altro gol che porta appunto al risultato finale di 5 a 1.
E, anche in questo caso, sebbene le cronache non lo riportino, tra i migliori in campo di quel giorno andrebbero annoverati gli Steel Pulse”
21 maggio 2017. Torino-Genoa 2-1
Dai Racconti del Grifo: NOI SIAMO IL GENOA. “Ho voluto iniziare queste mie ultime righe citando questa vecchia frase di Franco Scoglio, trascritta nello striscione che la Nord ha esposto in occasione di Genoa Torino, nella penultima partita della stagione 2016-2017.
E quel Genoa Torino è l’unico ricordo toccante che mi resterà di quel campionato. Certo, ci sono state vittorie casalinghe importanti, al limite anche entusiasmanti. Genoa-Milan 3 a 0, con gol di Ninkovic e Pavoletti ed autorete di Kucka. E, ancora, Genoa-Fiorentina, vinta grazie ad un gol di Lazovic. Per non parlare della batosta inflitta alla Juve: un secco tre a uno, con doppietta del Cholito.
Non è il caso di andare a scartabellare statistiche e tabellini ma credo che, in quella stagione, per trovare una sconfitta dei bianconeri più netta di quella che ha inflitto loro il Genoa, si sia dovuto aspettare la finale di Champions, tra Juventus e Real, finita 4 a 1 in favore delle Merengues. Ma, purtroppo, quelle appena citate, sono state tutte vittorie che non ho potuto vedere.
Per contro, non mi sono fatto mancare le due sconfitte nei derby. Perdere un derby ti fa salire la carogna, perderne due ancora di più. Se poi devi farti anche 400 km per rientrare a casa, puoi essere certo che non sbollisci la rabbia tanto rapidamente.
Ad inizio campionato mi ero fatto prendere dall’ottimismo e ricordo ancora che alla fine di Genoa Cagliari, vista al Ferraris con Mauro – amico rossoblù conosciuto a Ginevra – avevo incominciato a sperare in piazzamenti importanti, diciamo perlomeno da parte sinistra della classifica. Invece nel prosieguo del campionato, soprattutto a partire dalla fine del girone d’andata, siamo andati di male in peggio, facendoci risucchiare nel vortice della lotta per la salvezza, e passando per situazioni imbarazzanti, come la sconfitta contro il Pescara di Zeman, per cinque a zero.
Per questo, tutto considerato, del 2016-2017 conserverò solo il ricordo di Genoa Torino. E devo dire che se ad agosto, dopo la vittoria per 3 a 1 col Cagliari, vedevo un futuro roseo davanti a noi, al momento di partire da Ginevra, una decina di mesi dopo, per l’ultima partita di campionato al Ferraris, lo stato d’animo era tutt’altro. E infatti mi ero già preparato al peggio, pensando già alla possibilità della retrocessione e di un mio triste rientro in macchina nella patria di Guglielmo Tell.
Invece l’incontro con i granata del 21 maggio, finito due a uno a favore del Grifo, si è rivelato essere una giornata da ricordare. Una di quelle giornate in cui i genoani danno il meglio di sé. In quelle circostanze giornalisti e telecronisti solitamente parlano di ‘bella cornice di pubblico’. Ma, a parer mio, in quei casi, bisognerebbe dire che la cornice è il campo ed il vero spettacolo sugli spalti.
Quasi trentamila Grifoni che hanno sostenuto incessantemente la squadra con coreografie, canti e cori, a volte lunghi, festosi ed elaborati; altre volte semplici ed ancestrali, come quell’urlo di battaglia che è ‘Genoa, Genoa’. Ancestrale nel senso profondo del termine, e nella sua definizione testuale, come da vocabolario: “trasmesso, ereditato dagli antenati o riferibile ad essi, anche in senso fortemente istintivo’. E forse, proprio per questo, urlo capace di far tremare il Ferraris. Durante quel Genoa-Toro, sentire più volte lo stadio ruggire ancora e lanciare quel ‘Genoa, Genoa’ è stato davvero emozionante. Chi è stato presente a quella partita, un giorno sarà contento di poter dire a figli e nipotini: ‘io c’ero’ e chi non c’era ha sempre torto (come dice, Marco, un mio fratello di gradinata, quando parla dei genoani assenti negli incontri cruciali del Grifo)”.