Franco Selvaggi è un ragazzo del ’53 cresciuto nel caldo sud della Basilicata. Lo incontro in Lucania, nella sua terra, grazie a Roberto Vaira, il grande collezionista e ideatore del Museo del Bari.
Lo scenario è un campo di calcetto all’interno del Metapontum Village di Metaponto. Ho appena intervistato un altro campione, Igor Protti, e l’emozione di trovarmi di fronte uno dei ragazzi che vinse il Mondiale del 1982 è molto particolare.
L’intervista è veloce, rapida, con una persona schietta e simpatica.
Ci accomodiamo e parto subito dall’inizio di una carriera ricca di soddisfazioni … “Il mio esordio in Serie A non lo scorderò mai. Dicembre 1972. Giocammo a Firenze contro la Fiorentina che era una grande squadra. Io ero un pò emozionato ma feci una buona gara, tant’è che poi diventai titolare. Per quanto riguarda il primo gol fu particolare perché lo feci alla Juventus di Zoff, Capello, Bettega. Quel gol, segnato a 19 anni, fu un’estasi”.
Passo quindi alla Roma, dove l’annata non fu delle migliori. Mi faccio quindi spiegare il motivo di una stagione quasi da dimenticare … “Ebbi un grave infortunio. Mi prese Scopigno, che venne a vedermi l’anno prima. Il primo acquisto fui io insieme a Pierino Prati, un grande calciatore. Stetti fermo troppo tempo, 4-5 mesi, e poi dovetti cominciare nuovamente la mia carriera. Io credo che alla fine se uno ha del talento e ci crede non è mai troppo tardi”.
Il tempo stringe e la curiosità sulle stagioni al Taranto è troppo forte. Parto con una domanda secca e cerco di farmi raccontare tutti gli aneddoti di quella mitica squadra che sfiorò la Serie A nel 1978 … “E’ stata una esperienza bellissima. Ero il beniamino del pubblico, poi quando venne Iacovone sfiorammo la Serie A: se non moriva lui, secondo me, ci saremmo andati in carrozza. Sono orgoglioso di aver fatto quegli anni a Taranto perché l’affetto e la stima della gente, ancora oggi, è forte. Siamo tutti un pò vanitosi: essere uno dei giocatori più rappresentativi della storia del Taranto, insieme a Iacovone, mi fa un enorme piacere. Quei colori li ho sentiti miei. Avevamo la possibilità di andare in massima serie anche dopo la morte di Erasmo, però con lui ci saremmo andati sicuramente. Perdemmo una paio di partite incredibili. Insieme, io ed Erasmo, formavamo una coppia eccellente. Avevamo un’intesa perfetta”.
Entro allora nello specifico e faccio qualche domanda su chi era Iacovone e su cosa avrebbe potuto fare. D’altronde, la figura dell’attaccante molisano ha catturato anche l’attenzione di una puntata del nostro podcast “La voce della Storia” … “Era un bomber incredibile. Di testa era un fenomeno. In Serie A avrebbe fatto sfaceli. In area di rigore ne ho visti pochi così. Era ai livelli di Pruzzo”.
Passò così al capitolo Cagliari, importantissimo per la crescita di Selvaggi: tre anni fondamentali che culmineranno con la convocazione per il Mondiale vittorioso del 1982 … “Gigi Riva per me è stata una salvezza. Ogni anno cercava di prendermi. Una volta mi raccontò che minacciò di dimettersi se la società non mi avesse preso. Devo molto a lui: un grande, sia come uomo che come calciatore. Nel Cagliari feci tre anni molto belli. Arrivai primo nella classifica dei Top 11 e feci anche l’esordio nell’Under 21 dove misi a segno 2 gol. Li mi vide Bearzot”.
Adesso è il momento dei campioni con i quali Selvaggi ha giocato, partendo dal mitico Zico … “Zico era un extraterrestre. Secondo me uno dei più grandi della storia. Lui era il calcio. Il calcio che si fa arte. Rumenigge invece era un giocatore potente, un grande attaccante. Stiamo parlando dell’eccellenza di questo sport. Zico però è stato il più forte con il quale ho giocato”.
Finalemente il capitolo Mundial. Noto una certa propensione del campione lucano nel parlare di quel mese rimasto unico e così mi faccio raccontare quel torneo e quella squadra senza eguali … “Il Mondiale è una competizione particolare. C’era già una certa critica che aleggiava. Poi passammo il turno e Bearzot ci riunì dicendoci di giocarcela a viso aperto contro Brasile e Argentina. La cosa simpatica è che le nostre mogli fecero il biglietto sia d’andata che di ritorno: non ci credevano manco loro. Però noi ci credevamo. Il Brasile era fortissimo ma la nostra coesione era ancora più forte. Pensavamo di battere chiunque. Poi comunque l’Italia era una grande squadra, fatta di calciatori con esperienza e con molte vittorie alle spalle. Era una naturale conseguenza del ’78. Bearzot mi disse che io ero l’alternativa a Rossi ed Altobelli a Graziani. Paolo, per fortuna nostra, segnò tantissimi gol. Paolo era un grandissimo giocatore”.
Selvaggi ha la schiettezza del giocatore d’altri tempi e la gioia negli occhi di chi ha raggiunto il sogno di vincere un campionato del mondo. C’è però un rammarico grande, nella carriera di questo fantasista, ed è legato alla squadra della città dei due mari … “Portare il Taranto in Serie A è stato un sogno svanito e questo mi rammarica molto. E’ una cosa che non ho mai accettato. Sarebbe stata l’apoteosi. I tifosi del Taranto se lo meritano perché conosco la loro grande passione. Mi auguro che qualcuno possa riuscire in quello che è sfuggito a noi nel ’78. Il Taranto e Tanto meritano la massima serie”.
Chiudo la chiacchierata con una chicca degli anni ’80. Correva l’anno 1985 e l’Udinese di Zico e Selvaggi giocò una partita di campionato contro il Milan di Liedholm. In quell’incontro, lo scattante attaccante lucano mise a segno un gol di rara bellezza e tecnica, mettendo a sedere mezza difesa. Una partita come tante, se non fosse che quella fu la gara dell’esordio di un certo Paolo Maldini… “Io giocavo a destra, in coppia con Carnevale. Decisi di giocare dalla parte del ragazzino (parafrasando la giovane età di Paolo). Dopo 7 minuti dissi a Carnevale di cambiare. Era un fenomeno. Lui e Cabrini sono stati i più grandi terzini della storia del calcio mondiale. Io feci un gran gol, ma se fossi rimasto dal lato suo quel gol non l’avrei fatto. Un titano, un superman”.