Lido Vieri, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, ha raccontato alcuni aneddoti legati alla sua carriera. Questi alcuni estratti
Gli estratti dell’intervista a Lido Vieri
Se guarda indietro cosa vede?
“Torino, Milano, Pistoia, viaggi e passaggi, un po’ di Nazionale, ancora Torino e altri viaggi. Una vita fra i pali, si dice così? E pensare che sono diventato portiere per caso. Giocavo nella Venturina, a dieci chilometri da casa mia, andavo agli allenamenti a piedi. Poi il dottor Biagi, il farmacista del paese che era il presidente della società, mi segnalò al Torino. Incontrò in una trattoria un dirigente, feci un provino. A 14 anni ero nelle giovanili, a 19, nel 1958, esordisco in A”.
Cosa ricorda?
“Un derby, piemontese, con l’Alessandria. Sei a uno!Il nostro allenatore era Federico Allasio, il
papà della bellissima attrice Marisa. In mediana c’era Enzo Bearzot. Il loro centravanti era Benito Lorenzi, Veleno”.
Undici campionati nel Toro. Lei ha sempre detto: la squadra della mia vita. Cosa le resta?
“Tanto, tanto. Bellissimi compagni di viaggio: Gigi Simoni, anche lui del 1939, il povero Meroni. Moschino, Fossati, Puja, Rosato, Mondonico. Un anno è venuto anche Cesare Maldini. Tanta bella gente. Sono un vecchio cuore granata, come Aldo Agroppi, come il mio caro amico Giorgio Ferrini. Con Giorgio dividevo la camera, sarei rimasto per sempre al Toro, ma il presidente mi ha ceduto all’Inter. Io non volevo, mi misi a piangere. Avevo ormai trent’anni, ero arrivato ragazzino, ero diventato un uomo. Pianelli disse che aveva bisogno di soldi e che dovevo andare”.
All’Inter ha vinto lo scudetto. Non male, no?
“Sì, ma avevo vinto anche con il Toro, una Coppa Italia,proprio a San Siro contro l’Inter. A Milano, ad Appiano, sono stato bene, sette stagioni, ambiente simpatico. Il primo anno siamo arrivati secondi, dopo il Cagliari di Gigi Riva. La stagione successiva il titolo con Invernizzi, che aveva sostituito Heriberto Herrera. Una gran bella squadra: Burgnich, Facchetti, Boninsegna, Mazzola, Corso”.
Il suo secondo era Ivano Bordon, che dice sempre: Lido, il mio grande maestro…
“Un ragazzo squisito, Ivano. Mi imitava, mi seguiva, partecipava. È diventato un grande e mi ha sostituito. Eravamo uguali in porta e anche bellini”.
Negli anni Settanta c’erano buoni portieri: Albertosi, Zoff, Lido Vieri. Siete andati in Messico per la “partita del secolo”, il 4-3.
“Io in Messico non ci volevo andare. Lo dissi a Valcareggi, a zio Uccio, che conoscevo dai tempi di Piombino: “Che ci vengo a fare?Avete già Albertosi e Zoff. Prendi un giovane,o Pizzaballa del Verona.È del ’39 e ci verrebbe volentieri”. Ma lui niente: mi ha rovinato le vacanze, mi ha tolto il mare, avevo già la barca pronta per andare a pescare a Montecristo o a Pianosa”.
Hanno scritto che una volta “gli estremi difensori” si dividevano in due categorie: freddi e caldi. Vero?
“Certo. Freddi erano Jascin, Giuliano Sarti,Cudicini, Zoff. Caldi Bepi Moro, Ghezzi e Albertosi”.
Che portiere è stato Vieri, caldissimo?
“Non dico rovente, ma molto caldo sì. Avevo carattere, il giusto temperamento. Un po’ focoso, fumantino. Oggi con i cartellini rossi non dico che farei collezione, ma non passerei inosservato. A me piaceva uscire di pugno o arpionare la palla con la mano. Mi garbava molto Giorgio Ghezzi, lo chiamavano il kamikaze, aveva giocato nell’Inter e nel Milan. Usciva spesso dai pali, faceva rumore”.
Fonte: La Gazzetta dello Sport